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La Vita di San Giuseppe della Serva di Dio Cecilia Baij O.S.B. (versione audio e testo) - audiolibro mp3 online

Libro II – (3) Capitolo III – Come fu rivelato a san Giuseppe il mistero dell’Incarnazione del Divin Verbo nel seno purissimo della sua sposa Maria Santissima, parlandogli l’Angelo nel sonno; e di ciò che egli in tale occasione praticò.

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Libro II – (3) Capitolo III – Come fu rivelato a san Giuseppe il mistero dell’Incarnazione del Divin Verbo nel seno purissimo della sua sposa Maria Santissima, parlandogli l’Angelo nel sonno; e di ciò che egli in tale occasione praticò.

All’afflitto Giuseppe, addormentatosi, apparve PAngelo e gli parlò
nel sonno, come era solito, e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere
di ricevere Maria per tua sposa, perché il figlio che porta nel suo ventre
è concepito per opera dello Spirito Santo. La tua Sposa partorirà questo figlio
che chiamerai Gesù, ed egli sarà la salvezza del suo popolo e del mondo
intero, che viene a redimere e a liberare dalla schiavitù del peccato.
Riconosci la grazia sublime che Dio ti ha fatto a fare nascere dalla
tua Sposa il Messia promesso.
Vedi quanto santa e quanto degna è la tua Sposa, la quale già avevi
lasciata, mentre Dio l’ha eletta per Madre del Verbo Incarnato!»
L’Angelo non disse altro perché Giuseppe in un impeto di gioia si
destò, e fu così grande il giubilo e l’allegrezza del suo cuore che Dio dovette
fare un miracolo della sua potenza, perché il nostro Giuseppe non restasse
assorbito nel mare della consolazione: essa era così grande che senza dubbio,
vi sarebbe morto.
Destatosi, il fortunato Giuseppe alzò le mani al cielo ed esclamò:
«Dio mio! Dio di bontà immensa! E come mai ho meritato io grazia così sublime?!
E chi mai avrebbe potuto pensare che la Maestà vostra mi facesse
grazia così sublime!» Poi si pose con il volto sul suolo, e con calde lacrime
supplicò il suo Dio di perdonare il suo grande errore nel determinare di partire
e di abbandonare la sua Sposa Maria.
Il nostro Giuseppe piangeva per la risoluzione presa e diceva: «Mio
Dio, quanto sono stato ingrato verso il beneficio grande che mi avete fatto
nel darmi per compagna una creatura così degna! Infatti io, temerario, ingrato,
volevo abbandonarla e da lei allontanarmi; e se Voi non mi aveste rivelato
il grande mistero, sarei partito ed avrei perso tutta la mia fortuna. Ed allora
che sarebbe stato di me infelice, miserabile?! Quanto buono siete Voi, mio
Dio! Quanto generoso nelle vostre grazie verso di me, ingrato, non riconoscente!
Ma non ho alcun dubbio di credere che Voi mi abbiate in tale modo
consolato per i meriti e per le suppliche della mia Santissima Sposa.
Ora vi supplico per i meriti della medesima di volervi degnare di
perdonarmi dell’errore commesso».

Stava con la faccia a terra, l’umile Giuseppe, domandando al suo
Dio perdono, quando Egli si fece sentire con la divina sua voce nel più profondo
del cuore dell’umiliato Giuseppe. Dio l’assicurò non solo del perdono,
ma anche dell’ardente amore che gli portava, dicendogli: «Giuseppe, mio fedele
servo, tu sei da me amato».
Molto consolato per avere udito la voce del suo diletto, il nostro
Giuseppe si alzò e rese affettuose grazie al suo Dio e non lasciava di ripetere
le parole del Profeta: «Secundum multitudinem dolorum meorum in corde
meo, consolationes tuae laetificaverunt animam meam»m .
Giuseppe si trovava in un desiderio assai grande di vedere presto la
divina sua Sposa e diceva: «Sposa mia cara! Colomba mia innocentissima! O
Madre degnissima dell’Incamato Verbo! Come farò io a comparirvi davanti?
Il mio cuore brama di vedervi, ma ho grande timore che voi mi scacciate dalla
vostra presenza, e con ragione potreste farlo, perché a voi tutto è palese.
Voi già avete veduto la mia infedeltà, la mia ingratitudine, ma se mi
ha perdonato il mio Dio, spero che anche voi mi perdonerete ad imitazione
sua, perché anche voi siete tutta clemenza e tutta bontà.
O divina Madre, non è da meravigliarsi se io scorgevo in voi tanta
luce, tanta chiarezza e tanta bellezza e grazia! Voi portate nel vostro purissimo
seno il grande Figlio di Dio ed io, miserabile, ho dubitato. Perché non
riprendevate la mia perversità, il mio ardire?! O amata mia Sposa, come potrò
io comparirvi davanti Eppure il mio cuore desidera ardentemente di vedervi
presto per domandarvi perdono e per adorare in voi la maestà del mio
Dio!».
Mentre diceva ciò, il fortunato Giuseppe andò con impeto alla porta
della stanza dove dimorava la divina Madre, e qui si pose genuflesso ad
aspettare che ella uscisse fuori, per prestarle ancora i dovuti ossequi, come
Madre del divin Verbo Incarnato. Qui il nostro Giuseppe fu rapito in estasi, e
vide la sua divina Sposa che stava pregando, e vide e adorò il Divin Verbo
nel suo seno purissimo come dentro ad una custodia. Qui l’anima di Giuseppe
si inondò in un mare di gioia, e dal Verbo Incarnato gli furono rivelati altissimi
misteri dell’Incarnazione.
Tornato dall’estasi, mentre la divina Madre tardava ad uscire, Giuseppe
si pose a riordinare la casa e disfare il fagotto che già aveva fatto per
partire. Poi si pose di nuovo genuflesso ad aspettarla. Ella uscì fuori tutta
luminosa, bella sopra modo e graziosa, e il fortunato Giuseppe vide con gli
occhi corporali quello che aveva veduto prima in spirito nell’estasi avuta.
Adorò con profonda adorazione il Divin Verbo incarnato nel seno verginale
della sua santa Sposa; e si dedicò di nuovo tutto al suo servizio.

