Home

La Vita di San Giuseppe della Serva di Dio Cecilia Baij O.S.B. (versione audio e testo) - audiolibro mp3 online

Libro III – (2) Capitolo II – Come si comportò san Giuseppe verso il suo Gesù che cresceva, E LE GRAZIE CHE DAL MEDESIMO RICEVEVA

Salva in Preferiti / Segnalibro
ClosePlease loginn

Non ancora registrato? Fallo ora!

Libro III – (2) Capitolo II – Come si comportò san Giuseppe verso il suo Gesù che cresceva, E LE GRAZIE CHE DAL MEDESIMO RICEVEVA

Cresceva a meraviglia il divino Fanciullo, tanto di statura come nella
grazia; allora la divina Madre ben presto lo vestì, avendogli lei stessa lavorata
la veste con quell’amore e diligenza che già ognuno può immaginarsi.
Di ciò provava molta consolazione il nostro Giuseppe, e ogni ora gli
parevano mille [nell’attesa] di vedere vestito il suo amato Gesù, perché soffriva
molta pena nel vederlo stretto nelle fasce: sapeva quanto soffrisse così
legato, perché aveva il perfetto uso di ragione; perciò quando la divina Madre
lavorava la veste, il santo andava spesso a vederla col desiderio che fosse
presto terminata. Si tratteneva con molto gusto nel vedere lavorare la sua
Sposa con tanta grazia e con tanto amore, e le diceva: «O Sposa mia, vedremo
tra breve il nostro Gesù, vestito, starsene con noi. Voi beata, che avete la
sorte di lavorare la veste che lo deve ricoprire!».
La divina Madre, vedendo il desiderio del suo santo Sposo, lo volle
consolare, dicendogli che anche lui poteva fare qualche cosa per il suo Gesù.
«Gli farete voi – gli disse – uno sgabello per sedersi». Di questo il Santo ebbe
molta consolazione, ed andò subito a lavorare un banchettino, dove potesse
sedersi il suo piccolo Gesù. Lo lavorò il Santo con molta consolazione del
suo spirito e con grande abbondanza di lacrime, per le sante riflessioni che vi
faceva. Lo fece con tutta la cura immaginabile e si unì con la sua Sposa a
preparare tutto ciò che era necessario per vestirlo.
Arrivata l’ora di vestire il loro Gesù, la divina Madre lo vestì stando
genuflessa in terra per riverenza. Il divino Infante mirava, ora la divina Madre
ed ora il suo amato Giuseppe, con occhi amorosi, in atto ridente e maestoso,
e con lingua balbuziente li chiamava e poi chinava graziosamente la
testa in atto di gratitudine. Vestito che fu, il divino Fanciullo fece con le sue
manine molte finezze alla sua santa Madre, accarezzandola nel volto e poi,
rivolto al suo Giuseppe, fece lo stesso. Il Santo si chinò a baciargli i piedini,
dopo che gli ebbero messi i sandali, ed in quell’atto se ne andò in estasi per
la gioia e consolazione che ne provò il suo spirito.
Stette per qualche tempo in estasi il nostro Giuseppe: gli furono rivelati
molti secreti circa le opere del suo Dio Incarnato, e il motivo per cui voleva
farsi sentire balbuziente l’eterna Sapienza, ed imparare a camminare
come gli altri fanciulli. Mentre il nostro Giuseppe stava in estasi, parlò il divino
Infante alla sua Santa Madre, la ringraziò di quello che lei faceva per
Lui, le disse l’amore e gratitudine con cui egli tutto riceveva. Non è facile
narrare il godimento della divina Madre nell’udire le parole amorose del suo
amato Figlio. Intanto, tornato dall’estasi, il nostro Giuseppe adorò di nuovo
il suo Gesù e lo ricevette fra le sue braccia per breve tempo, godendo molto
di un così grande bene; poi, insieme alla divina Madre, prendendolo per mano
lo facevano camminare, insegnandogli a formare i primi passi.
Quanta fosse la consolazione di Maria e di Giuseppe nel fare queste
cose, chi mai potrà narrarla?! Piangeva il fortunato Giuseppe, e non sapeva il
sua cuore contenere in sé tanta gioia, e si vedeva anche nel volto divampare
di amore celeste, emettendo forti respiri.
Il piccolo Gesù, appena vestito, volle porsi anche lui genuflesso ad
adorare il suo divin Padre e fare tutti quegli atti che nella sua Vita sono stati
scritti. Il nostro Giuseppe restò molto ammirato di ciò, conservando nel
