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La Vita di San Giuseppe della Serva di Dio Cecilia Baij O.S.B. (versione audio e testo) - audiolibro mp3 online

Libro I – (22) Capitolo XXII – Essendo trascorsi tre mesi, san Giuseppe partì da Nazaret per andare a prendere la sua santissima Sposa Maria e condurla di nuovo in casa sua; come si comportò Giuseppe in quel tempo e LE VIRTÙ CHE PRATICÒ

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Libro I – (22) Capitolo XXII – Essendo trascorsi tre mesi, san Giuseppe partì da Nazaret per andare a prendere la sua santissima Sposa Maria e condurla di nuovo in casa sua; come si comportò Giuseppe in quel tempo e LE VIRTÙ CHE PRATICÒ

Essendo vicino il termine di tre mesi destinati alla dimora di Maria
Santissima in casa della parente Elisabetta, di notte l’Angelo parlò al nostro
Giuseppe e gli ordinò che andasse a riprendere la sua Sposa e condurla a Nazaret,
perché così ordinava Dio. Il Santo ne aveva già il pensiero, ma aspettava
l’ordine dall’Angelo, come l’aveva avuto di condurla da Elisabetta. Si
rallegrò molto il nostro Giuseppe a quest’avviso e giubilò il suo cuore nel
vedere giunto il tempo della bramata consolazione di ricondurre a casa
l’amata sua purissima Sposa. Non si trattenne, ma subito, fattosi giorno, dopo
avere fatto le sue solite orazioni, si pose in cammino con grande allegrezza,
pensando già che la sua Sposa gli avrebbe impetrato grazia dal suo Dio di
arrivare felicemente.
Non sbagliò in questo, perché di fatto la divina Madre, che tutto vedeva
in spirito, non lasciò di pregare per il fedelissimo suo sposo Giuseppe,
perché fosse assistito e protetto dalla divina grazia in quel viaggio. Non furono
vane le sue suppliche, perché ebbe, il nostro Giuseppe, un’assistenza
particolare nel viaggio e fu anche favorito di molte grazie. Affrettava i passi
il santo Sposo, ma più era portato dall’amore e dal desiderio che aveva di rivedere
l’amata sua Sposa. Teneva fisso il pensiero in Dio, il quale era
POggetto primario del suo amore; spesso lo rivolgeva alla sua Sposa, che
amava in Dio, e la considerava come creatura da Dio molto amata e favorita
di singolari grazie.
Giuseppe guardava spesso il cielo dove abitava il suo tesoro, e molte
volte si fermava a contemplare le opere della divina potenza e sapienza, che
con un solo fiat aveva creato i cieli e tutte le altre creature, e fisso con gli
occhi al cielo restava estatico nella contemplazione. Altre volte si fermava a
mirare le piante, gli alberi, le pianure, i prati, e vi contemplava la sapienza
del suo Dio nel creare tutte le cose con perfetto ordine; ne restava stupito per
la meraviglia ed esclamava: «O Dio mio, onnipotente, sapientissimo, incomprensibile,
immenso, inenarrabile!
Quanto degno siete di essere amato! Come mai le creature non ardono
del vostro amore, e non amano tanta bontà?! È possibile che si trovi un
cuore così infelice che non ami la bontà vostra, mentre voi tanto ci amate, e
tante cose avete create per nostro servizio, per nostra consolazione?!

La creatura ragionevole, che avete creata perché vi ami, è possibile che vi neghi
il suo amore?! Mio Dio, è proprio vero che si trovano tanti che non vi amano?!
» E qui si poneva a piangere per il dolore che sentiva e perché il suo Dio
non era amato.
Il nostro Giuseppe fin dalla sua tenera età era stato molto attirato, per
l’affetto verso il suo Dio, a mirare il cielo nel quale trovava molta consolazione;
e quando viaggiava in campagna, saziava la sua brama e stava per
molto tempo con gli occhi fissi al cielo, vagheggiando quella patria di cui
avrebbe dovuto, a suo tempo, essere uno dei primi cittadini in quella nobile
città, benché il maggior pensiero del nostro Giuseppe fosse di contemplare
il suo Dio in quel beato Regno.
Sospirava anche di andare ad abitarvi e perciò domandava che si affrettasse
la venuta del Messia.
