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La Vita di San Giuseppe della Serva di Dio Cecilia Baij O.S.B. (versione audio e testo) - audiolibro mp3 online

Libro IV – (3) Capitolo III – Come si comportò san Giuseppe col Fanciullo Gesù e con la sua sposa Maria Santissima dopo il ritrovamento del divino Fanciullo; e le virtù che praticava

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Libro IV – (3) Capitolo III – Come si comportò san Giuseppe col Fanciullo Gesù e con la sua sposa Maria Santissima dopo il ritrovamento del divino Fanciullo; e le virtù che praticava

Era ritornato a Nazaret il nostro Giuseppe con il suo Gesù e con la
sua Santa Sposa, come già si è detto. Il divino Fanciullo viveva soggetto208
ad ambedue, in tutto e per tutto dipendente dai loro cenni. Era per il nostro
Giuseppe di una grande confusione il vedere il divin Figlio a lui soggetto,
tanto più che cresceva in età; così il Santo si umiliava e si annichilava riconoscendo
il suo nulla, e prostrato in terra, avanti al suo Dio, Lo supplicava di
volersi degnare di fare che Lui, come uomo miserabile e vile, stesse soggetto
in tutto e per tutto agli ordini del divin Redentore.
Ma in ciò non fu esaudito e gli convenne assoggettarsi agli ordini divini
e vedere soggetto a lui il suo Redentore. Di fatto il Redentore non faceva
cosa alcuna senza il beneplacito di Giuseppe, e quando voleva partire dalla
bottega per andare a trovare la sua divina Madre, ne domandava licenza a
Giuseppe; e così faceva in tutte le altre cose.
Allora il nostro Giuseppe si annichilava nel vedere un Dio a lui soggetto
e dipendente dai suoi ordini: ammirava l’umiltà grande del suo Salvatore
e procurava di imitarlo al meglio che poteva; e quando non era veduto
dal suo Gesù, si prostrava in terra e l’adorava. Partito [Gesù] dalla bottega,
baciava la terra dove aveva posato i suoi santi piedi, e tutto ciò che aveva
toccato con le sue mani divine; e nel fare ciò, versava copiose lacrime, per la
tenerezza e la consolazione che ne provava. Ogni volta che il suo Gesù gli
domandava qualche permesso, oppure quando egli gli doveva ordinare qualche
cosa da fare nella bottega, faceva prima un atto di umiltà internamente,
dicendo che faceva ciò solo per adempiere la divina volontà, non perché egli
si stimasse superiore: infatti, si dichiarava infimo schiavo.
Questa superiorità, data da Dio al nostro Giuseppe, gli servì di mezzo
per maggiormente umiliarsi ed abbassarsi, praticando nel suo interno atti
di umiltà profonda.
Quantunque il divino Fanciullo non avesse alcun bisogno di essere
ammaestrato nell’arte [del falegname], tuttavia si assoggettava a Giuseppe,
domandandogli con tutta sottomissione che gli insegnasse in quale modo doveva
fare il lavoro; e Giuseppe di tutto cuore e tutto l’amore glielo insegnava.
Capiva però molto bene il Santo che il suo Gesù faceva ciò per praticare
gli atti di umiltà e di sottomissione: così restava sempre più ammirato e confuso.

Similmente si comportava con la divina Madre, quando questa gli domandava
qualche cosa da fare circa i lavori domestici; o quando egli stesso
le chiedeva qualche cosa da fare, sempre praticava gli atti interni di umiltà e
dopo si prostrava in terra, e domandava loro perdono dell’ardire che mostrava
nel comandarli, perché sapessero che egli faceva ciò per adempiere la divina
volontà.
Infatti c’era in questa santa famiglia una gara a chi potesse praticare
più atti di umiltà e di tutte le virtù, e vedendo il nostro Giuseppe che tanto il
suo Gesù, che la sua Sposa, in ciò si segnalavano, ne riceveva molto stimolo
a sempre più praticare gli atti di virtù. Vi faceva uno studio particolare.
Così fu un vero ed esatto imitatore di tutte le più belle virtù che praticavano
Gesù e Maria.
Quantunque il nostro Giuseppe fosse ornato ed arricchito di così belle
virtù, con tutto ciò si riconosceva da loro [due] molto lontano, e si umiliava
e confondeva al vedersi tanto povero di virtù. Diceva sovente al suo Gesù
ed alla sua divina Sposa: «Che confusione è la mia, Sposa carissima, al vedere
il vostro Figlio e Voi, tanto ricchi di virtù e di meriti, ed io così povero e
miserabile! Io dovrei essere un perfetto imitatore delle vostre nobili azioni,
eppure me ne riconosco tanto lontano! Impetratemi Voi, amata Sposa, la
grazia di potervi imitare». Così diceva alla sua Sposa l’umilissimo Giuseppe,
e mostrava un vivo desiderio di imitare lei, come anche il suo Redentore, e
così acquistare sempre maggior grazia.
A volte, provvedendo il cibo necessario – e questo era: erbe, legumi
e qualche pesce -, gli domandava la divina Madre come desiderava che lo
preparasse; ma il Santo ne sentiva pena, perché bramava che si soddisfacesse
il gusto della sua Sposa; però, per adempiere la divina volontà, gli diceva ciò
che doveva fare, benché in questo procurava di accontentare il gusto di Lei,
facendo cucinare tutto semplicemente.
A volte veniva voglia al Santo di qualche cosa differente dal solito,
ma mai ne diede alcun motivo alla sua Sposa, perché Lei tutto conosceva:
[così], quando il suo Giuseppe andava a cibarsi dopo di essersi affaticato nel
lavoro, trovava che la sua Sposa gliela aveva già preparata; perciò il Santo
ne restava molto ammirato ed insieme mortificato. A volte ne gustava; a volte,
con il beneplacito di Lei, lo dava ai poveri ed egli si mortificava.
Essendosi il Santo accorto che la sua Sposa conosceva tutto ciò che
egli desiderava, quando gli veniva voglia di qualche cosa particolare, presto
ne scacciava [il pensiero], perché la sua Sposa non lo venisse a sapere e si
incomodasse a prepararglielo. Lei sorrideva [davanti] alla semplicità del suo
Sposo e, per compiacerlo, tralasciava di fare quello di cui gli veniva il desiderio.
E ciò anche per tenere nascosti i doni e le grazie che Dio le aveva dato,
di penetrare tutto ciò che passava nella mente e nel cuore del suo Sposo.

