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La Vita di San Giuseppe della Serva di Dio Cecilia Baij O.S.B. (versione audio e testo) - audiolibro mp3 online

Libro III – (3) Capitolo III – Come in san Giuseppe cresceva sempre più l’amore verso il suo amato Gesù ed il desiderio della salvezza delle anime e della conversione degli infedeli

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Libro III – (3) Capitolo III – Come in san Giuseppe cresceva sempre più l’amore verso il suo amato Gesù ed il desiderio della salvezza delle anime e della conversione degli infedeli

Il divino Fanciullo cresceva mirabilmente, come già si è detto, e cresceva
anche il nostro Giuseppe nell’amore verso il medesimo, in modo che si
struggeva e consumava al fuoco ardente che aveva nel cuore per Lui. Non
poteva stare un sol momento senza contemplare con compiacenza
quell’amabile Oggetto, il quale gli sembrava sempre più bello e grazioso.
Si poneva a volte a mirarlo e restava estatico per più ore, così con il
cuore infiammato in dolcissime lacrime. L’amabilissimo Gesù gradiva
l’affetto del suo amato Giuseppe e gliene dava chiari segni, benché per lo più
se ne riteneva, perché il sant’uomo non poteva reggere alla pienezza del godimento.
Le sue parole per lo più erano queste: «Mio caro ed amato Gesù!»,
e poi soggiungeva: «Mio Figlio diletto!», ma nel dire questo si sentiva rapire
il cuore; perciò non lo diceva spesso, non bastandogli l’animo di resistere alla
violenza dell’amore. Ma se tanto era l’amore che per il suo Gesù aveva,
altrettanto era il dolore che sentiva al vedere come da tanti non fosse riconosciuto,
anzi gravemente offeso.
Questo pensiero gli faceva passare notti intere in lacrime, per le offese
che il suo Dio riceveva e la cecità di tante anime idolatre, e diceva fra
sé: «Mio Dio Umanato! È possibile che, stando Voi in mezzo agli infedeli,
questi non si convertano a Voi?! Per pietà! Illuminate questa cieca Nazione
con la vostra potentissima luce! Fate che vi conoscano e si convertano a
Voi!». Bramava che tutti gli Egiziani arrivassero alla conoscenza del vero
Dio e che, vedendo il suo Gesù, fossero tutti presi dal Suo amore. Perciò diceva
spesso alla divina Madre: «Mi pare che ogni ora siano mille, [aspettando]
che il nostro Gesù si faccia vedere! Perché non è possibile che i cuori di
questa gente, quantunque idolatra, non restino feriti dal Suo amore!
Allora avrò almeno la consolazione che il nostro Gesù sarà amato,
quantunque non riconosciuto. Come resteranno tutti prigionieri d’amore,
quando vedranno andare per le loro contrade il nostro Gesù, tanto caro, tanto
bello e grazioso! Io lo condurrò per mano ed avrò la sorte di averlo sempre
con me. Non dubito che da molti di loro sarà invidiata la mia sorte felice».
Così si sfogava con la sua Santa Sposa, la quale godeva molto nel
sentire il suo amato Giuseppe desideroso che il suo Gesù fosse conosciuto ed
amato; per consolarlo gli diceva: «Verrà il tempo, sì, verrà, quando il nostro
Gesù sarà da molti conosciuto, seguito ed amato! Ma sarà anche da molti
odiato e perseguitato, perché i ciechi odieranno la luce.

Voi già sapete la profezia di Simeone! Sapete che ci disse che il nostro
Gesù sarà la rovina e la risurrezione di molti, perciò dobbiamo stare
sicuri che arriverà questo tempo». A queste parole si affliggeva molto il nostro
Giuseppe, perché il suo desiderio era che tutti conoscessero ed amassero
il suo Gesù.