Con infuocati sospiri ripeteva le suppliche dei Patriarchi e dei Profeti,
e tutto si struggeva in amore quando diceva ciò; e il nostro Dio lo riempiva
di consolazione e gli illuminava l’intelletto, per intendere molti misteri.
Nutriva con una grande sicurezza che sarebbe venuto il Messia, e diceva:
«Non è possibile che Voi, mio Dio, non esaudiate le premurose suppliche
che vi porge di continuo la mia sposa Maria, perché so che vi è molto cara e
gradita e che Voi l’amate molto. Sì, lo spero che presto l’esaudirete!»
Questi ed altri simili erano gli affetti e i colloqui che il nostro Giuseppe
faceva col suo Dio in questo viaggio; così si trovò presto al termine
senza neppure avvedersene, tanto era l’amore verso il suo Dio, e il gusto che
sentiva nel trattenersi a contemplare le sue opere e a narrargli i desideri del
suo cuore.
Un giorno, dopo di avere fatto lungo cammino, si pose a mirare il
cielo e la terra per quanto si stendeva lo sguardo, e poi, rivolto al suo Dio,
esclamò: «Voi, mio Dio, siete il padrone assoluto di quanto io ora vedo.
Vostri sono i cieli, Vostra la terra, il mare, i fiumi, e tutti sono soggetti
al vostro dominio; eppure, essendo un Signore così grande, non sdegnerete
di venire ad abitare fra gli uomini! Vi sarà chi avrà la sorte di trattare
con Voi familiarmente! Oh, grande Signore!» esclamò, e fu rapito in estasi.
In essa gli fu rivelato che il Messia non solo avrebbe abitato in terra
fra gli uomini, ma si sarebbe molto umiliato e avrebbe conversato con persone
vili e povere. Il nostro Giuseppe si riempì di consolazione, e diceva:
«Dunque, se verrà ai tempi nostri, non sdegnerà di trattare con noi, sebbene
umili e poveri!
Noi felici, noi beati, se di tale sorte saremo fatti degni!». In seguito
non solo bramò con più ardore la venuta del Messia, ma stette con una contentezza
di cuore, sperando che non avrebbe sdegnato di trattare con lui. Il nostro
fortunato Giuseppe, terminato il suo viaggio, si recò in casa di Zaccaria,
dove era aspettato dalla sua santa Sposa ed anche da tutti quelli di casa:
l’accordo preso era che dovesse tornare dopo tre mesi a prendere la sua sposa
Maria Santissima.
Fu accolto e ricevuto con dimostrazioni di singolare affetto, specialmente
dalla sua Santissima Sposa, che diede subito il ben tornato al suo
Giuseppe. Quando egli la vide, incominciò ad esultare e giubilare il suo cuore,
l’ammirò, [trovandola] sempre più bella e graziosa e sempre più ricca ed
ornata di grazie divine. Preso dall’amore e venerazione, il santo Sposo la salutò
con profondo inchino e le disse: «Quanto, Sposa mia, ho bramato di rivedervi
e con quanto desiderio ho fatto questo viaggio! Ora, nel solo vedervi,
restano consolati i miei desideri: Avendovi Dio data per fedele compagna,
non posso vivere lontano da voi se non con grande pena!».
La sua santa Sposa lo invitò a lodare il suo Dio per la grazia che gli
aveva fatto. Il santo Sposo gradì molto, ed unitamente lodarono e ringraziarono
Dio della consolazione che loro dava e di averlo tanto assistito e favorito
nel viaggio.
Il nostro Giuseppe trovò che Giovanni Battista, il Precursore, era nato;
e quando lo vide, riconobbe che il fanciullo era stato prevenuto dalle dolcezze
delle benedizioni divine e riconobbe la grazia di Dio che già ricolmava
l’anima sua. Fu anche dal Precursore riconosciuto: infatti, alla vista di Giuseppe,
chinò la testa in atto di saluto, mostrando anche all’esterno la consolazione
che sentiva nel vederlo.
Si rallegrò il nostro Giuseppe con i genitori del fanciullo, perché Dio
li aveva favoriti di una tale prole, e disse loro che scorgeva nel fanciullo cose
grandi e credeva che sarebbe stato [un] grande Profeta e molto grande al
cospetto del suo Dio ed anche degli uomini. Furono molte le congratulazioni
che il nostro Giuseppe fece ai genitori di Giovanni, ed insieme lodarono e
ringraziarono Iddio.
