Un monaco aveva sotto la sua autorità un altro monaco, che abitava in una cella distante dieci miglia. Gli venne l’idea di chiamare quel fratello perché venisse a prendere un pane. Poi rifletté e si disse: “Per un pane, impongo al mio fratello la fatica di dieci miglia? Vado piuttosto a portargli metà del pane”. Lo prese, dunque, e se ne andò alla cella del fratello. Per strada inciampò con l’alluce del piede e sgorgò sangue. Il monaco si mise a piangere di dolore, ma ecco che un angelo venne a dirgli: «Perché piangi?». Il monaco gli disse: «Mi sono ferito l’alluce e soffro».
L’angelo gli disse: «E piangi per questo? Non piangere, ché i passi che fai per il Signore sono contati e ti varranno una gran ricompensa davanti a Dio. E affinché tu lo sappia, ecco che in tua presenza io prendo del tuo sangue e lo offro a Dio». Allora, in resa di grazie, il monaco continuò la sua strada verso l’altro monaco. E gli donò il pane e gli raccontò la bontà di Dio, poi ritornò alla propria cella. L’indomani, prese l’altra metà del pane e se ne andò da un altro monaco. Ora, quest’altro monaco era anche lui per strada e si incontrarono a mezza via. Colui che aveva fatto la buona azione cominciò a dire all’altro: «Avevo un tesoro e tu hai cercato di togliermelo». L’altro gli disse: «Dove sta scritto che la porta stretta non può lasciar passare che te? Lasciami entrare con te». E di colpo, mentre parlavano, un angelo del Signore apparve e disse loro: «La vostra emulazione è salita al Signore in odore di soavità».
[N, 441 (P.E., 36, 33-35)]