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La Vita di San Giuseppe della Serva di Dio Cecilia Baij O.S.B. (versione audio e testo) - audiolibro mp3 online

Libro II – (13) Capitolo XIII – San Giuseppe arrivò in Egitto con la divina Madre e il Bambino Gesù; e quanto gli capitò al primo ingresso [in una città]

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Libro II – (13) Capitolo XIII – San Giuseppe arrivò in Egitto con la divina Madre e il Bambino Gesù; e quanto gli capitò al primo ingresso [in una città]

I nostri pellegrini, dopo molti patimenti per il lungo viaggio, arrivarono
in Egitto. Il nostro Giuseppe sentiva un grande rincrescimento a dover
entrare nella città e farvi la sua dimora con la sua Sposa e il divino Infante.
Temeva molto il Santo perché, essendo quella gente barbara e idolatra,
avrebbero potuto fare dei maltrattamenti alla sua amata Sposa ed al suo
Gesù; e ne porse calde suppliche a Dio, domandandoGli che, se avessero
avuto da soffrire degli strapazzi e degli ingiurie, avrebbe dovuto soffrirli egli
solo. «Non permettete mai, Dio mio, che il vostro Unigenito Figlio e la sua
santa Madre abbiano da soffrire alcun affronto! Eccovi la mia persona: io mi
offro a soffrire tutto, purché essi ne siano liberi. Non è bene, mio Dio, che
essi abbiano ad essere maltrattati; troppo grande è la loro innocenza, il loro
merito e le loro virtù. Io, servo inutile, miserabile, merito tutto il male: dunque
si faccia a me e non ad essi!».
Questo e più diceva il nostro Giuseppe col cuore al suo Dio. Manifestò
il suo timore alla divina Madre, la quale lo consolò e l’animò a non temere.
Gli diceva lei: «Non temere, Giuseppe, abbiamo Dio con noi, fidiamoci
di Lui che ci ha qui inviati e Lui ci provvederà, come sinora ci ha provveduti
con tanta liberalità. Noi abbiamo molto sperimentato quanto grande sia la
cura che Dio ha di noi, di che dunque dobbiamo temere? Dio è con noi:
questo ci deve bastare per farci stare sereni in tutte le circostanze e in tutti i
pericoli». –
II nostro Giuseppe, animato dalle parole della sua Sposa e molto più
dalla grazia di Dio, si avviò [con Maria e il Bambino] verso la città.
Nell’entrare caddero a terra gli idoli che ivi erano adorati da quella cieca
nazione. Per questo [fatto] si turbò tutta la città, ma non vi fu chi potè capire
da dove ciò venisse; e non compresero che, entrando in essa il vero Dio per
abitarvi, doveva fare cadere con la sua potenza i falsi Dei.
Il demonio aveva già deciso di perseguitare il Santo con la sua Sposa.
Quando li vide avvicinare alla città, perché egli qui faceva da padrone,
pensò di poter travagliare i santi pellegrini. Perciò se ne stava tutto festoso;
ma restò confuso e del tutto abbattuto dalla potenza che intese sopra di sé.
Ed essendo caduti a terra gli idoli, egli fu forzato a fuggire; perciò fremeva
di furiosa rabbia. Istigò molti contro i santi pellegrini, ma poco danno poterono
fare loro perché, vedendoli tanto poveri, umili e modesti, non poterono
credere che quelli fossero la causa del male capitato, quantunque ne fossero
dal demonio molto istigati.
Il nostro Giuseppe ricevette da alcuni molti strapazzi e delle ingiurie.
Da altri più perfidi erano scacciati, non volendoli nella città, benché non
mancò chi – di animo più mite e compassionevole -li difendesse e dicesse
loro che si fermassero pure e avrebbero trovato modo da poter vivere.
Ciò facevano per compassione verso la divina Madre: vedendola di
così rara bellezza, modestia e grazia, non potevano fare a meno di compatirla
ed avere una certa buona volontà verso di lei; e quasi tutti invidiavano la sorte
di Giuseppe che l’aveva con sé in sua compagnia. Non passò mai però nella
mente di alcuno il pensiero di levargliela, né altro pensiero impertinente,
ma solo restavano ammirati e godevano di vederla tanto savia, tanto bella e
graziosa, e con stupore la miravano.
Soffrì con invitta pazienza il nostro Giuseppe tutti gli strapazzi e parole
ingiuriose [rivoltegli] da parte di alcuni di quei [cittadini, i] più malvagi,
e gradiva la buona volontà di quelli che gliela dimostravano per riguardo alle
rare prerogative della sua Sposa. Godeva molto nel suo cuore nel vedere come
– nell’entrare che ivi aveva fatto il divino Fanciullo -, erano caduti gli
idoli che ivi si adoravano. Così gli venne una grande speranza, che con il
