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La Vita di San Giuseppe della Serva di Dio Cecilia Baij O.S.B. (versione audio e testo) - audiolibro mp3 online

Libro I – (21) Capitolo XXI – Come san Giuseppe andò con la Santissima Vergine a visitare sant’Elisabetta e ciò che successe in quella visita

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Libro I – (21) Capitolo XXI – Come san Giuseppe andò con la Santissima Vergine a visitare sant’Elisabetta e ciò che successe in quella visita

I santi sposi, Maria e Giuseppe, si accordarono di partire da Nazaret
per andare a visitare la parente Elisabetta; stabilita l’ora della partenza, prima
di partire si raccomandarono molto a Dio, supplicandolo del suo aiuto in
quel viaggio.
II santo Sposo sentiva rincrescimento, nel condurre la sua Sposa per
quelle strade tanto disastrose, perché essendo tanto delicata temeva che potesse
patire nel viaggio, e non mancò di manifestare alla sua Sposa la pena
che sentiva. Ella, però, gli fece animo e gli assicurò che il viaggio sarebbe
stato felicissimo, perché adempivano la divina volontà e che perciò Dio non
avrebbe mancato di assisterli e provvederli. Si consolò Giuseppe per le parole
della sua santa Sposa.
La Santissima Vergine si mostrava desiderosa di partire, perché ben
sapeva la causa per la quale andava dalla parente, e che il Verbo Incarnato
nel suo purissimo seno voleva andare di persona a santificare il precursore
Giovanni Battista; perciò era bramosa che si eseguisse presto la divina volontà
e che il Precursore restasse santificato.

Il nostro Giuseppe conobbe il desiderio della sua Sposa, e le chiese
perché con tanta allegrezza si volesse portare in luogo tanto disastroso. «Forse
per patire gli incomodi che si incontrano nel viaggio – le disse il santo
Sposo – perché voi siete bramosa di patire per amore del nostro Dio?». Gli
rispose la Santissima Vergine che bramava partire presto per adempiere con
sollecitudine la divina volontà. E di fatto questa era la causa prima del suo
desiderio; tacque però il resto, perché i segreti che l’incarnato Verbo le manifestava,
li conservava tutti nel suo cuore, né mai li manifestava.
Sentendo il nostro Giuseppe il motivo delle brame della sua Sposa,
anche lui si accese di questa brama, e con grande allegrezza e sollecitudine
partì col desiderio di adempiere la divina volontà. Domandarono prima insieme
la benedizione a Dio, poi la Santa Sposa volle umiliarsi e domandare
la benedizione al suo Sposo Giuseppe, il quale gliela diede con grande affetto
e tenerezza di cuore. Non poteva il Santo negarle cosa alcuna, perché ella
domandava tutto con tanta grazia, con modo, e con tanta umiltà, e egli era
commosso per tenerezza nel vedersi ai suoi piedi genuflessa quella vaga, nobile
ed umile giovanetta. Il nostro Giuseppe diede la benedizione alla sua
santa Sposa, e partirono con sollecitudine.
Affrettava i passi la divina Sposa, perché era portata con velocità
dallo Spirito di quel Dio che nel suo seno abitava. Si affrettava anche il nostro
Giuseppe nel cammino senza sentire noia o stanchezza alcuna, anzi sentiva
grande allegrezza di cuore. Discorreva con la sua santa Sposa dei divini
misteri, delle divine perfezioni, e con questi sacri discorsi faceva molto
cammino senza neppure accorgersi. Il santo Sposo ne era stupito, e lo diceva
sovente alla sua Sposa, che ne prendeva motivo per lodare e benedire Dio; e
diceva al suo Giuseppe: «Vedete come il nostro Dio è buono, come benedice
le nostre opere, come ci dà forza e grazia da fare quello che vuole da noi: lodiamolo
dunque!».