E si poneva a mirarlo attentamente, e poi gli diceva: «Mio caro ed
amato Gesù, sarà [mai] possibile che si trovi al mondo chi non vi ami?! Come
potranno non amare tanta bellezza, tanta grazia, tanta bontà? Il vostro
amabilissimo aspetto suscita l’amore anche nelle creature irragionevoli, e
non lo susciterà nei cuori umani?! Quanto questo mi cruccia e mi amareggia!
Voi, dunque, amore mio, non sarete da molti amato, anzi sarete contraddetto
e perseguitato! Non sia mai che io mi trovi [a vivere] in quel tempo in cui
Voi, caro mio Gesù, sarete perseguitato! Muoia pure io prima di vedervi
maltrattato, cara vita mia, mio Gesù amabilissimo, degno di ogni ossequio e
dell’amore di tutti i cuori!».
Passava poi molto tempo a pensare come avrebbe potuto fare perché
tutti amassero il suo Gesù. E quantunque l’amore gli suggerisse molti modi,
tuttavia alla fine concludeva che al solo vederlo ognuno l’avrebbe amato.
Di fatto non sbagliava in questo perché, essendo tanta la grazia, la
bellezza, l’avvenenza del divino Fanciullo, non vi era chi non l’ammirasse
con grande stupore e non si sentisse spinto ad amarlo. Ma di quelli che
l’amassero perché riconoscevano chi Egli fosse, come desiderava il nostro
Giuseppe, se ne trovarono molto pochi.
A volte nel cuore di Giuseppe si accendeva l’amore verso del suo
amato Gesù con tanta veemenza che, del tutto dimenticandosi [di sé], non
era capace né di cibo né di altro. La divina Madre allora, che ben lo conosceva,
gli domandava che cosa avesse. E questo lo faceva perché il Santo
desse qualche sfogo all’ardente suo amore. E di fatto incominciava a narrarle
tutte le sue brame e la fiamma ardente che gli bruciava il cuore. Qui incominciavano
a ragionare del merito che veramente aveva il loro Gesù di essere
amato; ed ognuno di loro, in quei discorsi, dava sfogo al suo amore, e si
accendevano sino a che, andando in estasi, stavano per più ore deliziandosi
nell’amore stesso del loro amato Gesù,
Il nostro Giuseppe a volte vedeva il suo piccolo Gesù genuflesso in
terra con le mani giunte, in atto umile, offrirsi al divin Padre. Quando lo vedeva
in tale modo domandava alla sua Sposa ciò che diceva al divin Padre, e
lei, che tutto sapeva, glielo diceva. Si offriva al Padre per la salvezza del genere
umano. Allora il nostro Giuseppe si prostrava in terra e con grande
umiltà e riverenza l’accompagnava nelle offerte, offrendo se stesso; e stava
in tale modo sin tanto che il suo Gesù si alzava ed andava dal suo amato
Giuseppe ad accarezzarlo. Il Santo allora lo abbracciava, e lo supplicava di
impetrargli dal divin Padre tutte le grazie per le quali egli potesse rendersi
gradito agli occhi suoi, e gli raccomandava tutti i peccatori, perché impetrasse
loro la grazia dal divin Padre della loro conversione.
E infine gli diceva: «Gesù mio, dite al vostro divin Padre che dia luce
a tutti, perché vi riconoscano per quello che Voi siete, e che vi amino come
sono obbligati!». Sorrideva il piccolo Gesù a queste parole, e mostrava di
gradire molto le sue richieste, e gli assicurava che Lui già lo faceva, e così
[Giuseppe] restava consolato.
Camminava già speditamente l’amabilissimo Gesù, e parlava con
molta grazia: così recitava anche Lui le divine lodi, assieme con la divina
Madre e con san Giuseppe, con tale grazia che spesso restavano ambedue rapiti
in estasi per la dolcezza. È inenarrabile la dolcezza e la consolazione che
il nostro Giuseppe sperimentava quando recitava le divine lodi col suo Gesù!
Il suo cuore era come in un mare di consolazioni, e gli pareva che ogni ora
sembrassero mille [nell’attesa] che arrivasse quel tempo già stabilito, per lodare
insieme il divin Padre.