più intimo del suo cuore la memoria di tutte la azioni che il suo Gesù faceva,
per poterle poi meditare nel tempo del lavoro. Accompagnò anche lui il
suo Gesù nelle adorazioni e nelle offerte, così ammaestrato dalla divina Madre,
cui tutto era palese.
Adorato il divin Padre, l’infante divino stese le braccia in forma di
croce, per offrirsi [a Dio] pronto a soffrire la morte di croce, quando fosse
arrivato il tempo determinato dal divin Padre. Nel vedere questo atto il nostro
Giuseppe restò ferito da acuto dolore nel suo cuore, quasi presago di
quello che doveva avvenire, e ne versò copiose lacrime di dolore.
Lo consolò la divina Madre, quantunque lei fosse molto più di lui afflitta,
poiché era di tutto consapevole; con tutto ciò disse al suo Giuseppe che
non si affliggesse di ciò soverchiamente, perché più volte gli sarebbe capitato
di vedere il suo Gesù in quella posizione, e che in quelle circostanze ammirasse
l’esatta obbedienza che il suo Gesù mostrava al divin Padre e la rassegnazione
al di Lui santo volere.
Si consolò il nostro Giuseppe alle parole che gli disse la sua Santa
Sposa, e non cercò altro su quel particolare; solo le narrò quanto grande fosse
l’afflizione del suo cuore al vedere il suo amato Gesù in quella posizione.
Terminato che ebbe il divino Fanciullo tutti gli atti di ossequio e di offerte al
divin Padre, andò in braccio alla sua Santa Madre, ed il nostro Giuseppe andò
a lavorare.
Il Santo lavorava stando estatico, contemplando le opere del suo
amato Gesù, con desiderio di andare presto a rivederlo. Si sentiva attirare
dall’amore di andare a contemplare con compiacenza l’amato Oggetto. Si
mortificava però il Santo e temeva di portargli fastidio, perciò molte volte si
tratteneva dall’andarvi; ma il divino Infante, quando voleva consolare il suo
fedele servo, lo invitava con voci interne, amorosamente, alle quali non poteva
trattenersi e perciò vi accorreva con velocità, spinto da un più forte
amore. E quando ciò gli accadeva, trovava il suo Gesù che gli veniva incontro
e l’abbracciava con grande amore, e con lingua balbuziente lo chiamava
col nome di padre. Così gli capitò più volte, ma la prima volta fu in quella
circostanza, quando fu vestito: [Gesù] gli andò incontro guidato dalla divina
Madre e, appena lo vide, lo chiamò col nome di padre, e con le manine gli
accarezzò il volto, andando fra le sue braccia.
Questa fu la prima volta che Gesù chiamò col nome di padre il fortunato
Giuseppe, che ne intese una consolazione inesplicabile e pianse per il
giubilo del suo cuore. Si reputò di ciò molto indegno, ma si mostrò molto
grato dell’onore che il suo Gesù gli faceva chiamandolo padre; perciò gliene
rese affettuose grazie e pregò la sua Santa Sposa di fare lei in suo nome gli
atti di ringraziamento, tanto al divin Padre, come al suo Figlio.
Lo fece la divina Madre, e si rallegrò con il suo Giuseppe per la sorte
che gli era toccata, e poi insieme resero le dovute grazie a Dio per quanto loro
concedeva e dell’onore che faceva al suo servo, di fargli tenere in terra le
sue veci e che il suo divin Figlio lo chiamasse con il titolo di padre. Fu questa
una consolazione continua per il nostro Giuseppe perché, ogni volta che
il suo Gesù lo chiamava con tale nome, si sentiva rapire il cuore ed accendersi
sempre d’amore verso Colui che, essendo Figlio di Dio, non sdegnava
di chiamarsi figlio di Giuseppe.
Sentiva anche una gratitudine molto grande e confusione, riputandosi
molto indegno di tale titolo. Infatti, nell’anima del nostro Giuseppe operava
vari effetti questo titolo di padre col quale il divin Figlio era solito chiamarlo.
Si tratteneva spesso con la sua Sposa a parlare di questo grande favore
che il suo Gesù gli faceva e le manifestava tutti gli effetti che causava un
tale titolo nell’anima sua; e spesso le diceva: «O Sposa carissima, a quale
