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La Vita di San Giuseppe della Serva di Dio Cecilia Baij O.S.B. (versione audio e testo) - audiolibro mp3 online

Libro II – (1) Capitolo I – 26 APRILE 1736 Giuseppe arrivò a Nazaret con la Santissima Vergine; ciò che OPERÒ IN QUEI PRIMI GIORNI E LE VIRTÙ CHE ESERCITÒ

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Libro II – (1) Capitolo I – 26 APRILE 1736 Giuseppe arrivò a Nazaret con la Santissima Vergine; ciò che OPERÒ IN QUEI PRIMI GIORNI E LE VIRTÙ CHE ESERCITÒ

I santi sposi, arrivati a Nazaret, loro patria, sentirono ambedue una
grande consolazione, nell’entrare nella loro piccola casetta; la Santissima
Vergine per la devozione che aveva in quella stanza, dove si era operato il
grande Mistero dell’Incarnazione del Divin Verbo, ed il nostro Giuseppe,
perché in quel luogo vi aveva sperimentato grazie particolari e favori sublimi
della liberalità del suo Dio. Giuseppe, quantunque non sapesse nulla di quanto
qui si era operato, tuttavia aveva un grande affetto e particolare devozione.
Appena arrivati, pregò la sua santa Sposa di volerlo compiacere di condurlo
con lei nella sua stanza, per lodarvi e ringraziarvi Dio della grazia loro
accordata di arrivare felicemente nella loro patria. Lo compiacque la santa
Sposa e qui insieme in terra genuflessi, adorarono e ringraziarono Iddio.
Dio consolò il nostro Giuseppe con una sublime estasi nella quale
gustò la soavità dello spirito del suo Dio e capì grandi cose riguardo la santità
della sua Sposa: Dio in quell’estasi gli rivelò quanto cara e gradita Gli fosse.
Anche la divina Madre fu favorita di molte grazie. Passato un pezzo in
tali consolazioni, tornò dall’estasi il fortunato Giuseppe e vide la sua sposa
Maria tutta circondata di luce: si trattenne per qualche tempo nel mirarla e
contemplare in lei le grazie del Signore.
La divina Madre era ancora sollevata in altissima contemplazione, e
Giuseppe godeva di vederla tanto favorita dal suo Dio; e lo ringraziava affettuosamente
per averlo tanto favorito nel dargli una sposa così degna. Piangeva
per dolcezza e tra sé diceva: «Mia cara ed amata sposa, dove mai ho io
meritato di stare con voi e di godere la vostra compagnia tanto desiderabile?!
Oh, grazia non mai da me meritata, ma solo dispensatami dalla bontà immensa
del nostro Dio, liberalissimo verso di me, suo vile servo!»
Mentre Giuseppe diceva queste cose, la divina Madre tornò ai propri
sensi e incominciò a trattare col suo Giuseppe della bontà e liberalità del loro
Creatore, e compose un sublime cantico.
L’animo di Giuseppe si inondava in un mare di gioia e tutto si perdeva
in amore verso il suo buon Dio, e cresceva in lui sempre più la venerazione
ed l’amore verso la sua santa Sposa. Dopo le narrò quello che in quella
stanza gli era capitato quando lei non vi era, e che lui vi andava a pregare, e
le molte grazie che Dio in quel luogo gli aveva partecipate, e la molta consolazione
che vi aveva sperimentata nei suoi travagli.
Già sapeva tutto la divina Madre; tuttavia si mostrava indifferente e
gradiva quanto il suo Giuseppe le narrava. E poiché ella era umilissima, gli
diceva che tutto riconoscesse dalla sola liberalità del suo Dio e che Egli in
alcuni luoghi concede più abbondanti le sue grazie, e che potevano pensare
che si fosse scelto quella stanza per mostrare la sua liberalità, perché anche a
lei concedeva delle grazie in quel luogo.
Restava di tutto persuaso il nostro Giuseppe, e pregò la sua Sposa di
farlo andare qui qualche volta a pregare, specialmente quando fosse stato in
travaglio, perché avesse potuto ricevere le solite grazie dalla divina liberalità.
Le disse: «Quantunque voi, Sposa mia, siete sufficiente a consolarmi nelle
mie afflizioni, tuttavia bramo anche questa consolazione: venire in questa
stanza a pregare, quando però non sia di fastidio a voi, cioè quando voi state
occupata a riordinare la casa o preparare il cibo a noi necessario, così non vi
sarà di disturbo».
Chinò la testa l’umilissima Sposa, e si mostro prontissima a quanto
egli desiderava: così il nostro Giuseppe restò consolato. Osservava la sua
Sposa quando era occupata in qualche cosa, allora andava per breve tempo
nella detta stanza, dove Dio gli concedeva molti favori, facendosi gustare
all’anima sua molto abbondantemente.
Il Santo si sentiva molte volte attirare interiormente [verso quella
stanza] quando vi era la divina Madre in orazione. Ed egli si poneva al di
fuori della stanza per non disturbare la sua Sposa, e qui genuflesso adorava il
suo Dio e lo supplicava – poiché non poteva entrare per non disturbare le
orazioni della sua Sposa – si degnasse di compartirgli, in quel luogo, qualche
lume e qualche buon sentimento.
E ciò gli domandava per l’amore che egli portava alla santissima
Sposa Maria che gli aveva data per compagna. Dio non tardava a consolarlo,
comunicandosi abbondantemente all’anima sua. Si umiliava molto il nostro
Giuseppe, e di tutto si riconosceva indegnissimo, e perciò domandava spesso
le grazie al suo Dio per i meriti della sua santa Sposa: già sapeva quanto era
cara ed accetta a Dio e quanto fosse amata e favorita da Lui.
Cresceva sempre più nel Santo la stima e la venerazione verso la sua
sposa Maria, in modo tale, che quando ella stava in orazione o in qualche
posto che da lei non fosse veduto, le faceva degli inchini; e ciò lo faceva per
interno impulso.
Egli credeva che ciò procedesse per la santità che in lei scorgeva,
benché era per un motivo assai più sublime, che il santo Sposo ancora non
intendeva, ed era che il Divin Verbo, che in lei abitava, attirava a sé lo spirito
di Giuseppe a venerarlo e adorarlo nel seno verginale [di lei].