In qualsiasi altra azione che faceva il piccolo Gesù assieme con essi,
cioè il cibarsi, il discorrere, il pregare, tutto serviva al nostro Giuseppe di
somma consolazione; ma la consolazione maggiore che sperimentava era
quando il suo Gesù gli parlava delle perfezioni del suo divin Padre.
Quantunque in quella tenera età, [Gesù] ne parlava altamente e con
tanta sapienza, da fare restare attoniti gli stessi spiriti angelici che lo corteggiavano
e l’udivano. Allora si vedeva il nostro Giuseppe tutto infiammato
nel volto, ed acceso d’amore verso il suo Dio: esalava ardenti sospiri, non
potendo resistere al beato incendio che nel suo cuore si accendeva. In fine,
esclamava: «Dio grande! Eppure non siete conosciuto, non siete amato.
Date, per pietà, a me un nuovo cuore, perché vi possa amare, perché
questo che ho è troppo angusto, né può contenere il Vostro amore!». E ciò
dicendo restava estatico per molto tempo.
A volte capitava che, stando a tavola con il suo Gesù e con la sua
Santa Sposa per cibarsi, [Giuseppe] osservasse il suo Gesù che con tanta
grazia si cibava; e fissando in Lui gli sguardi restava estatico, né era più capace
di prendere altro cibo.
E quando ciò gli capitava, il piccolo Gesù lo chiamava e gli diceva
con molta grazia che si cibasse, dandoglielo Lui stesso con le sue sante mani;
ed allora il fortunato Giuseppe si cibava, mentre gli scendevano dagli occhi
molte lacrime per la consolazione che ne sentiva.
Gli pareva, poi, quel cibo assai più dolce e delicato del solito, e lo
mangiava con gusto, come manna venuta dal cielo.

A volte Giuseppe trovava il suo Gesù genuflesso in terra, che pregava
il Padre, con le braccia in forma di croce, versando copiose lacrime. Allora
il nostro Giuseppe restava ferito da acuto dolore, e così addolorato andava
dalla sua Sposa e le domandava la causa per la quale il suo amato Gesù
piangeva. E le diceva: «Sposa mia! Ho fatto qualche mancamento di cui non
mi sia accorto, perché il nostro Gesù sta piangendo ed è afflitto?!».
La divina Madre lo consolava, e gli diceva che non temesse di sé,
perché il suo Gesù piangeva per le offese che dal genere umano riceveva il
divin Padre; e stava implorando la divina misericordia e placando lo sdegno
del Padre, il quale veniva molto irritato per le gravi offese che riceveva. Era
in quella posizione per offrirsi a soffrire la morte di croce per la salvezza del
mondo.
Ciò udito, l’afflitto Giuseppe rendeva grazie alla sua Sposa della notizia
che gli dava, e poi si prostrava in terra anche lui ad implorare la divina
misericordia; e amaramente piangeva le offese che il suo Dio riceveva.
A queste riflessioni sulle divine offese, il nostro Giuseppe si rendeva
inconsolabile, ed i suoi occhi divenivano due fonti, piangendo amaramente;
ed offriva se stesso a soffrire tutti i mali del mondo, purché il suo Dio non
fosse offeso. E se tanto era il suo amore verso il suo Dio, tanto ancora era il
dolore che sentiva per vederlo offeso. In queste circostanze era necessario
che il suo Gesù lo consolasse, altrimenti sarebbe stato in un continuo tormento
e pianto. Il suo piccolo Gesù andava a consolarlo e a sollevarlo da terra;
con molta grazia gli diceva: «Padre mio, alzatevi! Basta.
Il mio Padre celeste ha gradito le vostre suppliche, le vostre offerte,
e state certo che verrà il tempo nel quale sarà conosciuto ed amato da molti,
così le vostre preghiere se non sono ora esaudite, verrà tempo che si farà
quanto voi domandate». Si consolava l’afflitto Giuseppe, e ringraziava il suo
amato Gesù, dal quale poi era amorosamente accarezzato, ed in quelle amorose
carezze si riempiva il suo cuore di consolazione e di giubilo.