stato mi ha sollevato il nostro Dio! Quanto grandi sono i favori e le grazie
che mi concede! Certo, credo che tutto si degni concedermi per i meriti vostri,
perché io di tutto sono indegnissimo, ma voi, che avete trovato grazia al
suo cospetto e siete stata fatta degna di essere vera Madre del Messia, voi
siete la causa di tutte le mie fortune!
Infatti, per mezzo vostro sono concesse a me tutte le grazie. Voi
dunque fate per me, e ringraziate l’Altissimo, e degnatevi di continuare ad
impetrarmi nuove grazie, ed in particolare la grazia che io corrisponda
all’amore grande che il nostro Dio mi ha sempre dimostrato. Ma che farò io
per voi, Sposa mia Santissima, che mi conosco in tutto incapace?!». Rispondeva
con molta grazia e prudenza la divina Madre al suo santo Sposo, e
l’esortava a riconoscere la bontà del suo Dio molto generoso verso le sue
creature, e molto più verso di loro; e si metteva subito a comporre nuovi cantici
di lode, i quali poi recitava assieme col suo Giuseppe lodando il Datore
di ogni bene. Restava perciò molto consolato il nostro Giuseppe e tutto contento
se ne tornava al suo lavoro.
Il nostro Giuseppe non ardiva di chiamare il suo Gesù col nome di
figlio, quantunque si sentisse attirato dall’amore più che paterno a chiamarlo
figlio; ne fece richiesta alla divina Madre, se poteva chiamarlo con tale nome.
La divina Madre intese dal suo Gesù che – essendosi egli degnato di
chiamarlo col nome di padre, e di ritenerlo in terra in luogo di vero padre -,
così Egli gli faceva la grazia che anche lui lo chiamasse col nome di figlio:
infatti, questa era la volontà del divin Padre, e [sua volontà era] anche che
egli stesse a lui soggetto, come se fosse stato suo vero figlio.
Perciò pure [Giuseppe] doveva chiamarlo col nome di figlio e doveva
comportarsi verso di lui come suo vero padre. Disse tutto ciò la divina
Madre al suo Giuseppe con grande giubilo del suo cuore, ed egli sparse molte
lacrime per la consolazione che ne sperimentò, e rese grazie a Dio insieme
con la divina Madre. Diceva il fortunato Giuseppe fra sé: «Felice sono io in
verità, che ho la bella sorte di chiamare col nome di figlio il divin Verbo Incarnato,
il Figlio del divin Padre!». E incominciò a dire: «Gesù, mio figlio!
Mio figlio, Gesù!». E dicendo ciò fu sollevato in sublime estasi, dove gli fu
rivelato il mistero che in sé racchiudeva questo particolare, cioè che Gesù si
volesse fare chiamare da Giuseppe col nome di figlio, ed egli potesse chiamarlo
col nome di padre.
Giuseppe, tornato dall’estasi, narrò tutto alla sua Santa Sposa, e benché
lei già tutto penetrava, tuttavia non si dimostrò di sapere cosa alcuna del
fatto che gli era accaduto, e mostrò gradimento nell’udire quello che il suo
Giuseppe le manifestava. Il nostro Giuseppe manifestava tutto ciò che sentiva
nell’anima alla sua Sposa, perché conosceva il grande personaggio che
era e perché da lei riceveva sempre consolazione per le sue ardentissime parole.
Anche Lei l’assicurava sempre dell’amore che il suo Dio aveva verso di
lui. Il nostro Giuseppe aveva anche questo sentimento, cioè: riconoscendosi
del tutto insufficiente a rendere grazie al suo Dio e a lodarlo per quello che
in lui operava, lo manifestava alla sua Sposa, perché Lei l’aiutasse a lodare e
ringraziare il suo Dio, sapendo quanto cara ed accetta fosse al suo Dio,
avendola eletta per Madre del suo Unigenito. Quantunque il nostro Giuseppe
le parlasse per lo più con disinvoltura, per compiacerla, tuttavia nel suo interno
ebbe sempre verso di lei una somma venerazione, riputandosi indegno
anche di guardarla, e le parlava tutto confuso ed umile nel suo interno, non
dandoglielo però a vedere perché – essendo ella umilissima – le avrebbe fatto
pena al vedersi trattare così dal suo santo Sposo Giuseppe.

image_pdfimage_print
Libro III – (2) Capitolo II – Come si comportò san Giuseppe verso il suo Gesù che cresceva, E LE GRAZIE CHE DAL MEDESIMO RICEVEVA