Si struggeva il nostro Giuseppe, perché avrebbe voluto fare qualche
vivanda particolare per il suo Gesù e per la sua Sposa; e se si arrischiava di
domandare loro che cosa desideravano, [pur] mostrando essi di gradire molto
la sua buona volontà, gli dicevano che a ciò non pensasse, né [di ciò] si
prendesse pena, perché non potevano cambiare il loro cibo solito, che era:
pane ed acqua, erbe, legumi, frutti, per lo più e, molto di rado, qualche pesciolino
arrostito. Si umiliava allora il Santo e chinando la testa non rispondeva;
gli assicuravano però del loro gradimento e che già avevano quello che
egli bramava di dare, sicché ne aveva il suo merito.
Nel nostro Giuseppe cresceva sempre più l’amore e la stima verso la
sua Santa Sposa a tale punto che bramava di stare continuamente in compagnia
di lei; perciò, quando andava a lavorare sentiva rincrescimento, perché
non poteva né sentirla parlare, né vederla; stando lei ritirata; e quantunque
conducesse con sé il suo Gesù, gli restava il desiderio di godere della presenza
di lei, come sposa a lui carissima e creatura di così sublimi dignità ed
eccellenti virtù. Ma in ciò non si mostrò mai leggero, e con tutta la rassegnazione
la lasciava e andava a lavorare.
Molte volte si mortificava perché, venendogli spesso il desiderio di
andare a trovarla, ne faceva un sacrificio al suo Dio; ma il suo Gesù, che già
vedeva i santi desideri dell’amante Giuseppe, trovava il modo d’inviarlo da
lei, così restasse consolato il suo spirito. Infatti, quantunque fosse abbastanza
consolato per la presenza di Gesù, desiderava spesso anche la consolazione
di rivedere la sua amata Sposa perché, alla vista di lei, si accresceva l’amore
anche verso Dio e gli si accendeva nel cuore uno stimolo di maggiormente
santificarsi, avendo la divina Madre la virtù di accrescere il fervore e i santi
desideri a chi la guardava come faceva il nostro Giuseppe, con vero e sincero
amore.
Il Santo aveva un desiderio grande che la sua Sposa restasse consolata
alla vista del suo amato Figlio; perciò anche lui procurava di trovare occasioni
di mandare il suo Gesù da lei, quando questi stava nella bottega per lavorare,
e gli ordinava che portasse qualche ambasciata alla sua divina Madre,
e aggiungeva che si trattenesse anche con lei per quanto gli piacesse, perché
egli gliene dava tutta la libertà. Il divin Figlio ubbidiva, e andava dalla sua
cara Madre a consolarla con la Sua presenza e con le sue divine parole, trattenendosi
in scambievoli affetti. La divina Madre in tali occasioni si mostrava
molto grata al suo Sposo Giuseppe, impetrandogli sempre qualche nuova
grazia, ed anche la consolazione intema nel tempo in cui Giuseppe si privava
della vista di Gesù per mandarlo da lei.
Questo lo riconosceva benissimo il Santo, perché in quel tempo provava
consolazione maggiore di quella che sentiva quando godeva della presenza
del suo Gesù. Dopo rendeva grazie alla sua Sposa di quanto gli impetrava,
e ella lo ringraziava affettuosamente di quello che lui operava per lei e
dell’attenzione che le mostrava, perché restasse consolata; e poi insieme rendevano
grazie al divin Padre e al loro amato Gesù.
A volte, mentre il Redentore stava nel suo ritiro trattando col suo divin
Padre, il nostro Giuseppe con tutta umiltà e sottomissione pregava la sua
Sposa di degnarsi di dirgli che cosa poteva fare per dare gusto al suo Gesù,
mostrando un desiderio ardentissimo di compiacerlo e di fargli cosa gradita.
E la divina Madre allora si umiliava molto, ma Giuseppe replicava le suppliche
e la pregava di dirgli qualche cosa per amore del suo Gesù. Allora parlava,
dicendogli varie cose con cui egli poteva sempre più dare gusto al suo
Redentore, cose che il Santo poi faceva con tutta prontezza e generosità, restando
consolato per quel tanto che dalla sua Sposa gli veniva detto, e la ringraziava
con grande amore.
Ella, umilissima che era, gli diceva che ringraziasse Dio dal quale gli
veniva comunicato tutto, e tutti i lumi divini che a lui partecipava, essendo
lei un vile ¿strumento e non altro: perciò doveva a Dio tutta la gloria e la gratitudine.
Dalle parole della divina Madre il nostro Giuseppe apprendeva
sempre più il modo con cui si doveva comportare con Dio, riferendo a Lui
tutta la gloria, e rendendogli di tutto affettuose grazie. E quando la divina
Madre gli parlava, stava attentissimo a tutto ciò che diceva, per poterla poi
imitare nelle occasioni e per fare quello che lei gli suggeriva, sicurissimo che
in tale modo non avrebbe errato mai.

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