Il divino Fanciullo, essendo cresciuto, volle andare con il suo Giuseppe
a provvedere il vitto necessario. E con molta grazia gli disse che lo
conducesse con sé. Il Santo intese una consolazione indicibile, e con il beneplacito
della divina Madre, lo condusse con sé [tenendolo] per mano.
Uscì il divino Fanciullo di casa la prima volta con il suo Giuseppe, e
si vide in quel giorno un’aria più che mai serena e tranquilla: gli stessi elementi
facevano festa a modo loro nel vedere andare per le strade il loro
Creatore. Tutti gli Egiziani intesero un’insolita allegrezza, quantunque non
potessero penetrare da dove ciò provenisse.
Andava il divino Fanciullo con volto sereno e maestoso, camminando
graziosamente. Il giubilo che provava il nostro Giuseppe è inenarrabile,
poiché già sapeva che conduceva con se il Tesoro del Paradiso, il Figlio del
divin Padre. Fu da molti incontrato, e tutti restavano stupiti della bellezza e
grazia del fanciullo e si rallegravano con Giuseppe che avesse un figlio tale.
Non mancarono di quelli che dissero: «Che peccato che questo fanciullo sia
figlio di questo povero uomo, perché veramente il suo aspetto è nobile, la
bellezza rarissima, l’aspetto vago! È veramente amabile e gentile!» Infatti
tutti restavano stupiti a tale vista.
Vi furono anche dei piccoli fanciulli i quali gli si accompagnarono, e
a questi l’amabile Gesù faceva festa e li mirava con volto ridente. Se ne tornò
a casa il fortunato Giuseppe con il suo Gesù, mentre la santa Madre li
aspettava con desiderio.
Si sparse per la città la fama della bellezza e della grazia che aveva il
figlio di Giuseppe, e molti bramavano di vederlo, ma non osavano di andare
in casa loro, perciò aspettavano con desiderio che Giuseppe lo conducesse
con sé per poterlo vedere. Andavano però alcuni dei vicini con qualche scusa
a trovare la divina Madre, portandole da lavorare, ma facevano ciò per vedere
Lei ed il suo Figlio, restando stupiti di tanta bellezza, maestà e grazia.
Erano accolti dalla Santa Madre e dal Fanciullo Gesù con molta cortesia,
e le parole della divina Madre erano di molta efficacia, restando sempre
compunti quelli che ci andavano e molto affezionati alla Madre ed al Figlio.
Quando il nostro Giuseppe usciva di casa vi erano più d’uno che domandavano
della sua Sposa e del suo Figlio, bramando di vederli e di trattarci
per loro consolazione.
La divina Madre ne istruì molti nella vera fede e conoscenza del vero
Dio, specialmente quelli di buona volontà ed a lei affezionati.
Andavano spesso dei fanciulli piccoli a trovare l’amoroso Gesù, e la
divina Madre li faceva entrare in casa; con essi si intratteneva il piccolo Gesù.
Li accarezzava e insegnava loro varie orazioni ed affetti verso il suo divin
Padre; e quei fanciulli innocenti con molto gusto si intrattenevano con
Gesù e gli portavano dei frutti e del pane, perché si cibasse con loro. Il piccolo
Gesù riceveva [quei doni], li benediceva e poi glieli faceva mangiare,
prendendone anche Lui qualche porzione in loro compagnia, e godendo di
trattenersi con quegli innocenti.
Tutto ciò vedeva il nostro Giuseppe e godeva molto, pregando il suo
Dio che almeno quei teneri fanciulli imparassero a conoscere, sin dalla loro
tenera età, il vero Dio.
