Un giovane che desiderava abbandonare il mondo partì, verso il deserto. Scorse una torre, meglio una cella edificata in forma di torre. Si disse: “Servirò sino alla morte colui che troverò in quella torre”. Corse a bussare. Usci un monaco anziano e gli disse: «Che vuoi?». Rispose: «Vengo a chiederti una carità».
L’anziano lo accolse, lo fece riposare e gli disse: «Non hai nulla da fare altrove?». «No», rispose il ragazzo, «è qui che voglio restare». A queste parole il monaco lo congedò (poiché era caduto nell’impurità e aveva con sé una donna). Disse dunque al fratello: «Se vuoi progredire, va’ in un monastero, poiché qui con me c’è una donna». Il giovane gli disse: «Sia tua moglie o tua sorella, non voglio saperlo: vi servirò sino alla morte».
Parecchio tempo dopo, poiché il fratello li serviva in tutto senza discutere, il monaco e la donna dissero tra loro: «Non ci basta il peso delle nostre colpe, dovremo rispondere anche di quest’anima? Abbandoniamo dunque questi luoghi e lasciamogli la cella». Presero allora con sé tutto ciò che poterono e dissero al fratello: «Noi andiamo a sciogliere un voto, tu rimani a custodire la cella». Ma, partiti che furono, il fratello comprese il loro intento e si gettò sui loro passi.
Vedendolo arrivare, si turbarono e dissero: «Sino a quando ci condannerai? Hai la cella, restaci e vigila su te stesso». Disse il ragazzo: «Non sono venuto per la cella ma per servirvi sino alla morte». A tali parole, essi furono toccati dalla compunzione e decisero di ritornare a Dio. La donna partì allora per un monastero e l’anziano tornò alla sua cella. Così, grazie alla pazienza del fratello, furono entrambi salvi.
[P.E., I, 27, 3 *]