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La Vita di San Giuseppe della Serva di Dio Cecilia Baij O.S.B. (versione audio e testo) - audiolibro mp3 online

Libro II – (10) Capitolo X – San Giuseppe partì da Betlemme con la divina Madre; ed andarono a Gerusalemme a presentare al Tempio il Bambino Gesù; ciò che praticò san Giuseppe in questa occasione e le GRAZIE CHE RICEVETTE

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Libro II – (10) Capitolo X – San Giuseppe partì da Betlemme con la divina Madre; ed andarono a Gerusalemme a presentare al Tempio il Bambino Gesù; ciò che praticò san Giuseppe in questa occasione e le GRAZIE CHE RICEVETTE

Passati quaranta giorni dopo la natività del Redentore, intese la divina
Madre che il Redentore voleva essere presentato al Tempio ed adempire
ciò che comandava la Legge. La notte antecedente l’Angelo parlò a san
Giuseppe nel sonno, come era solito, e gli manifestò che era volontà
dell’Altissimo che il divino Infante fosse presentato al Tempio, come era solito
praticarsi per i bambini, e che doveva essere riscattato con le solite monete
con cui si riscattavano gli altri fanciulli; perciò doveva andare con la divina
Madre a presentare al Tempio il divino Infante.
Il fortunato Giuseppe si destò, e dopo avere lodato e ringraziato Dio
dell’avviso mandatogli dall’Angelo, lo manifestò alla divina Madre, la quale
già tutto sapeva.
Decisero di partire da Betlemme per andare a Gerusalemme. Sentirono
i santi sposi qualche rincrescimento al dover lasciare la loro amata grotta,
perché ivi si era operato il grande mistero della Natività, e anche perché
in tale luogo si godevano le più care delizie con il loro amato Gesù; ma sentivano
anche molta consolazione, perché speravano che il divino Infante non
avesse a stare più in luogo di tanta incomodità e miseria, e così con tutta la
generosità lasciarono la grotta da loro tanto amata. La divina Madre prese il
suo Gesù ed se lo accomodò al petto, ed il nostro Giuseppe portava la preziosa
reliquia della circoncisione ed un piccolo fardello di quelle cose necessarie.
Prima di partire adorarono insieme il luogo dove era nato il Redentore,
cioè quella terra dove si posò la prima volta appena nato. Qui cantarono
nuovi cantici di lodi al loro Dio Umanato e lo pregarono di volerli benedire
e, col favore divino e col loro Umanato Salvatore, partirono dalla grotta e si
avviarono per Gerusalemme, accompagnati dalla moltitudine degli spiriti
Angelici. Quel giorno [il clima] fu molto piacevole e mite, quantunque fosse
d’inverno, avendolo chiesto la divina Madre, perché il suo Dio e Figlio, a lei
carissimo, non soffrisse tanto freddo la prima volta che viaggiava, comandando
alla stagione come Regina e padrona di tutte le cose, essendo a lei dovuto
un tale dominio come Madre del Creatore. Si consolò il nostro Giuseppe
nel vedere in quel giorno adempiuto il suo desiderio, cioè che l’aria non
fosse tanto rigida. I santi sposi andavano col loro amato Gesù, colmi di giubilo
e di consolazione per il tesoro inestimabile che portavano con loro. Non
sentirono in questo viaggio stanchezza o tedio, ma una somma consolazione,
e furono spettatori di vari prodigi che Dio operò per mezzo delle sue creature,
cioè delle piante e degli animali.
Gli alberi si chinavano facendo riverenza al loro Creatore, uscivano
a schiere gli uccelletti facendo armoniosi canti al loro Sovrano. Il nostro
Giuseppe tutto osservava con grande stupore e, rivolto alla divina Madre, le
diceva: «Osservate, Sposa mia, come le creature insensate e gli animali irragionevoli
si inchinano e fanno ossequio al loro Creatore. E gli uomini, i quali
Egli è venuto a salvare, vivono spensierati, e pochi si trovano che lo conoscano!
». Diceva queste parole accompagnate con lacrime e sospiri, e poi
soggiungeva: «Noi felici e fortunati, che abbiamo avuto così bella sorte di
conoscerlo, non solo, ma di averlo con noi! Quanto siamo obbligati al nostro
Dio per tante grazie e favori che ci concede!». E la divina Madre componeva
cantici di lode e dolcemente cantava. Allora il fortunato Giuseppe se ne andava
in estasi per la dolcezza che sentiva.
