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La Vita di San Giuseppe della Serva di Dio Cecilia Baij O.S.B. (versione audio e testo) - audiolibro mp3 online

Libro II – (6) Capitolo VI – Arrivo di san Giuseppe con la divina Madre a Betlemme, l’esclusione dall’albergo; come si comportò in questa occasione san Giuseppe, e le virtù che praticò

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Libro II – (6) Capitolo VI – Arrivo di san Giuseppe con la divina Madre a Betlemme, l’esclusione dall’albergo; come si comportò in questa occasione san Giuseppe, e le virtù che praticò

Arrivato il nostro Giuseppe con la sua santa Sposa a Betlemme, resero
insieme grazie al loro Dio perché li aveva fatti arrivare felicemente. Si rallegrò
molto il nostro Giuseppe quando si vide arrivato, pensando di trovare
un luogo conveniente per poter dare qualche ristoro alla sua Sposa ed anche
a se stesso, essendo molto afflitti dal freddo e stanchi per il viaggio.
Entrarono a Betlemme sull’ora tarda. Il paese era pieno di forestieri
e gli alberghi tutti occupati dalla moltitudine del popolo qui accorso. Il nostro
Giuseppe stimò bene andare per quella sera in qualche albergo comodo
per ristorarsi. Al primo che si appressò non vi trovò posto alcuno, perciò
molto si afflisse a causa della divina Madre che tanto pativa. Andò ad un altro
albergo, e pure qui non vi trovò posto per lui e per la sua Sposa. Crebbe
molto più l’afflizione del nostro Giuseppe, ma non gli mancò però la speranza
di trovarne un altro, solo gli dispiaceva molto il dover condurre con sé la
divina Madre, perché temeva che ciò servisse a lei di confusione e di pena.
Andò in un altro albergo e nemmeno in questo poterono avere alloggio.
Aumentò molto la pena e trafisse il cuore del nostro Giuseppe, vedendosi
da per tutto escluso. Erano afflitti dal freddo, e così tremante, andava in
cerca dell’albergo, e non lo trovava. Manifestò la sua grande pena alla divina
Madre, la quale non mancava di consolarlo, dicendogli che tutto permetteva
Dio per i suoi altissimi fini: Ma l’afflitto Giuseppe piangeva e diceva
alla sua Sposa: «È possibile, o Sposa mia, che non ci debba essere un angolo
dove si possa ricoverare il Padrone dell’universo? Il mio cuore si strugge
per la pena che sente!».
Si risolvette di andare dai suoi congiunti, credendo che qui avrebbe
trovato qualche ricovero, se non altro almeno per stare al coperto, ma gli riuscirono
vane tutte le sue speranze. La divina Madre sapeva già tutto, ma non
diceva cosa alcuna, lasciando che l’afflitto Giuseppe andasse in cerca di ricovero,
conoscendo essere tale la volontà del suo divin Figlio.
Andò in vari luoghi l’afflitto Giuseppe, ma da tutti fu escluso, tanto
dai congiunti come dagli amici, essendo tutti i luoghi occupati, e nessuno faceva
conto di loro, perché li vedevano poveri; anzi, non vi mancò chi –
avendoli più volte incontrati – li trattò da vagabondi e curiosi nell’andare girando
a quell’ora così tarda ed in tempo così rigido. Tutto soffrirono con
grande pazienza i santi sposi, tenendo celata nei loro cuori la grande afflizione
che provavano. L’afflitto Giuseppe si rivolse alla sua amata Sposa e la
supplicò che dicesse al divin suo Figlio che si degnasse di provvederli in così
grande bisogno perché, facendosi notte, non sapeva più cosa fare.
La divina Madre lo consolava e l’esortava a soffrire con pazienza il
travaglio e la scortesia di quel popolo, e ad aspettare la divina provvidenza,
ed accomodarsi a ciò che Dio aveva già ab aeterno decretato.
Si accomodava a tutto l’afflitto Giuseppe, ma diceva alla sua Sposa:
«Chi mai avrebbe pensato che tanta gente, che qui è, tutta abbia trovato
qualche ricovero, e solo noi siamo da tutti esclusi, e da nessuno compatiti e
accettati! Quanta pena soffre il mio cuore nel vedervi, Sposa mia, in tanta
necessità, e non potervi dare alcun sollievo, né ristorarvi dal grande freddo
