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Libro I – (20) Capitolo XX – Come cresceva in san Giuseppe il desiderio della venuta del Messia ad imitazione della sua Santissima Sposa. L’Incarnazione del Verbo Divino

Si accendeva il desiderio della venuta del Messia nel cuore della
Santissima Vergine, in modo tale che era tutta impegnata a porgere calde
suppliche al suo Dio, perché presto l’inviasse. Con il suo sposo Giuseppe ne
parlava continuamente, narrandogli il suo desiderio ardente, in modo che il
nostro Giuseppe, nel sentirla tanto desiderosa, anche egli si accendeva sempre
più in questo desiderio e, rivolto al suo Dio, spesso gli diceva con grande
confidenza: «O mio Dio, è ormai tempo che si adempia la vostra promessa e
che mandiate al mondo il Desiderato ed aspettato Messia, perché redima il
vostro popolo e il mondo intero che vive in schiavitù!
Voi vedete quanto pochi sono quelli che vi conoscono e che vi amano:
perciò è bene che ci inviate Colui che farà conoscere al mondo il vostro
nome e la vostra potenza, bontà, misericordia e tutte le vostre divine perfezioni.
Solo il vostro Unigenito sarà capace di fare questo e di insegnare a tutti
la vera strada che conduce alla salvezza».
Poi, rivolto alla sua Sposa, le diceva: «Voi, sposa e colomba mia,
supplicate con insistenza il nostro Dio, perché Egli vi ama molto, e non è
possibile che non ascolti le vostre suppliche». Allora la santa Sposa si umiliava
e narrava con grande ardore il suo desiderio e gli diceva: «Stiamo uniti
in questa domanda, e non cessiamo mai sin tanto che non sono adempiute le
nostre suppliche: il nostro Dio è buono, e non mancherà di esaudirci».
Giuseppe incominciava a narrarle quello che l’Angelo gli aveva detto
più volte nel sonno, circa il Messia promesso, e delle virtù che Egli avrebbe
avuto e praticato. Stava ad ascoltarlo con molto gusto la santa Sposa, e
diceva al suo Giuseppe che gliene parlasse spesso, perché lei sentiva molta
consolazione nell’udirlo.
Ai continui discorsi che facevano, accompagnarono più frequenti le
orazioni, i digiuni e le elemosine, e fra di loro dicevano: «Se avremo la sorte
di sapere che il Messia sia venuto al mondo, noi certo, andremo subito ad
adorarlo e a prestargli la nostra servitù, supplicandolo di volerci ammettere
nel numero dei suoi schiavi e servi, benché minimi. E sarà fortuna nostra se
ci accetterà.
Ed in qualunque parte del mondo Egli verrà, noi subito andremo a
trovarlo. Noi felici e beati, se di tale sorte saremo fatti degni! Che gli occhi
nostri abbiano a vederlo, e le nostre orecchie udire le sue parole!»
Dio ascoltò le continue suppliche della Santissima Vergine, le quali
erano tanti dardi che giungevano al trono della Divinità, e accelerò il tempo
della venuta. Erano anche molto gradite a Dio le suppliche del nostro avventurato
Giuseppe; perciò Dio mosso dalle ripetute e mai interrotte istanze, determinò
inviare il Messia promesso. Non venne mai il pensiero, né alla Santissima
Vergine, né a san Giuseppe, che questa grande grazia fosse riservata
a loro – cioè che il Messia nascesse da essi e prendesse carne umana nel seno
della santissima e purissima Vergine Maria -, perché erano umilissimi, e appena
si riconoscevano degni di essere suoi servi.
Arrivato il tempo destinato di fare il grande beneficio della redenzione
al mondo, ed essendo arrivati al sommo i desideri ardenti della Santissima
Vergine, il Divin Verbo si incarnò e prese carne umana nel seno di Maria
Vergine, come è noto a tutto il mondo.
Ciò che seguì nell’Incarnazione circa la Santissima Vergine, non è
necessario narrarlo qui, perché è scritto in molti scritti, e in particolare nella
Vita di Maria santissima. Solo dirò ciò che capitò al nostro Giuseppe.

Egli, avendo passato quasi tutto il giorno avanti in sacri colloqui con
la sua Santissima Sposa e in ardenti brame riguardo alla venuta del Messia
nel mondo, si ritirò la notte tutto acceso di questo desiderio, ed avendo riposato
alquanto, gli parlò l’Angelo nel sonno e gli disse: «Giuseppe, presto, alzatevi
e supplicate Dio con ardore, perché ha destinato di fare un grande bene
a tutto il mondo», ma non gli disse che cosa. Si destò subito il Santo, ed
alzatosi si pose in orazione, a supplicare Dio perché si degnasse di mandare
al mondo il Messia promesso. Quando s’incarnò l’Etemo Verbo, il nostro
Giuseppe stava in orazione pregando per questo, come anche vi stava la sua
Sposa, la quale per tutta quella notte aveva pregato e supplicato.
