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Un uomo di nome Paolo, che aveva dignità di «Illustre» e possedeva moglie

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Un uomo di nome Paolo, che aveva dignità di «Illustre» e possedeva moglie, figli e vasta fortuna, volle farsi monaco e schiavo di Dio. Chiamò sua moglie e i suoi figli e gli rivelò il suo proposito. Scoprì che vi aspiravano anch’essi come lui e quanto lui bruciavano dal desiderio della vita monastica. Disse loro: «Se veramente lo desiderate, vi venderò come schiavi ai monasteri». Ed essi accettarono con gioia. Condusse dunque sua moglie, in semplice veste di schiava e con la parte di beni che le spettava, a un monastero di donne.

La consegnò alla superiora affinché vi fosse schiava e insieme lasciò al cenobio i beni di lei. Allo stesso modo condusse i suoi figli a un altro monastero e li consegnò come schiavi al superiore, insieme con i beni che aveva loro ripartito. Finalmente andò a un terzo monastero e
vi si diede in schiavo. Disse all’abate: «Se me lo consenti, vorrei entrare in chiesa da solo». Ricevuto il permesso, vi entrò e, a porte chiuse, distese le mani e disse ad alta voce: «Mio Dio, tu sai che sono venuto a te con tutto il mio cuore». E gli giunse una voce che disse: «Sì, lo so, e con tutto il cuore io ti ricevo».

Visse a lungo nel cenobio ricercandovi, da schiavo, i lavori più grossolani. Dopo la sua morte il suo sepolcro risplendé di profumi e vi accaddero molti segni e portenti.
[P.E., II, 1, 18 *]

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