I santi sposi Maria e Giuseppe si disposero poi alla partenza. La parente
Elisabetta e Zaccaria desideravano che si fermassero ancora in casa loro,
e sentivano un grande dispiacere a dover restare privi di così cara compagnia.
Ma i santi Sposi si mostrarono desiderosi di adempiere la divina volontà;
sapevano che era quella di tornare alla loro dimora di Nazaret, perciò si
scusarono con gentili maniere.
[Elisabetta e Zaccaria] volevano fare anche dei donativi ai santi sposi,
come atto di gratitudine, ma non furono da essi accettati, perché volevano
vivere in povertà; accettarono solo quanto era loro necessario e niente più.
Arrivato il giorno destinato alla partenza, furono molte le lacrime
che si versarono da tutta quella famiglia, perché ognuno che abitava in quella
casa aveva ricevuto consolazione e sollievo dalla divina Madre. Più di tutti,
però, chi ne sentiva dispiacere era sant’Elisabetta che ben conosceva chi fosse
la sua parente e il tesoro nascosto che portava nel suo purissimo ventre.
Perciò, rivolta a san Giuseppe, lo chiamò più volte beato per la sorte che gli
era toccata di avere per compagna e sposa la santissima giovinetta Maria, e
invidiava santamente la sua fortuna.
Il nostro Giuseppe la pregò di volere rendere affettuose grazie a Dio
in suo nome per il beneficio che gli aveva fatto.
Compiuti tutti gli atti soliti a farsi nella partenza, i nostri santi partirono
con grande allegrezza, restando tutti in quella casa molto consolati per i
benefici ricevuti dalla divina Madre, ma insieme molto afflitti per restarne
privi; e non cessavano di benedire la santissima sposa Maria e di narrare
continuamente fra di loro le sue rare virtù.
Partirono i santi Sposi per la volta di Nazaret, lieti e contenti, perché
già sapevano che adempivano la divina volontà; il nostro Giuseppe, però, era
contento ed allegro più d’ogni altro, perché riconduceva la sua amata Sposa,
parendogli di avere con sé un grande tesoro. E di fatto ce l’aveva, avendo il
Re e Regina del cielo e della terra.
Quanto giubilava il suo cuore! Come esultava il suo spirito! Chi mai
potrà narrarlo? Solo il nostro Giuseppe che lo sperimentò.
In questo viaggio il Santo narrava alla sua Sposa quello che gli era
accaduto nell’andarla a prendere e come Dio l’aveva favorito molto in quel
cammino. Le disse ciò che aveva inteso del Messia promesso, che Egli si sarebbe
degnato di trattare con gente umile, semplice e povera, e le diceva:
«Noi, Sposa mia, siamo poveri; dunque se avremo la sorte di vederlo e che
venga al mondo ai tempi nostri, non sdegnerà di trattare anche con noi. Che
fortuna sarà la nostra!»
Godeva al sommo la divina Sposa e Madre del Verbo Incarnato nel
sentire le parole fervorose del suo Giuseppe, e di ciò ne prendeva motivo per
lodare e magnificare la bontà del suo Dio; e con le sue parole accendeva
sempre l’amore nel cuore di Giuseppe; poi insieme lodavano il loro Creatore.
Il Santo invitava la sua Sposa a cantare qualche lode al suo Dio ed ella lo
compiaceva.
Cantava con molta grazia inni di lode, che componeva a lode del suo
Creatore e del Divin Verbo umanato che portava nelle sue viscere. Era tanta
la dolcezza e la soavità del suo canto che il nostro Giuseppe andava in estasi
per la consolazione che sentiva.
Accorrevano a udire le lodi della Regina Santissima grande moltitudine
di uccelli, e dopo che lei aveva terminato il suo canto, incominciavano a
cantare essi a coro, facendo dolci canti, quasi che avessero l’uso di ragione
ed anch’essi volessero lodare il loro Creatore ad imitazione della Santissima
Vergine.

