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La Vita di San Giuseppe della Serva di Dio Cecilia Baij O.S.B. (versione audio e testo) - audiolibro mp3 online

Libro IV – (7) Capitolo VII – Alcuni travagli che soffrì san Giuseppe e come andavano SEMPRE PIÙ DIMINUENDO LE FORZE CORPORALI

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Libro IV – (7) Capitolo VII – Alcuni travagli che soffrì san Giuseppe e come andavano SEMPRE PIÙ DIMINUENDO LE FORZE CORPORALI

San Giuseppe, [pur] trovandosi molto debilitato nelle forze ed abbattuto,
come già si è detto, non tralasciava di andare con il suo Gesù a lavorare.
Questo gli permetteva il divin Salvatore per non privarlo della consolazione
che il Santo aveva di stare in sua compagnia. Spesso [Gesù stesso] ne
veniva da lui medesimo pregato, dicendogli: «Mio caro ed amato Redentore,
permettetemi che io stia con Voi, perché conosco che mi resta [ancor] poco
da vivere; perciò bramo di godere della Vostra cara presenza per questo
tempo che mi rimane, perché poi non avrò più la bella sorte di vedervi sin
tanto che, vittorioso, non verrete a liberare dal Limbo l’anima mia e quella
dei Patriarchi e giusti che ivi si trovano». Lo accontentava il Redentore, e
permetteva che si trattenesse con Lui nella piccola bottega.
Ma il nemico infernale, che sempre ardeva di sdegno contro il Santo
e contro il Salvatore, non potendo soffrire tanta luce, tanta virtù e santità,
istigò molti, ed anche [alcuni] tra gli amici del Santo, sotto forma di compassione,
si accinsero a parlare contro il Salvatore.
[Pur] essendo già di età adulta, [in grado] di faticare e di guadagnare
il vitto per sé e per i suoi genitori [- insinuavano -] , permetteva che Giuseppe,
tanto mal ridotto e privo di forze, lavorasse e si affaticasse.
Andati alla bottega, manifestavano meraviglia e rimproveravano il
Salvatore, dicendogli di vergognarsi di far faticare suo padre: lo si vedeva
tanto indebolito e mal ridotto. Lui, giovane di buona costituzione e in forze,
doveva faticare per sé, ed avere carità per suo padre, che tanto aveva patito e
faticato per Lui. Queste parole ferivano il cuore del nostro Giuseppe, e gli
portavano una grande afflizione, tanto più che non poteva spiegare [nulla],
per non scoprire il segreto e mistero nascosto; così, chinando la testa, si umiliava.
Il Salvatore udiva tutto e taceva con [una tale] serenità che al solo vederlo
innamorava i cuori, tanta era la sua grazia e bellezza. Ma quei cuori,
duri per la tentazione, non si arrendevano così facilmente.
Non potevano però fare a meno di non ammirare la mansuetudine e
pazienza del bellissimo Gesù, e come soffriva tutto con tanta serenità di volto
e tacendo. Con tutto ciò quelli non si quietavano, [perché erano] assaliti
dalla tentazione. Partivano, ma poi tornavano di nuovo a lamentarsi, e il nostro
Giuseppe soffriva dell’amarezza.
Vi furono alcuni che, istigati dal demonio, andarono alla bottega con
animo infuriato, per dire delle parole ingiuriose al Redentore, ma quando arrivarono
là per sfogare la loro passione, restarono sorpresi e non poterono
farlo, vedendo l’amabilità e la grazia del nobilissimo Gesù, che li riceveva
con cortesia e dimostrazioni di affetto.
Capitò alcune volte che, mentre il Redentore se ne stava ritirato trattando
col suo divin Padre, il nostro Giuseppe era solo nella bottega. Allora
quelli, mostrando grande zelo e compassione per il Santo, gli incominciavano
a dire male dell’amabilissimo Gesù, dicendogli che l’aveva allevato male,
facendolo stare ozioso, senza faticare, e che era grande vergogna vedere un
giovane starsene per lo più ritirato in casa, senza fare cosa alcuna; egli
avrebbe avuto da rendere conto a Dio di averlo allevato così vizioso e buono
a nulla. «Ora vedi come ti tratta! – così gli dicevano – Ti lascia solo nella fatica
e non ha cura né pensiero di te!».
Restava ferito il Santo da queste parole, ed altro non sapeva rispondere
che pregarli di tacere e di non offendere Dio, perché essi non potevano
sapere in che cosa stesse impegnato il suo figlio. Si burlavano quelli delle
parole del Santo e motteggiandolo gli dicevano: «Sì, sì, intanto tocca a te di
faticare ed il tuo figlio sta a spasso!».