Scorgeva poi nella sua Sposa sempre maggior grazia e bellezza e la
vedeva ornata di virtù le più sublimi, in modo tale che restava preso dalla
meraviglia, e non poteva penetrare da dove ciò procedesse. Si persuadeva
sempre più che, essendo ella tanto santa, Dio le comunicasse sempre nuovi
favori e grazie, come infatti era; ma il Divin Verbo, che in lei abitava, era ciò
che faceva trasparire anche nel suo esterno la divina sua luce, per conforto
del suo amato Giuseppe.
I santi sposi vivevano nel modo come già si è narrato nel Primo Libro
di questa storia, in parte pregando, in parte recitando le divine lodi, in
parte lavorando per acquistarsi il vitto con le loro fatiche, in parte intrattenendosi
in sacri colloqui. Parlavano spesso di quanto avevano detto i Profeti
riguardo alla venuta del Messia e di ciò che era scritto nelle Sacre Scritture;
e molte cose che il nostro Giuseppe non intendeva, se le faceva spiegare dalla
sua Sposa Maria, perché già scorgeva come lei era in tutto molto istruita e
sapientissima. La divina Madre lo compiaceva in tutto, mostrandosi ubbidientissima;
e parlavano fra di loro su quanto era stato profetizzato del Messia.
Piangevano di dolcezza nel sentire le qualità ammirabili che il Messia
avrebbe avuto. La divina Madre però piangeva perché aveva una chiara cognizione
di quanto il divino suo Figlio avrebbe patito per riscattare il genere
umano, e teneva nascosti nel suo cuore i dolori che le trafiggevano l’anima.
Non li narrava al suo Giuseppe per non affliggerlo soverchiamente, e lei sola
soffriva l’aspro cordoglio senza manifestarlo e cercare compatimento al suo
dolore.
II nostro Giuseppe osservò che quando parlava con la sua Sposa della
venuta del Messia, ella spesso piangeva, così credeva che ciò procedesse
per il desiderio che lei ne aveva e per vederne la dilazione; invece la divina
Madre spasimava per il dolore al pensiero di quanto il suo Figliuolo stava
per patire.
Osservò anche che la sua Sposa non l’esortava più a supplicare il
Divin Padre a volersi degnare di mandare presto il promesso Messia, ma il
Santo non ardiva di domandargli cosa alcuna, e immaginava che lei già fosse
stata certa da Dio della detta venuta, e che fossero state esaudite le sue suppliche
e che il Messia stesse per venire presto al mondo.
Osservava poi, come, parlando fra di loro delle virtù mirabili che
avrebbe avuto il Messia, splendeva una mirabile chiarezza nel volto della divina
Sposa, e ciò non riusciva a capire il nostro Giuseppe, da dove cioè procedesse.
Aveva spesso desiderio di saperne la causa, ma si umiliava il Santo,
riconoscendosi indegno di saperlo, e per questo rimaneva in silenzio con la
sua Sposa. Pensava però che Dio si compiacesse molto di quei discorsi e che
in segno del compiacimento gli desse quei chiari segni per comunicarsi alla
sua Sposa e partecipare anche nell’estemo di lei quella chiarezza. Di tutto il
Santo godeva e si reputava sempre più indegno di tanta grazia.