[passare del] tempo quella nazione infedele avrebbe adorato il vero Dio.
E di ciò ne godeva molto. Disse il suo pensiero alla divina Madre, la
quale l’approvò saggiamente ed ambedue ne resero grazie a Dio.
I nostri Pellegrini andavano per la città, e non sapevano dove ritirarsi.
Cercavano qualche angolo ritirato per riposarsi, ma non lo trovavano. Si
affliggeva il nostro Giuseppe per amore del suo Gesù e della divina Madre e
si ricordava che anche a Betlemme non trovò luogo da ricoverarsi, quantunque
vi avesse degli amici e parenti. Rivolto al suo Dio lo supplicò di aiutarlo
in quel grande bisogno e diceva: «Non trovai luogo da ricoverarmi fra gente
fedele e congiunti; ora che sarà fra barbari ed infedeli? Dio mio, qui ci vuole
il Vostro aiuto. Soccorrete voi il vostro servo, perché possa mettere in luogo
sicuro il vostro Unigenito Figlio e la sua Madre, che mi avete dato in custodia».
Dio udì le suppliche del suo fedele servo e gli fece incontrare uno
che, mosso a compassione verso la divina Madre, vedendola tanto gentile e
di così rara bellezza, si prodigò per trovargli l’albergo. Trovò per loro una
piccola casetta in luogo ritirato dove poter vivere con più quiete. Accettò il
Santo la carità, quantunque da gente idolatra, né mancò di fare la sua parte
con Dio, pregandolo di rimunerare la carità usatagli. Ritiratisi in quella piccola
casetta, il fanciullo Gesù con la Santissima Vergine ed il nostro Giuseppe
si riposarono alquanto e resero grazie a Dio del beneficio loro fatto, di
farli arrivare in quel luogo e di averli provveduti di quel poco di comodità,
per starsene con tranquillità.
Tutta la città era in scompiglio per la distruzione degli idoli, e i nostri
santi pellegrini se ne stavano ritirati e quieti rendendo grazie a Dio di
quello che Lui aveva operato. Il nostro Giuseppe non ardì però di uscire di
casa in quel[l’ora] se per cercare un poco di elemosina; ma Dio non mancò
di provvederli come era solito fare nelle loro più gravi necessità.
Diceva poi il nostro Giuseppe alla sua Sposa: «Come si farà, Sposa
mia, a trovare il vitto necessario? E chi potrà uscire, mentre tutta la città sta
in agitazione? Io temo molti inconvenienti, e stimo meglio di stare ritirato
sin tanto che [i cittadini] si siano calmati perché, se mi faccio vedere, chi sa
che faranno di me!».
Gli faceva animo la divina Madre e l’esortava ad essere generoso e
soffrire tutto per amore di Dio, che tanto pativa per la salvezza del genere
umano. Si faceva animo il Santo e soffriva volentieri i travagli, ma con tutto
ciò li sentiva molto, perché vedeva la grande povertà in cui si ritrovavano il
Figlio di Dio e la sua divina Madre. Di questo si affliggeva molto, specialmente
perché non aveva modo da poterli provvedere. Il Santo rivolgeva gli
occhi per casa e, vedendola tanto povera, sospirava, e poi diceva dentro di
sé: «Non è la stalla di Betlemme! Qui almeno si sta al coperto.
E poi così vuole Dio, perciò lo devo volere anch’io; e se il Verbo Incarnato
non sdegna di abitare in luogo di tanta povertà e miseria, non devo
sdegnare di abitarci io! Per me sono contento di ciò che Dio mi dà, solo mi
dispiace il patimento del mio Gesù e della mia Sposa. Ma se così piace a
Dio, deve piacere anche a me». Così si consolava il nostro Giuseppe.
Per tutta quella notte stettero in parte lodando Dio, in parte contemplando
la bellezza e grazia del loro amato Gesù – che tutto li consolava e
riempiva di giubilo i loro cuori -, in parte prendendo qualche breve riposo
sul suolo: il mantello del nostro Giuseppe serviva di letto al divino Infante,
perché non avevano altro.
La mattina seguente, recitate le divine lodi, si fece animo il nostro
Giuseppe e – col consiglio della sua Sposa e col beneplacito del suo Gesù:
[Giuseppe] lo veniva a conoscere attraverso la divina Madre -, se ne uscì di
casa ed andò per la contrada a cercare qualche cosa per cibarsi. Lo trovò facilmente:
infatti, non mancò chi provvedesse alle sue necessità e chi molto lo
compatisse, permettendolo Dio per consolazione del suo fedelissimo Giuseppe
che, quantunque si trovasse fra gente idolatra, trovò in essa quella carità,
che non aveva potuto trovare fra i suoi congiunti.
Il Santo, trovato quello che gli era necessario per cibarsi, tornò a casa
tutto contento a dame notizia alla divina Madre, che ne intese consolazione,
e insieme ne resero grazie a Dio.