Il nostro Giuseppe nell’incarnazione del Divin Verbo fu elevato in
estasi e, per la insolita consolazione di spirito che intese in quell’istante, conobbe,
in questa estasi i grandi misteri circa la detta Incarnazione, ma non gli
fu mai manifestato che la sua Sposa fosse la fortunata madre del Verbo Divino.
Gli fu bensì manifestato quanto cara e gradita ella fosse al suo Dio, e
come le sue suppliche erano giunte a penetrare nel cuore di Dio e l’avessero
piegato ad esaudirla nelle sue domande, accelerando l’Incamazione.
Il nostro Giuseppe, tornato dall’estasi, rese affettuose grazie al suo
Dio, e ogni ora gli sembravano mille, per andare a dame notizia alla sua
amata sposa Maria, perché essa si rallegrasse della grazia che Dio gli aveva
fatta nell’estasi avuta, e lei in suo nome lo ringraziasse.
La Santissima Sposa tardò alquanto ad uscire dal suo ritiro quella
mattina, perché era tutta immersa nel gaudio del suo Dio ed applicata alle
adorazioni e ringraziamenti del beneficio ricevuto. Il santo suo Sposo, che di
ciò niente sapeva, si immaginava che ella si trattenesse in orazione, e non ardiva
disturbarla.
Perciò aspettò con grande pazienza ed anche con molta rassegnazione
che la sua santa Sposa uscisse del suo ritiro, e intanto la raccomandava al
Signore, perché l’avesse sempre più ricolmata delle sue grazie e favori, conoscendola
già meritevole di grazie e di doni celesti: infatti già vedeva le sue
rare virtù, e già da Dio gli era chiaramente manifestato il suo grande merito e
la sublime sua santità.
Il nostro Giuseppe stava aspettando la sua santa Sposa per narrarle
quello che gli era capitato, quando uscì la purissima Vergine già fatta Madre
del Divin Verbo, avendolo concepito per opera dello Spirito Santo.

Uscì fuori dal suo ritiro, come era solita, non dando al suo Sposo
dimostrazione alcuna di quanto in lei era avvenuto, ed essendo prudentissima,
tenne sempre celato il segreto del Re, aspettando che Dio l’avesse manifestato
al suo Giuseppe, quando fosse stato necessario che egli lo sapesse.
Il santo Sposo a prima vista la vide più bella e graziosa del solito, col
volto ricoperto di chiarezza, e ne restò ammirato, sentendo in se stesso una
venerazione molto grande verso la sua Sposa, e credette che avesse avuto
qualche estasi ed avesse trattato con Dio nell’orazione. Il suo pensiero non vi
si fermò tanto, perché aveva grande desiderio di parlare con la sua Sposa, e
non avvertì tanto quegli effetti mirabili che in lei scorgeva. Fu lei la prima a
salutarlo, come era solita, e quantunque fosse già eletta a un posto tanto degno
e sublime, non lasciò di umiliarsi, anzi: più che mai si mostrava umile.
La gioia, che la santa Sposa teneva racchiusa nel suo seno verginale,
traspariva anche nell’esterno, così che i suoi occhi sfavillavano, ma
l’accortissima Sposa li teneva modestamente socchiusi, perché il suo Giuseppe
non li ammirasse, e tratteneva l’impeto dell’amore per non dimostrare
nell’esterno la letizia e il giubilo del suo cuore e del suo spirito.
Il nostro Giuseppe le rese il saluto con più ossequio del solito, perché
ammirava in lei la grandezza della grazia divina, e subito le narrò quello
che l’Angelo gli aveva detto nel sonno e quello che nell’orazione aveva gustato
e udito; e le disse anche: «Io credo, Sposa mia, che anche voi siete stata
molto favorita dalle solite grazie del nostro Dio, perché ne scorgo in voi
chiari segni. E se tanto sono stato favorito io, che sono un miserabile, quanto
sarete stata favorita voi, che tanto amata siete dal nostro Dio e che vi ha arricchita
di tante grazie!»
La santa Sposa chinò la testa a queste parole, e supplicò il suo Giuseppe
di accontentarsi di dare lode a Dio assieme con lei e ringraziarlo di tutte
le grazie che faceva ad ambedue. Il Santo, contentissimo di questo invito,
si unì a lei per cantare le divine lodi ed a fare atti di ringraziamento.
La santa Sposa gli disse: «Poiché l’Angelo vi ha detto che il nostro
Dio ha fatto un beneficio grande al mondo, noi dobbiamo ringraziarlo per
questo in particolare e farlo anche in nome del mondo intero, perché chi sa
se vi sia alcuno che Lo ringrazi e si mostri riconoscente, tanto più che questo
beneficio è nascosto al mondo! E poiché PAngelo non ve l’ha manifestato,
senza dubbio sarà celato. RingraziamoLo dunque insieme a nome di tutto il
genere umano». Il Santo restò per queste parole molto consolato, e la divina
Sposa compose i cantici di lode e li diceva con il suo sposo Giuseppe, anche
con i cantici di ringraziamento; e così si trattennero per un pezzo.