E qui si ponevano a recitare le divine lodi. Il nostro Giuseppe pregava
poi la sua Sposa a volere cantare qualche lode al suo Dio, dal momento
che in quella solitudine da nessuno era udita. L’ubbidiva la santa Sposa, e
cantava dolcemente le lodi al Divin Verbo che nel seno racchiudeva. Se ne
andava in estasi per la dolcezza il fortunato Giuseppe, e camminava molte
miglia del tutto astratto e rapito in estasi; ed allora la divina Madre cantava
altre lodi al Verbo incarnato in ringraziamento del beneficio a lei fatto ed insieme
a tutto il mondo; queste, però, non le sentiva il santo Sposo.
I nostri viandanti erano accompagnati da una moltitudine di spiriti
angelici, i quali facevano corte al loro Re e alla loro Regina, e anche questi
cantavano inni di lode che sentiva la divina Madre. Uscivano a schiere anche
gli uccelletti e facevano armoniosi canti al loro Creatore; questi però erano
uditi anche dal nostro Giuseppe, che si meravigliava e rivolto alla sua Sposa
le diceva: «Vedete, Sposa mia, come questi animaletti ci invitano con il loro
canto a lodare il nostro Dio?!»
Il nostro Giuseppe credeva che Dio operasse quei prodigi per amore
della sua santa Sposa, e ciò riteneva per certo, quantunque a lei non lo manifestasse.
Sempre più era consolato della felice sorte che gli era toccata e della
grazia che Dio gli aveva fatto, di dargliela per compagna e gliene rendeva
affettuose grazie. Così fecero questo viaggio con grande letizia. Nella notte,
poi, si riposavano nei luoghi che trovavano, si nutrivano con poco pane ed
acqua, e solo il nostro Giuseppe prendeva qualche cosa di più secondo la necessità
che ne aveva. La sua santa Sposa, che era tutta carità, lo pregava di
nutrirsi con qualche cosa di più, per poter mantenere le forze corporali, ed il
Santo la compiaceva quando ne sentiva il bisogno.
Il loro riposo della notte era nel recitare le divine lodi; poi stavano
seduti, e il nostro Giuseppe in quella posizione si addormentava per poche
ore e la Santissima Vergine si tratteneva in sacri colloqui col suo Dio. Anche
lei prendeva qualche momento di sonno, ma molto breve, benché nel sonno
stesso amava il suo Dio e trattava con lui.
Terminato il viaggio, i santi sposi andarono subito a casa di Zaccaria.
Entrò il santo sposo Giuseppe, con la sua sposa Maria Santissima. Giuseppe
si fermò a salutare Zaccaria e sant’Elisabetta, presa da un impeto
d’amore comunicatole dallo Spirito Santo, corse ad abbracciare la divina
Madre; e nel vederla fu illuminata e conobbe che quella vergine sua parente
era la vera madre del divin Verbo fatto Uomo. La Santissima Vergine salutò
prima la sua parente Elisabetta, col titolo di madre del grande Profeta e
Precursore, e sant’Elisabetta rese il saluto alla Santissima Vergine chiamandola
Madre del Divin Verbo ed esclamò: «Dove a me questo, che la Madre
del mio Dio sia venuta da me?!»
Tutto ciò non fu udito da alcuno, perché tutti quelli di casa si intrattenevano
con san Giuseppe e Zaccaria che, essendo muto, non capiva che a
cenni; perciò stavano tutti intorno a lui perché Giuseppe capisse quello che
con cenni gli manifestava. Compose qui la Santissima Vergine quel famoso
cantico e mentre ciò accadeva, il Divin Verbo, che stava nel seno della
Santissima Vergine, si manifestò a Giovanni.