A volte si fermavano, non tanto per la stanchezza, che non la sentivano,
ma perché il divino Infante voleva consolare appieno il suo Giuseppe
ed andare a riposare fra le sue braccia: così ispirava la divina Madre, e le faceva
intendere la sua volontà; ed ella glielo dava subito con grande gioia e se
ne privava per consolare il suo casto Sposo.
Il nostro Giuseppe già lo bramava, ma non ardiva di domandarlo alla
sua Sposa; solo pregava Dio nell’intimo del suo cuore e Dio udiva ed esaudiva
i suoi ardenti desideri. Il nostro Giuseppe lo riceveva fra le sue braccia
con grande devozione e affetto, sempre genuflesso nell’atto di riceverlo, e
quando l’aveva abbracciato, si riempiva di giubilo e di consolazione; si accendeva
il suo amore e le fiamme gli divampavano nel volto. Molte volte la
divina Madre lo vide col volto tutto luminoso e molto bello, e Dio le faceva
anche la grazia di vedere la sua anima ricca di meriti e ornata di virtù.
La divina Madre ne provava una consolazione inesplicabile, godendo
molto e ringraziando Dio di averle dato uno Sposo tanto puro, tanto santo
e così ornato di virtù e ricco di meriti; e spesso diceva al suo Giuseppe: «Se
sapeste, Sposo mio, quanto è bella un’anima ornata di virtù e arricchita della
grazia e di meriti, voi vi stupireste!».
E così prendeva a narrargli tutte le bellezze della sua anima, benché
non gli manifestasse che tale era la sua, ma solo gli diceva di un’anima in
grazia ed amicizia di Dio. Il Santo l’ascoltava con tanta attenzione e con desiderio
che tale fosse anche l’anima sua e, rivolto alla sua Sposa, le diceva:
«O Sposa mia, io ho un desiderio ardentissima che l’anima mia divenga come
quella che ora voi mi descrivete: perciò vi prego di porgere suppliche al
nostro Dio perché faccia tale anche l’anima mia!».
Allora la divina Madre gli diceva: «Lodiamo il nostro Dio e ringraziamolo
per il grande bene che ci ha fatto dandoci la Sua grazia e i Suoi doni».
E così si ponevano a lodare e ringraziare il Datore di tutto.
La divina Madre accompagnava le offerte che il suo Figliuolo faceva
all’eterno Padre, e lo diceva spesso anche a Giuseppe, perché anch’egli si
unisse ad essi nelle offerte al divin Padre, come anche nelle suppliche; di
questo ne riceveva molto gusto il divino Fanciullo, e molta gloria il divin
Padre. Spesso diceva san Giuseppe alla sua Sposa, Maria, che gli insegnasse
ciò che doveva fare per piacere al suo Dio e fargli cosa gradita. La divina
Madre non tralasciava di compiacerlo e consolarlo, cosa tanto gradiva il nostro
Giuseppe; egli si professava a lei tanto obbligato, e sempre più procurava
di mostrarsi grato.
Così facevano questo viaggio, in parte cantando lodi al loro Dio, in
parte narrando le sue misericordie, in parte spendendo il tempo in sacri
colloqui, in parte ammirando le opere dell’Altissimo ed in tutto e per tutto
mostrandosi grati di quanto Egli operava per loro consolazione e per la salute
del genere umano.
Arrivati a Gerusalemme, prepararono quello che era necessario per
la presentazione del Bambino e per riscattarlo; tutto procurò il nostro Giuseppe
con grande sollecitudine, cioè: due colombe e due tortore per la divina
Madre e cinque monete per riscattare il Bambino.
Non tralasciò in questa occasione il nostro Giuseppe di ammirare la
virtù della sua Sposa Maria, e la grande umiltà che praticava nel volersi purificare
come le altre donne, [pur] essendo ella purissima e senza alcuna macchia.
Ammirò ancora l’umiltà del suo Salvatore, il quale volle comparire ed
essere presentato e riscattato come gli altri fanciulli. Tutto ammirava e tutto
conservava nel suo cuore, e poi lo meditò per tutto il tempo di sua vita, ricordandosi
sempre di quanto il Redentore e la divina Madre operavano al
presente ed avevano operato per l’addietro.