Erano tante le parole impertinenti che quelli istigati [dal demonio]
dicevano al Santo, che avrebbero fatto perdere la pazienza [a chiunque]. Eppure
il nostro Giuseppe non si vide mai infastidito, né impaziente, soffrendo
tutto con pazienza per amore del suo Salvatore: egli sapeva già quanto Lui
avrebbe sofferto per la salvezza del genere umano. In queste occasioni si
rinnovavano nella sua mente la memoria delle pene e persecuzioni che
avrebbe sofferto il suo amabilissimo Redentore e gli serviva per affliggersi
maggiormente, e se ne andava dalla sua Santa Sposa e le raccontava quello
che gli era capitato; e poi le diceva: «O mia carissima Sposa, quanta compassione
ha per voi il mio cuore perché, se tanta pena mi causano poche parole
che sento dire contro il nostro amabilissimo Gesù, così che mi sento dividere
l’anima dal corpo, che sarà di voi, mia cara Sposa, quando ne udirete
tante e lo vedrete tanto afflitto e angosciato, contraddetto, perseguitato e
maltrattato?! Oh! Come farà il vostro cuore a vivere in quel tempo?! Come
l’anima vostra sarà trapassata da acuto dolore! In che grande martirio starà
allora il vostro cuore! Quanto vi compatisco! E se potessi, con tutto il mio
sangue e la mia stessa vita, impedire i vostri travagli, i vostri martiri, i vostri
spasimi e acerbi dolori, oh! quanto volentieri lo farei!».
La divina Madre udiva quello che il suo Giuseppe le diceva, ed
anch’ella – trafitta dal dolore per le pene preparate al suo amato Figlio –
compativa il suo Sposo e, quantunque fosse assai più di lui afflitta, tuttavia
lo consolava, e con maniere gentili gli parlava di cose che potessero rallegrarlo,
cioè della gloria che il suo Gesù avrebbe acquistata per le pene sofferte,
e della salvezza di tante anime che avrebbero approfittato della sua celeste
dottrina, e dei suoi esempi. Così il Santo restava tutto consolato.
Quando il Santo doveva uscire di casa per provvedere il vitto necessario
era da molti trattenuto per domandargli che cosa aveva, visto che compariva
molto macilento ed estenuato. Diceva il Santo, con tutta semplicità,
che non altro si sentiva se non abbattimento e mancanza di forze. E quelli
subito incominciavano a dire male del suo Gesù e della sua sposa Maria,
perché non lo aiutavano e non gli somministravano il vitto necessario, e perché
lo facevano faticare. A queste parole il Santo si scuoteva tutto, e tremava
per la pena che sentiva, e li pregava di non offendere chi era innocente; egli
riceveva da essi tutto il bene [possibile], «Sappiate – diceva loro – che tanto
la mia Sposa, come il mio figlio, mi fanno tutto ciò di cui ho bisogno ed anche
più; hanno tutta la cura immaginabile e perciò non me ne parlate male,
perché mi ferite il cuore con queste parole! Se Dio mi vuole in questo stato,
perché volete incolpare chi ha tutta la cura e attenzione per me?!».
Alcuni restavano confusi, ma altri, più ostinati, si burlavano delle
sue parole, e gli dicevano che si lasciava accecare daH’affetto che ad essi
portava, ma che, se avesse osservato bene, la causa della sua debolezza
[avrebbe visto che] procedeva dalla poca cura che di lui avevano tanto la sua
Sposa come il suo figlio. Ma il Santo se la sbrigava con poche parole, dicendo:
«Io da loro ricevo tutto il bene e tutta la cura: sono tutta la mia consolazione
e il mio sollievo. Se poi volete credere diversamente, siete in errore!».
E chinando la testa, partiva.
Tornato a casa tutto afflitto, vi trovava il suo Gesù e la sua Sposa che
lo consolavano e lo animavano alla sofferenza. Si limitò il Santo, per le molte
vessazioni che riceveva dalle creature, a non farsi più vedere se non molto
di rado, ed in caso di necessità si privò anche della consolazione che aveva
di stare nella bottega in compagnia del suo Gesù, per non dare occasione alle
dicerie. Questa privazione fu per lui di molta pena ed afflizione, ma il timore
che il suo Dio non venisse offeso gli fece soffrire con pazienza ogni cosa,
onde se ne stava ritirato o in orazione, oppure si intratteneva in sacri colloqui
con la sua Santa Sposa. Non mancava il suo Gesù di consolarlo con l’andare
spesso a trovarlo, trattenendosi con lui e con la divina Madre, parlandogli dei
divini misteri. Quando poi la Santissima Vergine era occupata nel preparare
il cibo al suo Giuseppe – essendo così macilento ed abbattuto di forze, gli
faceva ogni tanto qualche vivanda apposta per lui -, allora il Santo stava nel
piccolo ritiro della sua Santa Sposa, dove si era operato il grande mistero
dell’Incarnazione.