Il nostro Giuseppe restava ammirato di quanto udiva e godeva molto
nel vedere il merito della sua santa Sposa: [infatti,] attribuiva tutto al suo
merito e virtù e l’interpretava come favori di Dio fatti alla sua Santissima
Sposa.
Terminato i loro canti, rivolto alla sua Sposa, diceva: «Vedete, Sposa
mia, quanto vi ama il nostro Dio, e quanto vi favorisce! Anche con segni
esterni vi manifesta quanto voi gli siete gradita, perché fa tutto in vostra lode.
Questi animaletti, è vero che lodano il loro Creatore, ma lodano anche
voi, perché a voi sola fanno queste accoglienze».
E di fatto quegli animaletti si mostravano tutti lieti e festosi, assistendo
tutti dal lato della divina Madre. Si umiliava però la umilissima Vergine,
e diceva al suo Giuseppe che quelli lodavano il loro Creatore e che Dio
ciò permetteva per dare loro sollievo nel cammino e per invitarli sempre più
a lodarlo anch’essi; dovevano ammirare sempre più la divina bontà verso di
loro, ed anche [apprezzarlo] come segno che Dio li amava molto. E diceva [a
Giuseppe]: «Se il nostro Dio ci ama tanto e ci dà così chiari segni del suo
amore, quanto dobbiamo amarlo noi e darGli chiari segni del nostro amore
verso di Lui?!». La divina Madre incominciava a discorrere dell’amore che
dovevano al loro Dio e tutta si accendeva in questo ardore, divampando le
fiamme – cosa che era dal santo Sposo osservata – anche sul suo volto, sul
quale si vedeva una chiarissima luce, che al santo Sposo recava venerazione
e consolazione insieme.
E restava anche lui tutto infiammato di amore divino, tanto più che
le parole della sua santa Sposa erano come dardi infuocati che penetravano il
suo cuore, e sempre più l’accendevano nel divino amore.
Non sentivano stanchezza alcuna in questo viaggio, perché spendevano
il tempo come si è narrato, e perciò il cammino si rese loro molto facile,
anzi piacevole, e non sembrava vero al nostro Giuseppe di avere in sua
compagnia l’amata sua Sposa.
Nel viaggio si incontrarono con varie persone, e la Santissima Vergine
era [per loro] di sollievo e di consolazione, e faceva grazia ora ad una,
ora ad un’altra, secondo la necessità dei viandanti. Il Divin Verbo si serviva
della sua Madre Santissima come strumento per dispensare grazie agli uomini,
che Lui era venuto a redimere. Anche dal seno materno faceva molte grazie,
a richiesta della sua Santissima Madre, a tutti quelli, che si trovavano in
necessità, e specialmente a quelli che erano in peccato.
Ben li conosceva la divina Madre e supplicava il suo figliuolo Dio
Umanato per la salute degli uomini, che li illuminasse, e desse loro un vero
dolore delle loro colpe e li perdonasse.
Accondiscendeva il Verbo Incarnato alle suppliche della sua amatissima
Madre, e non ci fu grazia che Ella gli chiedesse, di cui Lui non la compiacesse.
Spesso poi gli domandava l’aumento della sua divina grazia
nell’anima del suo sposo Giuseppe e sempre era compiaciuta; così il nostro
Giuseppe veniva sempre più a crescere nella grazia e neU’amore del suo Dio.
Il Santo riconosceva che Dio tanto lo favoriva e capiva che in lui cresceva il
beato incendio, e diceva alla sua Sposa, che riconosceva che lei gli meritava
le grazie dal suo Dio; e le diceva: «Io comprendo che, da quando ho la fortuna
di trattare con voi, e che Dio vi ha data a me per fedele compagna, il mio
cuore si strugge per amore verso il mio Dio. Il mio spirito non è capace di
altra consolazione che di gioire nel nostro Dio, né di altro si cura, né altro
brama, e vorrei tutto consumarmi nel Suo amore.
Sento ancora che nell’anima mia vi è un non so che, che non posso
narrarvi, e che il nostro Dio mi fa gustare la sua dolcezza e soavità in un modo
assai più sublime ed eccellente di prima. Tutto ciò io ritengo di certo mi
venga partecipato per la vostra intercessione, perché il nostro Dio vi ama
molto». Sentiva queste parole l’umilissima Vergine, e più si umiliava, ed
esaltava la bontà del suo Dio e diceva al suo sposo Giuseppe: «Voi già sapete
quanto buono è il nostro Dio, quanto liberale ed amoroso verso chi l’ama!