Osservava poi, il nostro Giuseppe, come la sua santa Sposa stava
quasi sempre assorta e che passava i giorni interi senza neppure cibarsi. Il
Santo credeva che ciò facesse per sollecitare Dio a mandare presto il Messia
promesso, ed anche lui procurava di astenersi dal cibo, prendendo il necessario
molto scarsamente.
Era però dalla sua Sposa esortato a cibarsi per non perdere le forze
corporali, ma il Santo si poneva a guardare la sua Sposa e nello stesso tempo
si trovava sazio, e con umili maniere diceva alla sua Sposa che si contentasse
di lasciarlo stare digiuno, perché quello che, saziava lei nella sua astinenza,
saziava anche lui. Di qui poi la divina Madre prendeva nuovi motivi per lodare
il suo Dio e si univano i santi sposi a cantare le divine lodi e narrare fra
di loro la divina beneficenza.
Il nostro Giuseppe si trovava rinnovato nello spirito e con una piena
contentezza di cuore , non mai sperimentata per l’addietro. Parevagli di avere
in casa sua un grande tesoro, e non sapeva più invidiare la felicità dei cieli,
che sono l’abitazione degli Spiriti Beati e dello stesso Dio.
Non si curava più. di mirare il cielo, gli bastava di dare un’occhiata
alla sua Sposa, e il suo cuore restava pienamente consolato, né aveva più altro
desiderio. Non sapeva il Santo da dove ciò procedesse, e questo lo rese
timoroso, e diceva fra se: «Forse, mio Dio, non vi amo più con quell’ardore
che prima vi amavo? E non mi curo più di mirare il cielo dove Voi abitate,
per quivi saziare le brame del mio cuore?»
E cercando attentamente in se stesso, capiva che il suo Dio era
l’unico oggetto del suo amore e, rivolto a lui, esclamava: «Mio Dio! Voi siete
l’unico amore mio, il mio bene, il mio tesoro, il mio tutto! Altro che Voi
non brama il cuor mio, ed amo la mia Sposa, in quanto la riconosco colma
della vostra grazia e del vostro amore. Ed intendo amare Voi in lei, perché
ben conosco che Voi in lei fate la vostra abitazione. E Voi stesso l’avete
data a me per fedele compagna e mi comandate che io l’ami, e ben lo merita
di essere amata, essendo tanto santa e tanto colma di virtù e di grazia».
E così il santo Sposo si calmava e si godeva le grazie che il suo Dio
gli dispensava. Stava il nostro Giuseppe tra tante consolazioni del suo spirito,
ma non gli mancavano dei travagli da parte delle creature. Mentre [infatti]
egli si tratteneva nella sua piccola bottega a lavorare, vi andavano alcuni
oziosi per discorrere e passare il tempo, ma poiché il Santo stava per lo più
estatico contemplando le grandezze del suo Dio, non dava a quelli risposta
alcuna, perciò veniva da essi schernito e lo motteggiato.
Lo chiamavano stolto, insensato, uomo da niente. Si umiliava il nostro
Giuseppe, e soffriva tutto con pazienza e generosità. A volte gli chiedevano
che ne era della sua Sposa e [insinuavano] che lei soffriva nel trattare
con lui, tanto stolto, e incominciavano a dire delle parole impertinenti. Infatti,
costoro erano molto istigati dal demonio, il quale cercava tutti i mezzi per
fare cadere il Santo in. atti di impazienza e di sdegno. Ma il Santo si serviva
di tutto per maggiormente arricchirsi di meriti e praticare le virtù, e perciò
con belle maniere li licenziava e li riprendeva, secondo quello che lui conosceva
che era offesa di Dio.
Partiti quelli, si ritirava il Santo a pregare per essi, perché il Signore
si degnasse di illuminarli ed insieme perdonargli i loro errori; ed in queste
circostanze praticava gli atti di umiltà, di carità e di pazienza.
Fremeva sempre più il nemico infernale e ruggiva contro il nostro
Giuseppe e molto più contro la sua santa Sposa, né sapeva come fare per inquietarli
e mettere discordia fra di loro. Però era da essi molto abbattuto e
tenuto lontano dalla divina potenza ed anche dalla forza delle loro sublimi
virtù, specialmente dalla loro profondissima umiltà, purità ed astinenza, e
dall’ardente amore di Dio che nei loro cuori regnava.
Il nostro Giuseppe manifestava tutto alla sua santa Sposa e da lei era
animato a soffrire con pazienza, perché così dava molto gusto al suo Dio; e
si univano insieme a pregare per quelli che li perseguitavano.
I santi sposi passarono qualche tempo in questo modo di vivere, e
l’anima del nostro Giuseppe, era immersa in un mare di gioia e di consolazioni
divine. Dio però volle provare di nuovo il suo servo con un travaglio
assai grande mai sofferto nella sua vita passata, come si dirà nel seguente
capitolo, avendolo però prima Dio fortificato con la sua grazia e con i molti
favori che gli concedeva.

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Libro II – (1) Capitolo I – 26 APRILE 1736 Giuseppe arrivò a Nazaret con la Santissima Vergine; ciò che OPERÒ IN QUEI PRIMI GIORNI E LE VIRTÙ CHE ESERCITÒ