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La Vita di San Giuseppe della Serva di Dio Cecilia Baij O.S.B. (versione audio e testo) - audiolibro mp3 online

Libro IV – (10) Capitolo X – Felicissimo transito di san Giuseppe assistito da Gesù, da Maria e dagli angeli santi; e ciò che praticò prima di morire

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Libro IV – (10) Capitolo X – Felicissimo transito di san Giuseppe assistito da Gesù, da Maria e dagli angeli santi; e ciò che praticò prima di morire

Essendo il nostro Giuseppe già arrivato al colmo di quella santità a
cui Dio lo aveva destinato, ed arricchito di meriti, Dio volle sciogliere
quell’anima santissima dai legami del corpo per mandarla al Limbo dai Santi
Padri: così avrebbe dato a quelli la fausta notizia della vicina liberazione,
perché in breve si sarebbe compiuta l’opera dell’umana Redenzione.
Si sentiva già il fortunato Giuseppe arrivato alla fine della sua vita e
udiva le angeliche armonie che dolcemente lo invitavano e avrebbero condotto
la sua anima benedetta a riposarsi nel seno di Abramo. Si sentiva il
Santo più che mai acceso d’amore verso il suo Dio, il quale lo andava consumando.
Ebbe una sublimissima estasi, stando per più ore godendo le delizie
del Paradiso in dolci colloqui col suo Dio. Tornato dall’estasi, meglio che
potè parlò con il suo Redentore e con la divina Madre ivi assistenti.
Domandò loro perdono di tutto quello in cui egli aveva mancato, in
tutto il tempo che aveva avuto la sorte di stare con loro, e ciò fece con grande
dolore e copia di lacrime. Li ringraziò di tutta la carità che verso di lui
avevano usato, di tanta pazienza nel sopportare le sue mancanze, di tanti benefici
che gli avevano fatto e di tante grazie che gli avevano impetrato dal
divin Padre. Li ringraziò della cura ed assistenza avuta nella sua lunga e penosa
infermità, e poi rese affettuose grazie al Redentore per la Redenzione
umana e di quanto aveva patito ed avrebbe patito per compiere la grande
opera dell’umana Redenzione. Infine rese grazie tanto al figlio come alla
Madre di tutto quello che per lui avevano operato, non dimenticando neppure
una parola, sovvenendogli alla mente tutti i benefici da essi ricevuti.
Infine, come segno del suo grande amore verso la sua Santa Sposa –
non che di ciò vi fosse bisogno -, la lasciò raccomandata in modo speciale al
suo divin Figliuolo, con parole di tenerissimo affetto e con lacrime di dolcezza,
mirandola con grande amore e compassione per quello che le restava
da patire per la Passione e Morte del Salvatore.
Considerava come in quel tempo sarebbe stata derelitta e abbandonata,
immersa in un mare di dolore e di affanni.
Gli fu anche confermato dal Redentore l’ufficio di avvocato e protettore
degli agonizzanti, il quale il Santo di buon cuore di nuovo accettò, con
desiderio e volontà di giovare a tutti.
Domandò poi, con grande umiltà, la benedizione al suo Gesù e alla
divina Madre, supplicandoli di non privarlo di quella consolazione. Ma tanto
l’umilissimo Gesù, come la divina Madre vollero essere benedetti da lui,
come loro capo, dato loro dal divin Padre. Ciò fece il Santo con molta tenerezza,
per ubbidire; ed anche egli ricevette la loro benedizione, che lo ricolmò
di consolazione e di giubilo.
Cresceva sempre più la veemenza dell’amore nel cuore del fortunato
Giuseppe, come anche il dolore; e ridotto alle ultime agonie si vedeva tutto
infiammato e acceso d’amore celeste. Stava con gli occhi fissi ora verso il
cielo, ora al Redentore ed ora alla di Lui santissima e purissima Sposa, godendo
di tale vista e di trovarsi assistito dai due tesori del cielo, di cui egli
era stato il fedelissimo custode. Ad ogni respiro nominava i dolcissimi nomi
di Dio Padre, di Gesù e di Maria, i quali nomi gli portavano una dolcezza