Prima il Divin Verbo aveva impetrato dal Divin Padre questa grazia
al suo Precursore, cioè di restare santificato nel seno materno ed [aver] accelerato
l’uso di ragione e conoscere il suo Dio fatto carne prima di uscire alla
luce. Ottenuta dal Divin Padre questa grazia, il Verbo Incarnato la fece subito
al suo Precursore, facendoglisi conoscere con chiarezza e santificandolo
nel medesimo istante. Esultò Giovanni, e adorò dal seno materno il suo
Redentore; giubilò e lo sentì e fece grande festa anche la madre. Fece atti di
ringraziamento per il beneficio così singolare e tutto si offrì al suo Divin Redentore
e Santificatore; e il Verbo Incarnato rese grazie al Divin Padre da
parte del Precursore, già santificato dal beneficio ricevuto.
Fatti qui i complimenti accennati, si ritirò sant’Elisabetta con la Santissima
Vergine e si intrattennero in sacri colloqui. Anche il nostro Giuseppe
fu ricevuto con dimostrazioni di affetto singolare tanto da Zaccaria come da
Elisabetta e da tutti quelli di casa: entrati i due santi Sposi lì vi entrò
un’allegrezza e un giubilo incomparabile.
Restò tre mesi la Madre del Divin Verbo, a consolazione della sua
parente e di tutta quella casa, che resto santificata per le virtù mirabili che
qui operò la Santissima Vergine, quali sono narrate nella sua Vita.
Il nostro Giuseppe doveva tornarsene a Nazaret per poi tornare a
prendere la sua divina Sposa e ricondurla di nuovo nella sua casa. Stabilita
l’ora della sua partenza, fu di grande dispiacere per tutta quella casa: desideravano
che Giuseppe si fosse trattenuto qui con la sua santa Sposa, ma egli
volle partire per adempiere la divina volontà.
Raccomandò caldamente la sua santa Sposa ad Elisabetta ed a tutti di
quella casa, dicendo loro che quella era il suo tesoro, e che lasciandola vi restava
anche il suo cuore, perciò li pregava di averne tutta la cura. Parlò poi
con la sua santa Sposa e la supplicò di non dimenticarsi di Lui, dicendole che
era molto triste a partire senza di lei e che avrebbe passato quel tempo in
grande mestizia, perché era privo di tutta la sua consolazione. Il Santo fu
animato e confortato molto dalla sua santa Sposa, ed assicurato del ricordo
che di lui avrebbe tenuto. Il Santo partì con il corpo, ma restò qui col cuore.
Giuseppe si mise in cammino assistito dalla grazia del suo Dio e dalle
orazioni della sua santa Sposa, che non tralasciava di raccomandarlo con
premura a Dio, perché l’assistesse e gli desse forza per soffrire la lontananza
della persona di lei. Non mancò Dio di esaudire le suppliche della Santissima
Vergine, ed il nostro Giuseppe sperimentò un assistenza particolare, sia nel
viaggio, che in seguito.
Finché il nostro Giuseppe potè vedere la casa di Zaccaria, non tralasciava
di volgersi indietro a guardarla per la consolazione che ne sentiva, essendo
qui la sua amata sposa Maria Santissima. Il Santo, nel viaggio, considerava
ad una ad una in particolare, le virtù della sua santa Sposa, e la benediceva
e rendeva grazie al suo Dio perché l’aveva ricolmata di tante e così
sublimi virtù ed ornata di tanta grazia, e così si consolava. Il pensiero che
aveva, di dover presto ricondurla a Nazaret, gli faceva mitigare la pena che
aveva sentito nel restarne privo. Nel pensare poi alle sue virtù, sentiva tanta
consolazione e tanta dolcezza di spirito che tutto si rallegrava.
Fece [così] quel viaggio con molta consolazione, sebbene fosse solo,
sembrandogli che, pensando alla sua Sposa, fosse lo stesso che l’averla presente:
questa grazia gliel’impetrò la sua santa Sposa.