Quando Giuseppe usciva di casa con il suo Gesù, secondo il solito,
era da tutti ammirato e contemplato con compiacenza, e gli si accompagnavano
i piccoli fanciulli. Quando si trovavano in luogo appartato alzava il divino
Fanciullo gli occhi al cielo e con il dito accennava verso il cielo e diceva
loro: «Ecco, lassù sta la casa del mio Padre celeste».
E tutti quei fanciulli innocenti facevano lo stesso ed esclamavano:
«Ecco, lassù la casa del Padre Celeste!». Il nostro Giuseppe ne sentiva tanta
consolazione [al punto] che, fissando anche Lui gli occhi al cielo, restava
estatico, contemplando la gloria del divin Padre. Quando poi il Santo passava
per le strade con il suo Gesù, era spesso invitato dai più riguardevoli ad
entrare nelle loro case, perché volevano con più comodo vedere il suo Figlio
e godere della sua cara presenza. Il Santo, con belle maniere, si scusava; ma
in quei luoghi dove vi erano altri fanciulli e dove conosceva che il suo Gesù
voleva entrare, accettava il cortese invito ed era accolto con grande cortesia:
uscivano tutti di casa a vedere il bellissimo Gesù.
Allora si componeva il divino Fanciullo con un atto maestoso, benché
affabile, in modo che nessuno ardiva appressarsi a lui e fargli quelle carezze
che sono soliti farsi ai fanciulli; tutti restavano ammirati di tanta bellezza,
maestà e grazia, e sentivano compungersi il cuore.
Con i fanciulli però, se vi erano, il nostro Gesù familiarizzava, e li
accarezzava; e essi poi, a Lui affezionatisi, non lo volevano più lasciare, e si
ponevano a seguirlo, ed il nostro Giuseppe li conduceva con lui. Rendeva
poi grazie a quelli che l’avevano invitato e con modo assai gentile partiva.
Tutti gli dicevano che ritenesse come prezioso il suo figlio, chiamandolo fortunato
per essere padre di un tale figlio, e che anche dai più grandi della città
era invidiata la sua felice sorte. Il Santo, una volta che se ne era ripartito con
il suo Gesù, considerava le dimostrazioni di affetto che quelli gli avevano
fatto e il fatto che si mostravano tanto affezionati al suo caro Gesù.
E riflettendo su come essi si trovavano in stato tanto miserabile, privi
della cognizione del vero Dio; ne sentiva una pena insoffribile, e non potendo
contenere le lacrime, piangeva amaramente la loro disgrazia e pregava
il suo Gesù di impetrare dal divin Padre la grazia che arrivassero alla cognizione
del vero Dio. Similmente faceva quando si incontrava con quelli che lo
salutavano e con lui si rallegravano perché aveva un tale figlio.
Dopo che erano passati, il Santo piangeva per la loro cecità, e diceva
al suo Dio: «O Dio mio, questi non vi conoscono e mostrano buona volontà
verso di noi. Che potrei fare io, perché arrivino a conoscervi e ad amarvi?
Eccomi pronto a dare anche la vita, se è necessario, per la loro conversione».
Così continuamente si esercitava in questi desideri e brame ardenti. A volte
era veduto da alcuni che piangeva e gli domandavano la causa delle sue lacrime.
Il Santo rispondeva solo che Dio gli aveva fatto conoscere [il nostro
Bene]: infatti, non per altro piangeva, perché desiderava a tutti il vero bene,
e vedendoli di ciò privi, non poteva fare a meno di piangere.
Non capivano quelli ciò che il Santo volesse dire e molti credevano
che desiderasse dei beni temporali; perciò fra di loro dicevano: «Quanto è
mai semplice quest’uomo! Infatti, essendo tanto povero, crede che siano tutti
così!». Quando poi si incontrava con quelli più dediti ai vizi, il Santo se ne
accorgeva, perché osservava il suo Gesù che si turbava, e di qui lo capiva;
perciò per quelli si affliggeva molto e pregava, compassionando la loro cecità
e miseria, né tralasciava mai di pregare, perché si emendassero.

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