Andato al Tempio il nostro Giuseppe con la divina Madre e il Bambino
Gesù, [tutti e tre] furono ricevuti ed accolti con grande amore dal santo
vecchio Simeone, come anche da Anna, detta la profetessa. Erano venuti
il santo Vecchio e la Profetessa al Tempio per ispirazione dello Spirito
Santo e [Simeone] per godere della promessa che Dio gli aveva fatto cioè
che prima della sua morte avrebbe veduto il nato Redentore.
Fatte le cerimonie della purificazione, conforme al comando della
Legge, Simeone prese il Fanciullo nelle sue braccia per offrirlo a Dio. Ricevuto
il Messia nelle sue braccia, Simeone fu ripieno di una grande consolazione
e di Spirito Santo. Conobbe il suo Salvatore ed alzando la voce
compose il cantico: Nunc dimittis servum tuum, Domine, bramando di morire,
dopo avere ricevuta la grazia promessa. San Giuseppe osservava tutto
con molta attenzione, e vide il divino Infante tutto sfavillante di chiarissima
luce; e, pieno di consolazione, andò in estasi per brevissimo tempo: in essa
gli furono rivelati i misteri racchiusi nella presentazione del divino Fanciullo.
Il vecchio Simeone goduto per qualche tempo del suo Dio Umanato tenendolo
fra le sue braccia, la divina Madre lo riscattò con le cinque monete,
e lui le rese il suo Bambino, il quale esultò quando fu nelle braccia materne.
Intanto, tornato dall’estasi, il nostro Giuseppe stava attento a quanto
succedeva. Si rallegrò il santo Simeone con la divina Madre per la sorte che
le era toccata, come anche con san Giuseppe, e raccomandò ad ambedue il
Fanciullo. E tra tante consolazioni che ognuno qui sperimentava, il santo
Vecchio disse – rivolto alla divina Madre – che il suo Bambino sarebbe stato
la rovina e la risurrezione di molti, e da molti sarebbe stato contraddetto; e
l’anima sarebbe stata trapassata dalla spada del dolore.
Restò ferito nel cuore il nostro Giuseppe all’udire le parole che il
Profeta disse alla sua Sposa, perché ne capì in qualche modo il significato, e
quantunque procurasse di mostrarsi generoso, si rattristò il Santo e pianse
amaramente, e portò sempre nel cuore scolpite quelle parole, le quali gli procurarono
una continua afflizione e acuto dolore.
Ma molto più restò trafitta da acuto dolore la divina Madre, che già
capiva tutto chiaramente, e la spada del dolore non partì mai più dal suo cuore
verginale.
Parlò alla divina Madre anche la Profetessa Anna, e le profetizzò la
passione e morte del suo Figliuolo, ma ciò non intese il nostro Giuseppe, altrimenti
sarebbe morto di dolore. Tanto si trovava angustiato il suo cuore per
le parole di Simeone, che fu necessario che Dio con la sua grazia lo sostenesse,
perché non venisse a mancare.
La divina Madre sostenne tutto il dolore, perché le fu rivelato tutto.
È vero che già era informata di tutto, ma il sentirselo ricordare e profetizzare
con così vive espressioni le causò un sommo dolore; tutto però tenne dentro
di sé, anzi lei consolò il suo afflittissimo sposo Giuseppe, come si dirà.
Il nostro Giuseppe aveva un grande desiderio di parlare da solo a solo
con la divina Madre e conferirle quello che aveva udito e inteso, ma si
trattennero per qualche tempo al Tempio, perché la divina Madre teneva il
suo Gesù stretto al petto e faceva tutti quegli atti di amore, di gratitudine, di
compassione, di ringraziamento che sapeva fare una tale madre.
Era nel colmo delle sue afflizioni: [allora] non tralasciò di consolarla
il suo divin Figliuolo, ed ella stessa lo pregò di volersi degnare di consolare
il suo afflittissimo sposo Giuseppe, cosa che l’infante divino fece.

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Libro II – (10) Capitolo X – San Giuseppe partì da Betlemme con la divina Madre; ed andarono a Gerusalemme a presentare al Tempio il Bambino Gesù; ciò che praticò san Giuseppe in questa occasione e le GRAZIE CHE RICEVETTE