Il nostro Giuseppe, arrivato a Nazaret, non tralasciò di operare quello
che era solito fare quando vi era la sua sposa Maria Santissima. Trascorreva
il tempo nelle orazioni, nel recitare le divine lodi. Supplicava per la venuta
del Messia, e si impegnava nel lavorare, e faceva delle elemosine, secondo
la possibilità che aveva. Il nostro Giuseppe era assistito da una amorevole
vicina in quello che gli era necessario per il vitto, benché il Santo facesse
frequenti digiuni. Quando, lavorando, si trovava afflitto dalla stanchezza
o da qualche tedio, non avendo la consolazione di poter trattare con
la sua santa Sposa, se ne andava nella piccola stanza dove lei dimorava
quando vi era, e qui si poneva genuflesso e pensava come in quella stanza la
sua santa Sposa si tratteneva in continue orazioni e colloqui col suo Dio.
Così, tutto in lacrime, si raccomandava a Dio e lo pregava che lo aiutasse.
Qui il nostro Giuseppe trovava tutte le sue delizie, perché spesso era
rapito in estasi e ne sperimentava molta consolazione: infatti, in quella stanza
si era operato il grande mistero dell’Incarnazione, e Dio favoriva molto
quel luogo cospargendovi le sue grazie e celesti benedizioni. Avvedutosi di
ciò, Giuseppe, ogni volta che si trovava afflitto o travagliato, andava in quella
stanza e restava consolato; e ciò credeva che fosse perché qui aveva dimorato
la sua santa Sposa, e che perciò fosse restato quel luogo santificato, come
di fatto era.
Non mancarono dei travagli al nostro Giuseppe in assenza della sua
Sposa perché, saputosi in città che ella era partita e rimasta dalla parente,
molti, istigati dal demonio, andavano alla bottega del nostro Giuseppe e lo
schernivano e motteggiavano perché aveva lasciata la sua Sposa in casa di
altri. Soffriva con pazienza il Santo, né rispondeva, né si risentiva delle parole
pungenti. Altri, col pretesto di compassione e di benevolenza, andavano a
trovarlo e biasimavano la sua Sposa perché l’aveva lasciato solo ed egli
avrebbe patito molto.
Queste parole contro la sua Sposa gli ferivano il cuore, e il Santo
non voleva sentirle, e con bei modi li licenziava e li riprendeva, perché avessero
riguardo nel parlare e non offendessero Dio. Molti di questi travagli soffrì
il nostro Giuseppe, in quei tre mesi che rimase senza la sua santa Sposa,
la quale vedeva tutto ciò che il suo Sposo soffriva e lo raccomandava molto
a Dio impetrandogli la fortezza nella sofferenza.
Il suo Angelo gli parlava nel sonno molto spesso e gli dava notizie
della sua Sposa, l’assicurava dell’assistenza delle sue orazioni e gli diceva
che sempre più cresceva nelle virtù, nell’amore e nella grazia del suo Dio.
Così il nostro Giuseppe procurava di imitarla, benché da lei lontano, e si accendeva
in lui il desiderio di presto rivederla per parlarle; e molto spesso sospirava
l’ora bramata del suo ritorno. Non mancava la divina Madre di inviare
spesso anche gli angeli che le facevano corte, perché con le loro ispirazioni
consolassero il suo Giuseppe, specialmente quando si trovava afflitto.
Il nostro Santo ebbe molti aiuti per mezzo della sua Sposa e fu in varie
occasioni consolato e confortato, ma la consolazione maggiore che sperimentò
il nostro Giuseppe fu il trattenersi a pregare nella stanza della sua
divina Sposa: infatti lì, come dissi, il suo spirito restava colmo di consolazione
e nei continui rapimenti, da cui era preso, veniva anche illuminato ad
intendere molti misteri divini.
Restava molto sollevato e contento quando gli parlava l’Angelo nel
sonno e gli dava notizie della sua Sposa e l’assicurava del ricordo che di lui
aveva e che molto pregava per lui.