I santi sposi si cibarono con grande gusto, quantunque avessero cibi
semplici, e lodarono la divina provvidenza che con tanta liberalità li soccorreva.
E diceva il nostro Giuseppe alla sua amata Sposa: «O Sposa mia, io
credo che staremo bene in questa città, quantunque idolatra, e troveremo qui
da poter vivere assai meglio che non a Betlemme». E la divina Madre prendeva
motivo dalle sue parole per magnificare la bontà e liberalità del suo
Dio, e gli diceva: «Vedete come è vero che Dio ha cura speciale di noi!
Sebbene [noi siamo] in paese straniero, non manca di provvederci del necessario
». E quindi si ponevano a discorrere della bella sorte di quelli che si fidano
di Dio in tutte le circostanze, perché Dio non abbandona mai chi confida
in Lui. Mirarono poi il loro Gesù, tutto lieto e festoso.
II nostro Giuseppe osservava che, quando si trovavano in grande necessità
e non avevano neppure con che cibarsi, Egli era più festoso ed allegro
che mai, mostrando di. godere, anche in quella tenera età quando si vedeva
più bisognoso. Il nostro Santo da qui capiva quanto il suo Gesù amasse la
povertà, e quanto godeva di vedersi bisognoso: perciò anche lui si studiava
di imitarlo, e godeva nella penuria che aveva di tutte le cose.
Già si è detto come il nostro Giuseppe fosse sollecito nel pregare il
suo Dio per la conversione dei peccatori, e con quanta istanza la domandasse,
quando sapeva che vi erano; egli non si quietava mai sin tanto avesse ottenuto
ciò che bramava. Molto più praticò questa grande carità verso i suoi
prossimi quando si trovò fra gl’infedeli, bramando ardentemente che arrivassero
alla conoscenza del vero Dio. Il solo pensiero che il Santo aveva, di trovarsi
fra gente tutta nemica di Dio e che non vi era chi lo conoscesse e
l’adorasse, gli faceva versare copiose lacrime dagli occhi e caldi sospiri dal
cuore, e tutto si impiegava a supplicare il suo Dio per la conversione di quella
cieca nazione. E per fare ciò si univa con la divina Madre ed ambedue
porgevano molte suppliche, con speranza certa che Dio li avrebbe esauditi.
Il nostro Giuseppe diceva spesso alla sua Sposa: «Sposa mia, io spero
che Dio farà copiose grazie a questa nazione, perché ha scelto di venirvi
ad abitare, e chi sa per quanto tempo vi dimorerà?! E se nel suo primo ingresso
ha gettato a terra gli idoli, quanto maggior bene vi farà dimorando
qui! Questa speranza mi consola molto e mi dà animo a continuare le mie
suppliche. Poi il nostro Dio rimunera con tanta liberalità tutto ciò che per
amore Suo si fa, anche le cose minime. Molto più rimunererà questa gente
che Gli dà alloggio. Vi sono anche di quelli che ci fanno l’elemosina con
buon cuore e compatiscono la povertà in cui ci troviamo!».
Sentiva tutto ciò con gusto la divina Madre, e rispondeva al suo Giuseppe
con grande prudenza e con amore, approvando anche lei i sentimenti
del suo santo Sposo. Di questo ne sentiva molta consolazione e maggiormente
si animava, e diceva alla sua sposa: «Sposa mia, quando gli abitanti di
questa città osserveranno i nostri comportamenti e udranno le vostre parole,
non può essere che non si muovano ad amarvi e bramare di stare con voi!
Basta che una sola vi conosca che col tempo ognuno arrivi ad ammirare le
vostre virtù. Non ho dubbio che questo avverrà, e così prenderete occasione
di illuminare almeno qualche vicina, che abbia con voi buona volontà, e questa
poi lo manifesterà agli altri, e così porteremo qualche bene alle anime di
quelli che il nostro Dio ci invierà, e per mezzo vostro resteranno illuminati
ed arriveranno alla conoscenza del vero Dio.
Io sono miserabile, né sono capace di fare alcun bene con le mie
esortazioni, ma pure spero che col tempo anch’io mi impiegherò in questo,
di procurare di fare conoscere il vero Dio a quelli che tratteranno con me, e
che si mostreranno affezionati. Il nostro Dio poi ci darà forza di poterlo fare,
e darà virtù alle mie parole, perché penetrino il cuore di quelli con cui tratterò».
La divina Madre lo assicurava della divina assistenza in tutte le sue
opere e che avrebbe dato virtù alle sue parole; ne godeva molto il nostro fortunato
Giuseppe.
Questi sentimenti che ebbe al principio della sua dimora in Egitto,
andarono in lui crescendo sempre più, e aumentò il suo desiderio, perché tutta
la sua consolazione era che il suo Dio fosse conosciuto ed amato. E ciò
nasceva in lui dalla cognizione grande che aveva del merito del suo Dio e del
beneficio immenso che aveva fatto al mondo con il mandarvi il suo Unigenito
per riscattarlo.

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Libro II – (13) Capitolo XIII – San Giuseppe arrivò in Egitto con la divina Madre e il Bambino Gesù; e quanto gli capitò al primo ingresso [in una città]