che soffrite! Ma se lo soffre un Dio, dobbiamo soffrirlo anche noi».
La divina Madre lo consolava e l’animava a soffrire tutto allegramente
per amore di quel Dio che portava, e gli diceva: «Quanta pena soffrirà
l’Umanato Verbo nel vedere l’ingratitudine di questa città e che non vi sia
alcuno che voglia riceverlo nella sua casa!». Infine, essendo già notte e non
avendo trovato luogo alcuno per ricoverarsi, se ne stavano lì afflitti, non sapendo
che fare.
Quanto sentisse questo travaglio il nostro Giuseppe, non è facile poterlo
immaginare, perché egli sapeva chi era la sua Sposa ed il Figlio che
portava nel suo purissimo seno.
La divina Madre stava tutta assorta trattando col suo divin Figliuolo
e bramando di vederlo presto nato a beneficio del mondo. Intanto Dio ispirò
l’afflitto Giuseppe, e gli fece ricordare che fuori di Betlemme vi era una spelonca
aperta, che serviva per ricovero delle bestie; e si risolvette di andare là,
per non stare sulla strada pubblica. Con grande afflizione del suo cuore, lo
manifestò alla sua Sposa, la quale anche lei stimò bene di laggiù ritirarsi; e
così si incamminarono.
Piangeva l’afflitto Giuseppe e spiegava la sua afflizione all’Umanato
suo Dio, e gli diceva: «O mio divin Redentore, chi mai avrebbe pensato che
voi e la vostra Santa Madre vi ridurreste a tanta miseria da non avere neppure
un angolo per ricoverarvi, ed essere da tutti escluso, e ridurvi ad andare in
una stalla di bestie?! Forse le mie colpe, la mia indegnità sarà la causa di tanto
vostro dispregio e patimento!». Lo consolava però l’Umanato Verbo con
luce e consolazioni interne, ed anche la divina Madre l’animava a soffrire e
riconoscere in quell’occasione la divina permissione.
Arrivati alla spelonca, i santi sposi la trovarono libera e disabitata.
Vi entrarono, e nell’entrarvi intesero una consolazione molto grande, assai
più che se fossero entrati in un sontuoso palazzo.
L’afflitto Giuseppe conobbe chiaramente che quella era la volontà di
Dio, cioè che si fossero qui ricoverati; perciò, tutto consolato, unito con la
divina Madre, ne rese grazie al suo Dio, e i loro cuori si riempirono di giubilo
ed allegrezza. Perciò si sentirono ristorati, il nostro Giuseppe non lasciava
di magnificare le opere del suo Dio e adorare e venerare le sue disposizioni
mirabili. Manifestò, il nostro Giuseppe, la consolazione sperimentata alla divina
Madre, la quale ne prese spunto per fargli animo a soffrire sempre più
con allegrezza i disagi, perché poi Dio li ricompensa con tanta consolazione.
«È vero – le diceva il suo Giuseppe – è vero, Sposa mia, che il nostro Dio si
mostra liberalissimo a ricompensare i travagli sofferti per Suo amore, ma il
mio cuore non si può rassegnare nel vedervi in tanto patimento.
Io bramo che il nostro Dio sia da tutti riconosciuto e venerato, e invece
al vederlo così escluso da tutti – come anche, voi che siete stata fatta
degna di essere sua Madre: tutti vi dovrebbero rispetto, e amore -, e nel vedere
poi tanta scortesia e ingratitudine, ne sento pena, tanto grande! Per quello
che appartiene alla mia persona, sono contento, perché infatti così merito,
ma per voi e il vostro Figlio, mi pare troppo e mi sembra insoffribile! Solo
mi quieta il pensiero che Dio così dispone e così vuole per altissimi suoi fini,
come già voi mi diceste».
Il nostro Giuseppe poi stimò bene preparare un po’di fuoco per la
divina Madre e lo fece meglio che potè, con quella miseria e povertà che già
ognuno può immaginare, tutto consolato e uniformato alla volontà del suo
Dio, il quale benediceva e lodava ogni momento con tutto il suo cuore.

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Libro II – (6) Capitolo VI – Arrivo di san Giuseppe con la divina Madre a Betlemme, l’esclusione dall’albergo; come si comportò in questa occasione san Giuseppe, e le virtù che praticò