Conosceva il Santo le molte grazie che Dio gli concedeva, e se ne
mostrava grato ringraziandolo affettuosamente, riconoscendo che tutto proveniva
dalla bontà del suo Dio e dai meriti della sua santa Sposa; perciò si
applicava anche lui a supplicare Dio per lei, perché venisse sempre ricolmata
di doni e di grazie e in lei si accrescesse sempre più l’amore verso il suo Dio.
La divina Madre vedeva tutto e si mostrava grata al suo Giuseppe,
impetrandogli nuove grazie. [Giuseppe] si intratteneva alle volte con quella,
che lo assisteva amorevolmente, a discorrere delle virtù della sua sposa Maria,
e perché ella era persona molto timorata di Dio ed affezionata ai santi
sposi, conosceva la loro virtù e santità; perciò lodava molto la Santissima
Vergine, quando ne discorreva col nostro Giuseppe. Egli ne sentiva molta
consolazione e piangeva per la gioia, e si accendeva di desiderio di presto
ricondurla a casa sua per avere la sorte di trattare con lei, e spesso diceva fra
sé sospirando: – «O amata Sposa mia, quando sarò fatto degno di rivedervi in
casa, e con voi trattenermi in sacri colloqui?! Oh, castissima e purissima colomba!
Voi da me siete lontana, ma il mio cuore è con voi, e vi amo tanto
perché siete veramente santa e perché il nostro Dio ha depositato in voi il tesoro
di tante grazie.
Questo mio amore non dispiacerà al nostro Dio, perché vi amo tanto,
perché in voi scorgo l’abbondanza della grazia divina, e che il nostro Dio
abita in voi per amore: così nella persona vostra io intendo di amare il nostro
Dio, amando la sua grazia, il suo amore. Desidero tanto il vostro ritorno per
potermi sempre più accendere nell’amore del nostro Dio, perché le vostre
parole sono tanti dardi che accendono il suo amore; le vostre mirabili virtù
sono tanti stimoli al mio cuore per farmi avanzare nella perfezione e nella
pratica di quelle virtù di cui voi siete tanto ripiena».

Così parlava il nostro Giuseppe con se stesso, riguardo alla sua santa
Sposa, alla quale, benché da lui lontana, tutto era noto, e tutte le lodi che dava
il suo Sposo le indirizzava al suo Dio, confessandosi davanti a Dio umile
ancella: [Lui è] degno di ogni lode ed a Lui dava lode, onore e grazie.
Lo pregava per il suo sposo Giuseppe e sempre più gli impetrava
nuove grazie e favori, ed il Santo lo conosceva e perciò ne rendeva grazie a
Dio. Corrispondeva alle grazie che la sua Sposa gli impetrava pregando continuamente
per lei.
Non tralasciò mai, il nostro Giuseppe, di fare quello che era solito
fare prima che si sposasse con la Santissima Vergine, anzi, lo praticò dopo
con più perfezione: ciò era di assistere con le sue ferventi orazioni i poveri
moribondi e domandare con grande insistenza a Dio la loro eterna salvezza,
e la liberazione dagli assalti dei nemici infernali, e la fortezza per vincerli.
Pregava anche con grande insistenza per i peccatori, perché si convertissero
a penitenza e lasciassero la colpa.
Alle suppliche aggiungeva le vigilie della notte, il digiuno, le elemosine,
e non cessava di supplicare con caldi sospiri e copiose lacrime per la
salvezza di tante anime che erano sepolte nelle tenebre dell’idolatria, bramando
sempre più la venuta del Messia promesso, perché con la sua divina
luce e sapienza illuminasse tutti quelli che si trovavano sepolti nelle tenebre
ed ombre della morte.
Il nostro Dio gradiva molto le suppliche del suo fedele servo, e perciò
tanto lo rimunerava con grazie particolari e sublimi favori, e lo arricchiva
di meriti, accrescendo sempre in lui questi desideri, per farlo degno di meritare
sempre più e di essere ricolmo di grazie.

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