Dopo adorò la divina Madre, le domandò perdono della risoluzione
presa, e si disse suo umile servo, e con lacrime di dolore e di giubilo le replicava:
«O Madre Santissima del Divin Verbo, io vi adoro e vi supplico di
perdonarmi. Non sono degno di stare alla vostra presenza, merito di essere
scacciato da voi, divina Madre!».
Furono molti gli atti di umiltà, di riverenza e di dolore che praticò il
fortunato Giuseppe, ma l’umilissima regina Maria Santissima lo superò.
L’assicurò del suo amore, lo compatì nella risoluzione di lasciarla, gli fece
animo e non volle permettere che lui la servisse, come da lui gli fu richiesto,
né che si mutasse lo stile che da essi si era tenuto per il passato. Si alzò da
terra l’umile Giuseppe, e incominciò a discorrere con la sua santa Sposa, alla
quale narrò quello che dall’Angelo gli fu nel sonno rivelato.
Allora benediceva tutte le angustie che aveva sofferto in quella circostanza,
che gli avevano meritato tanta grazia di farlo consapevole del
grande mistero dell’incarnazione; e diceva alla sua Sposa: «Quanto è grande
il giubilo del mio cuore! Non so narrarlo, ma voi già lo vedrete. Perciò vi
prego di rendere grazie per me al nostro Dio di infinita bontà». E si posero a
lodarLo e ringraziarLo insieme: la divina Madre componeva nuovi cantici di
lodi e di ringraziamenti.
Dopo si trattennero per qualche tempo a discorrere sopra il beneficio
singolarissimo che Dio aveva fatto al mondo di mandare il Messia promesso
e del beneficio fatto ad essi in particolare di prendere carne umana nel purissimo
seno della Santissima Vergine, che tanto si umiliava e si reputava indegnissima.
Diceva il fortunato Giuseppe alla sua Sposa: «Chi mai avrebbe
pensato che il Messia volesse nascere da voi e stare con noi?! Che sorte felice
è stata la nostra! Chi potrà mai lodare e ringraziare abbastanza, Bontà e
Liberalità così grande!
Io sono del tutto insufficiente, ma voi, Sposa mia amabilissima, potete
farlo degnamente, perché siete stata degna di esserGli Madre!»
Si umiliava la divina Madre all’udire le parole del suo sposo Giuseppe,
ed a queste riflessioni se ne andavano ambedue in dolcissima estasi.
Dopo il suo sposo Giuseppe le narrava tutti i prodigi che in lei aveva
veduti per l’addietro e le diceva come si sentiva spesso tirare internamente
con violenza ad andare spesso a vederla, e che quando lei non lo vedeva, lui
l’adorava non potendone fare a meno; e diceva: «Non è meraviglia che io a
ciò fossi spinto da impulso interno: infatti, in voi abita il mio Dio! Certo è
che il mio spirito era attirato ad adorare il bramato Messia.
E provavo nel trattenermi con voi così tanta consolazione, da non
poter in modo alcuno starvi lontano, se non facendomi molta violenza».
«Mio Dio, – soggiungeva – Voi tiravate il mio cuore come dolce calamita,
ed il mio cuore non sapeva da dove ciò procedesse. Vi adorava, ma non vi
conoscevo, bramava stare sempre alla Vostra adorabile presenza, ma non sapeva
dove Voi dimoravate.
Lodo ed esalto la Maestà Vostra che, quantunque da me non fosse
adorata come dovevo – perché non vi conoscevo -, tuttavia mi dispensava
tante grazie». Poi ritornava a parlare con la sua Sposa, e le diceva che molte
volte l’aveva veduta con il volto coperto di chiarissima luce.
Ed altre volte aveva sentito un odore tanto soave che non sapeva a
che paragonarlo: per lui restava ricreato e nell’anima e nel corpo. E spesso si
sentiva come atterrire dalla maestà del suo aspetto, ma nello stesso tempo si
sentiva animare e riempire di fiducia e di confidenza. «E tutto ciò – le diceva
– credevo che procedesse dalla divina grazia che abbondantemente si diffondeva
nell’anima vostra, che voi aveste trattato con Dio nell’orazione, ma non
ho mai pensato che il Divin Verbo si fosse degnato di prendere carne umana
nel vostro seno e qui abitare. Se ciò avessi potuto conoscere, non avrei
commesso tante ingratitudini e irriverenze verso il mio Umanato Signore, né
avrei permesso mai che voi vi foste impegnata negli uffici più bassi di casa.
Quanto differentemente mi sarei comportato e quanto più spesso avrei adorato
e venerato il mio Umanato Dio nel vostro purissima seno!».
Rispondeva con grande umiltà la divina Madre, e diceva che così
aveva permesso Dio, e che lei doveva, quantunque Madre del Divin Verbo,
umiliarsi e servirlo come aveva fatto per il passato. Lei doveva abbracciare,
non sfuggire, le umiliazioni e gli uffici bassi, perché tanto si era umiliato ed
abbassato un Dio.
Restava confuso il nostro Giuseppe al sentire le parole della divina
Madre, e nel vedere che, per quanto lui si sforzasse di volerla servire con
cordiali espressioni, non poteva riuscire nel suo intento. Infatti gli era di
molta pena perché la sua Sposa non voleva essere servita da lui che si doleva
con lei; e le diceva spesso: «Lasciate, Sposa e colomba mia, che io vi serva,
perché il servizio che voglio fare a voi, intendo di farlo al nostro Dio, il quale
abita in voi!».
E lei con cortesi maniere gli rispondeva di pazientare un poco ancora,
perché avrebbe ottenuto il suo intento di servire al suo Dio dopo che fosse
nato. «Allora – gli diceva – lo serviremo insieme e lo terremo nelle nostre
braccia, le quali più di una volta gli serviranno da culla, dove Egli prenderà
il suo riposo». A queste parole piangeva per il giubilo il fortunato Giuseppe,
e diceva alla sua Sposa: «Divina Madre! Sarà vero che io arriverò a godere
di così bella sorte! Stringerò al mio petto e terrò fra le mie braccia il mio Redentore?!
Oh, grazia sublime! E dove mai a me questo?!». Così dicendo andava
in estasi, e si accendeva di amore in modo che, tutto rubicondo nel volto,
sembrava un serafino.