Voi bramate di amarlo infinitamente, se fosse possibile, bramate spendervi
tutto nel suo servizio. Voi procurate di adempiere in tutto la sua divina volontà:
non vi meravigliate dunque se il nostro Dio si mostra tanto liberale e
cortese verso di voi. Non sapete che è un grande Signore, e che può dare
molto più di quello che noi possiamo ricevere!»
A queste parole esclamava il nostro Giuseppe: «Dio grande! Dio
buono! Dio infinito! E quando sarà che il vostro servo arrivi ad amarvi quanto
deve?! E quando sarà che tutto sarò impegnato in vostro servizio?!». Nel
dire questo restava rapito in estasi.
Lo mirava con grande allegrezza la sua santa Sposa, e godeva di vederlo
crescere sempre più nell’amore per il suo Dio e lodava e ringraziava in
suo nome. Il Santo non mancava di supplicarla spesso di fare per lui gli atti
di gratitudine e di lode al suo Dio, perché diceva: «Io sono del tutto insufficiente,
perciò fate voi per me, perché voi assai meglio di me saprete lodarlo
e ringraziarlo, perché voi siete arricchita di sapienza e di grazia». Si umiliava
la divina Madre ad udire queste parole, ed esaltava la bontà e grandezza del
suo Creatore, la liberalità che verso di lei usava e diceva al suo Giuseppe:
«Lodiamo e ringraziamo insieme il nostro Dio, perché più di ogni altro Gli
siamo obbligati. Se tanto liberale si è mostrato sinora con le sue creature –
che è cosa da ammirarsi -, molto più liberale si è dimostrato e si va dimostrando
verso di noi, distinguendoci fra tanti ed eleggendoci per suoi!». Qui
si univano a lodare e ringraziare la divina liberalità e beneficenza.
Questi erano i discorsi che i santi Sposi facevano in quel viaggio,
trattando sempre di Dio, lodandolo e narrando le sue grandezze, la sua infinita
bontà, il suo amore, procurando di mostrarsi in tutto grati a così generoso
Signore.

Gradiva molto questi loro discorsi, e l’onore e la gloria che davano
alla sua divina Maestà; ed il Verbo Eterno, che stava rinchiuso nel suo seno
verginale, manifestava alla divina Madre quanto graditi gli fossero i desideri
ardenti del fedelissimo Giuseppe, e le faceva vedere quanto arricchita fosse
la sua anima di grazia e di meriti e come era pronto ad arricchirlo sempre
più. La divina Madre lo ringraziava da parte di Giuseppe e poi, rivolta a lui,
gli diceva che procurasse di crescere nell’amore e nei desideri ardenti, perché
il suo Dio era sempre pronto a concedergli maggiori grazie; e gli diceva:
«Non stanchiamoci mai di domandare, perché molte grazie spero che le riceveremo;
continuiamo a lodare e ringraziare il nostro Signore, perché lo merita
e perché gode molto della gratitudine.
Noi non possiamo fare altro che essergli fedeli in tutto, e lodarlo e
ringraziarlo continuamente, perché sono continui verso di noi anche le sue
grazie. Così, col ringraziarlo ed essergli grati, ci disponiamo a ricevere nuove
grazie e favori».
Il nostro Giuseppe era tutto attento ad ascoltare le parole della sua
santa Sposa, le quali restavano tutte impresse nel suo cuore e l’accendevano
sempre più nell’amore e gratitudine verso il suo Dio.
Terminarono i santi sposi questo viaggio con tanta felicità e consolazione
del loro spirito che nemmeno si erano avveduti del cammino che avevano
fatto. Non tralasciarono di rendere grazie a Dio anche per questo beneficio,
come facevano per tutte le altre grazie che dalla liberalità di Dio ricevevano.

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Libro I – (22) Capitolo XXII – Essendo trascorsi tre mesi, san Giuseppe partì da Nazaret per andare a prendere la sua santissima Sposa Maria e condurla di nuovo in casa sua; come si comportò Giuseppe in quel tempo e LE VIRTÙ CHE PRATICÒ