Ed ivi contemplando il mirabile mistero, si scioglieva tutto in lacrime,
e spesso andava in estasi per più ore, di modo che, avvedutasi di ciò la
divina Madre, se ne stava lontana e non andava a distoglierlo dalle sue consolazioni,
godendo molto di vedere il suo Sposo molto favorito dal Cielo; e
ne rendeva copiose grazie a Dio da parte del suo santo Sposo.
Questo ritiro o stanza della divina Madre, dove [il nostro Giuseppe]
trovava tutte le sue delizie, era per lo più abitata da lui alla fine della sua vita.
Il Santo pregò la sua Sposa di volersi di ciò accontentare, ed ella glielo
permise di molta buona voglia, conoscendo anche lei che si avvicinava il
tempo in cui il suo santo Sposo doveva essere sciolto dai legami del corpo.
In questa piccola stanza si andava sempre più consumando il nostro Giuseppe
nell’amore verso il suo Dio, quasi fosse stata quella una fucina di amore.
Aveva capito benissimo il Santo che in quel luogo si accendevano
molto più in lui le fiamme ardentissime di una perfetta carità, e perciò con
tanto suo gusto vi dimorava, e pareva che non se ne potesse allontanare. Di
fatto non ne sarebbe mai partito, se il pensiero che aveva per la sua santa
Sposa non l’avesse trattenuto, perché – quando arrivava l’ora in cui Lei era
solita ritirarsi a pregare e trattare da sola a sola con il suo Dio -, allora il
Santo ne usciva, dando spazio alla Santissima Madre di fare le sue solite
orazioni. Ed in quel tempo anche lui si ritirava nella sua piccola stanza, a
pregare in compagnia della sua Santa Sposa.
Molte volte Dio lo favorì facendogli vedere in spirito la sua Sposa,
che stava pregando, tutta circondata di luce, e di ciò godeva molto il Santo e
ne rendeva affettuose grazie al suo Dio. Perciò si affezionò molto a pregare
nel tempo stesso che la sua Santa Sposa pregava nel suo ritiro, perché allora
il Santo riceveva molte grazie.
In quel tempo il Redentore lavorava per poter acquistare il vitto necessario
al mantenimento di san Giuseppe. Il Santo sentiva molta afflizione
per questo, nel vedere il divin Figlio affaticarsi per acquistare il vitto necessario,
e spesso, sospirando, narrava alla sua Sposa il suo dolore. Lei lo consolava
dicendogli che non si affliggesse per il loro Gesù, perché Lui stava
adempiendo la volontà del divin Padre, che lo voleva in quell’impiego.
Si consolava il Santo nell’udire che si erano quietati quelli che con
tanta passione andavano alla bottega e si lamentavano di Gesù e della sua
santa Madre perché credevano che stesse a lavorare il loro Giuseppe. Vedendo
che Gesù si affaticava solo nel lavoro, lo lodavano; anzi, cessata la
tentazione che avevano, vi andavano apposta per vedere Gesù, alla vista del
quale restavano consolati ed insieme ammirati della grazia e bellezza del
giovane. Molti passavano apposta per quella strada, per poter avere la sorte
di vederlo e dicevano: «Fortunato Giuseppe, che ha un figlio tale!».
Già si è narrato nella Vita di Gesù Cristo quanti mirabili effetti il divin
Redentore causava nelle anime di quelli che vi andavano, perciò qui
non li narro. Dico solo che, sapendo tutto, ciò il nostro Giuseppe sentiva
grande consolazione.
Quando il suo Gesù andava a trovarlo per dargli gioia, subito gli
domandava che cosa gli era accaduto mentre era a lavorare, perché stava
sempre con timore che fosse disgustato. Gesù gli narrava tutto, come figlio
obbediente, ed anche perché restasse consolato. Poi [Giuseppe] gli faceva le
scuse dicendogli: «Compatite, mio caro figlio, il mio ardire nel chiedervi
quello che vi è capitato, perché sto sempre con timore che Voi siate offeso
da qualche persona istigata dal comune nemico, perciò il mio cuore vive
sempre in pena; ed essendo Voi l’oggetto del mio amore, a Voi sempre penso,
e se sapessi che foste disgustato mi sarebbe di grande tormento, come mi
è di consolazione il sentire che siete benvoluto e amato».
Gradiva il Salvatore le espressioni del suo Giuseppe ed anche Lui gli
narrava quanto l’amava e quanto operava per lui presso il divin Padre, perché
lo arricchisse sempre più delle sue grazie e lo illuminasse con i suoi divini
lumi.

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