Rimaneva il nostro Giuseppe molto ammirato della virtù e grazia
della sua divina Sposa, e dentro di sé ne dava lode a Dio, e lo ringraziava di
tutto quello che concedeva alla sua Sposa. Terminate le divine lodi e ringraziamenti,
il nostro Giuseppe andò a lavorare e restò la Santissima Vergine a
fare i soliti uffici di casa: quantunque avesse nel suo seno verginale il divin
Verbo Incarnato, non tralasciò di fare quello che prima faceva, servendo il
suo sposo Giuseppe con tutta esattezza. Col considerarsi vera madre del
Verbo Incarnato, non lasciava di riconoscersi umile ancella.
Il nostro Giuseppe stava applicato al suo lavoro e si sentiva attirare
da un insolito affetto e desiderio di andare a trovare la sua Sposa. Sentiva
verso la medesima un amore più potente, più ossequioso e sempre più santo,
perciò non poteva stame lontano se non facendosi molta violenza, perché il
suo spirito lo attirava a quel Dio umanato nelle viscere della sua santa Sposa;
e quantunque a lui era celato il mistero, l’amore faceva il suo ufficio di volere
che gli oggetti amati stiano insieme, godendo della visione dell’altro.
Nel trattenersi con la sua santa Sposa, Giuseppe godeva molto di un
insolito e dolce godimento. Gradiva il Divin Verbo di avere avanti a sé il suo
amato Giuseppe ossequioso, e sempre più lo ricolmava delle sue grazie. Tutto
ciò capiva la divina Madre, ed anche lei di ciò molto godeva.
Il nostro Giuseppe manifestò alla sua Sposa quello che sentiva e gli
disse che lo perdonasse se le era molesto con le continue visite che le faceva
e se disturbava la sua quiete, perché lui non poteva fame a meno: si sentiva
attirare con violenza ad andare spesso a vederla e quando stava alla sua presenza
sentiva un’insolita e più intesa consolazione che per l’addietro.
Si mostrò molto cortese la sua Sposa, e gli disse che andasse pure,
senza timore di recarle pena, perché ogni volta avrebbero detto qualche inno
di lode al loro Dio: con la loro lode avrebbero meritato la Sua grazia e il Suo
favore. Il Santo, animato dalle parole della purissima Sposa, andava [da lei]
senza timore e con molta consolazione, e ogni volta che andava a trovarla gli
sembrava più bella e più colma di grazia, e aveva più venerazione per lei.
Durò per breve tempo questa consolazione al nostro Giuseppe, perché
l’Angelo aveva detto alla Santissima Vergine – quando Pannunzio – che
la sua parente Elisabetta era incinta di sei mesi. [Maria] volle andare a visitarla,
conoscendo che questa era la volontà del Verbo Incarnato, che voleva
andare di persona a santificare il suo Precursore Giovanni.
L’Angelo parlò al nostro Giuseppe nel sonno, e gli manifestò come
la loro parente era incinta, e che vi conducesse la sua Sposa perché
l’assistesse per quei tre mesi prima del parto.
Questo avviso fu una spada al cuore del nostro Giuseppe, al pensiero
di dover, per qualche tempo, restare privo della sua sposa Maria. Chinò la
testa agli ordini divini e si uniformò alla volontà del suo Dio. Manifestò alla
sua Sposa quello che l’Angelo gli aveva detto, ed ella lo pregò di condurla
presto dalla parente Elisabetta, perché anche lei conosceva che quella era la
divina volontà. Vedendo il suo Giuseppe tanto afflitto, gli fece animo e gli
disse: «Non temete, perché io terrò continua memoria di voi, né lascerò di
raccomandarvi a Dio; terminati i tre mesi, torneremo di nuovo a vivere insieme
e lodare e servire il nostro Dio. Intanto non si dividerà il nostro spirito
e il nostro amore verso l’Oggetto da noi amato, che è il nostro Dio, degnissimo
di ogni lode, amore e fedele servizio.
Ora ci vuole fare provare, con questa lontananza, se noi siamo fedeli
a Lui, se ci uniformiamo alla Sua volontà. Noi siamo obbligati di mostrarci
fedelissimi, perché Dio lo merita e perché molto più di ogni altra creatura
godiamo dei suoi favori e delle sue grazie».
Il nostro Giuseppe restò molto confortato per le parole della Santissima
Sposa, e [desideroso] di adempire la divina volontà, privandosi volentieri
della compagnia della sua Sposa, tanto a lui cara e di tanta sua consolazione,
preferendo al suo gusto quello di Dio e assoggettandosi subito al volere
divino. Godette molto la Santissima Vergine nel vedere il suo sposo Giuseppe
tanto uniformato al divino volere e ne rese affettuose grazie
all’Altissimo.