inenarrabile. Tenendolo il Salvatore per la mano e [chinandosi] vicino alla
sua testa, gli parlava della bontà, amore e grandezze del suo divin Padre. Le
Sue divine parole penetravano l’anima del moribondo Giuseppe e lo accendevano
sempre più nell’amore del suo Dio.
Essendo arrivato l’ultimo momento della sua vita, il Redentore invitò
quell’anima benedetta ad uscire dal corpo per riceverla nelle Sue mani
santissime e consegnarla agli angeli che l’avrebbero accompagnata al Limbo.
A questo dolce invito spirò il nostro fortunato Giuseppe: invocando il
dolcissimo nome di Maria e di Gesù, suo Redentore; spirò in un impeto di
amore verso l’amato suo Dio.
Oh, anima veramente fortunata!
Ricevette il Salvatore l’anima di Giuseppe nelle sue Santissime mani
e la fece vedere alla Santissima Madre sua perché si consolasse, essendo
molto afflitta per la perdita di un così santo e fedelissimo compagno. Vide la
grande Vergine quell’anima santa tanto ricca di meriti e adorna di tanta grazia
e virtù, per la quale restò molto consolata, come anche per la preziosa
morte che aveva fatto l’amato suo Sposo; così ne rese copiose grazie al divin
Padre e si rallegrò con l’anima santissima del suo fortunato Giuseppe.
Morì il nostro fortunatissimo Giuseppe in giorno di venerdì, alle ore
ventuno, il 19 di marzo, di anni circa sessantuno. Restò il suo cadavere tanto
bello che sembrava un angelo di Paradiso, e circondato di una mirabile chiarezza,
emanando un odore soavissimo e grande venerazione.
Si sparse poi la voce per tutto Nazaret della morte di Giuseppe e fu
compianto da tutti, specie dai suoi amici. Ognuno raccontava le mirabili virtù
del sant’uomo, né vi fu alcuno che potesse dire una parola in contrario,
perché tutti erano stati testimoni delle sue rare e mirabili virtù.
Quando il cadavere fu portato fuori per dargli onorevole sepoltura, vi
accorse grande moltitudine di popolo per vederlo, restando tutti ammirati
della rara bellezza del santo corpo. Tutti si vedevano piangere per tenerezza
e compunzione, chiamandolo tutti, uomo veramente di Dio e zelante osservante
della divina Legge.
Fu accompagnato il Santo cadavere dal Salvatore e dalla divina Madre,
con le devote donne che la consolavano. Fu anche accompagnato degli
angeli che assistevano il Re e Regina del cielo, con cantici di lode, quantunque
non erano né uditi né veduti dagli astanti. L’aria stessa comparve serena,
come lieta e ridente e perfino gli uccelletti facevano festosi canti: il che fu da
tutti ammirato; e tutti sentivano il soavissimo odore che spirava il venerabile
cadavere. Terminate le funzioni secondo la legge ebraica tornarono a casa la
divina Madre e il Salvatore, dove furono di nuovo consolati dagli amici e vicini;
e poi lasciati liberi.
Nel momento stesso in cui spirò il nostro fortunatissimo Giuseppe,
morirono anche alcuni altri a Nazareth e in altre parti dove si osservava la
Legge data da Dio a Mosè.
Al nostro Giuseppe fu fatto conoscere da Dio quelli che stavano
agonizzando, ed il Santo porse calde suppliche per essi al suo Dio, domandando
con grande insistenza la loro eterna salvezza, volendo anche in punto
di morte esercitare il suo ufficio di avvocato degli agonizzanti.
E fu da Dio esaudito, perché [Dio] si degnò di dare a tutti quei moribondi
un atto di vero dolore e tutti furono salvi per i meriti e le suppliche di
san Giuseppe, volendo Dio consolare il suo fedelissimo servo concedendogli
quanto chiedeva.
E come poteva Dio non esaudire le suppliche di un’anima tanto santa,
che con tanta fedeltà l’aveva servito e con tanto amore l’aveva amato? Ed
aveva ubbidito prontamente a tutti i suoi ordini, con umiltà e rassegnazione e
con tanta esattezza aveva osservato la Legge ed imitato i vari esempi di Gesù
e di Maria?

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