Di ciò godeva molto la divina Madre, e rendeva grazie a Dio da parte
del suo Sposo, perché tanto lo favoriva e ricolmava l’anima sua di tante
grazie ed il suo cuore di tanto amore. In queste estasi poi dal divin Verbo Incarnato
erano manifestati molti segreti al fortunato Giuseppe, circa il mistero
dellTncamazione e la vita che avrebbe condotto il Verbo Incarnato.
Egli poi li manifestava alla divina Madre; e benché ella tutto sapesse,
nondimeno godeva molto di sentirli narrare dal suo sposo Giuseppe,
prendendo da ciò motivo per lodare di nuovo la divina bontà e magnificare la
grandezza delle opere del suo Dio. Restavano il nostro Giuseppe con la divina
Madre sempre più ammirati, ed esclamavano insieme: «Oh, bontà ineffabile
del nostro Dio! Oh, amore! Oh, carità immensa! Chi mai avrebbe creduto
che un Dio d’infinito potere si volesse degnare di vivere in tale modo con
noi, in tanta povertà e così sconosciuto al mondo?!»
La divina Madre ammaestrava il suo sposo Giuseppe, e gli diceva
che per essi era d’obbligo di supplire alle mancanze di tutte le creature che
non l’avrebbero conosciuto e che, avendo loro la bella sorte di conoscerlo e
di custodirlo, dovevano stare in continui atti di lode, di ringraziamento, di
ossequio e di amore, corrispondendo per quanto potevano a così grande beneficio.

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Libro II – (3) Capitolo III – Come fu rivelato a san Giuseppe il mistero dell’Incarnazione del Divin Verbo nel seno purissimo della sua sposa Maria Santissima, parlandogli l’Angelo nel sonno; e di ciò che egli in tale occasione praticò.