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La Vita di San Giuseppe della Serva di Dio Cecilia Baij O.S.B. (versione audio e testo) - audiolibro mp3 online

Libro I – (15) Capitolo XV – Giuseppe cresceva nell’amore verso Dio e del prossimo, e FAVORI CHE RICEVETTE DA DIO NEL TEMPIO

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Libro I – (15) Capitolo XV – Giuseppe cresceva nell’amore verso Dio e del prossimo, e FAVORI CHE RICEVETTE DA DIO NEL TEMPIO

Cresceva a meraviglia il nostro Giuseppe, nell’amore verso il suo
Dio, in modo che si struggeva al solo nominarlo. Aveva sempre più il desiderio
di fare cose grandi per la gloria del suo Dio ed aspettava con desiderio
intenso che arrivasse il tempo nel quale, secondo le promesse dell’Angelo, si
sarebbe impegnato completamente nel servizio di Dio.
Diceva sovente al suo Dio: «Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe,
o Dio mio, quando arriverà quel tempo felice in cui sarò tutto impegnato
per voi? Quando si adempirà la vostra promessa?
Il mio cuore arde di desiderio di impegnarmi tutto per Voi. Ascoltate
le mie suppliche ed esaudite i miei desideri!».
Un giorno mentre il Santo era al Tempio, e supplicava in tale modo
il suo Dio, intese la voce del suo amato Bene che nell’intimo del cuore gli
disse: «Giuseppe, mio servo ed amico, sta di buon animo, perché presto sarai
consolato e resterà adempiuto il tuo desiderio».
Alla dolcezza di queste parole fu tanto il giubilo che intese il Santo,
che andò in estasi: in essa gli fu rivelato da Dio che in breve avrebbe anche
ottenuta la grazia di avere una compagnia, con la quale egli potesse trattare e
parlare di Dio e dei divini misteri, che a lui erano stati più volte rivelati, secondo
la promessa fattagli dall’Angelo nel sonno; che il suo Dio gli avrebbe
dato una creatura con la quale egli avrebbe potuto trattare e con lei narrare le
meraviglie deH’onnipotenza divina.
Nello stesso tempo in cui Dio gli rivelava ciò, gli fece anche intendere
le sublimi virtù di colei che gli aveva destinato per trattare con lui. Per allora
non gli fu manifestato altro.
Giuseppe, ritornato dall’estasi tutto consolato nell’anima e allegro
per il favore avuto, si umiliò davanti al suo Dio, lo adorò e lo ringraziò affettuosamente.
Riconoscendo il suo nulla, diceva al suo Dio: «Dio mio, immenso,
incomprensibile, chi sono io che tanto mi favorite?! E come mai la vostra
immensa grandezza si degna trattare con me, verme vilissimo, e farmi, grazie
cosi grandi?! Che Voi vi siate inclinato a trattare con i Profeti, con i Patriarchi,
è cosa ben grande; ma con me, vilissimo schiavo vostro, è cosa da
restare estatico per la meraviglia!
Come, Dio mio, corrisponderò a tanta vostra bontà, a tanta degnazione,
a tanto amore? Mio Dio, eccomi tutto vostro: fate di me quello che a
Voi più piace, non ho altro da donarvi che tutto me stesso ed ogni momento
della mia vita. Intendo donarmi di nuovo a Voi.
E se potessi avere in mio potere i cuori di tutte le creature, li donerei
tutti a Voi, e tutti li sacrificherei al vostro amore. Mio Dio immenso, infinito,
ineffabile, incomprensibile, ricevete la piccola offerta del vostro umile servo
e schiavo, Giuseppe, che di cuore a Voi tutto si dona!».
Così il nostro Giuseppe si umiliava per i favori che riceveva, e si
mostrava grato al suo Dio dei [suoi] benefici, riconoscendo [che] il tutto
[proveniva] dalla divina bontà e liberalità, niente [era] per suo merito, e si
chiamava creatura vilissima e indegna.
Uscito dal Tempio dopo di avere ricevuto così grande favore dal suo
Dio, se ne andò alla sua bottega e qui di nuovo rese grazie a Dio; si pose a
lavorare tutto assorto, e per quel giorno non prese cibo corporale. La notte
seguente gli parlò l’Angelo nel sonno e si congratulò del favore ricevuto.
L’assicurò anche lui che presto avrebbe avuto quello che egli molti anni
prima gli aveva promesso da parte di Dio. L’esortò a continuare a rendere
grazie a Dio del grande beneficio che gli avrebbe fatto. Svegliatosi, il santo
giovane rese nuove grazie a Dio, invitando, col Santo Davide, le creature tutte
a lodare il suo Dio; e con i tre fanciulli Babilonesi, a benedirlo.
Questo lo faceva non solo quando riceveva qualche favore particolare,
ma quotidianamente, godendo molto il suo spirito nel recitarle; poi ringraziava
il suo Dio che avesse dato alle sue creature il modo di benedirlo e
lodarlo.

Stava il santo giovane, aspettando le grazie promesse, con quiete e
tutto rimesso alla divina disposizione. Le bramava, ma la sua brama non era
impaziente, né mai investigò cosa alcuna, né mai si poneva a pensare che cosa
sarebbe stata, né chi fosse stata colei che Dio gli avrebbe data quale compagna
e in che si sarebbe dovuto applicare per il servizio del suo Dio.
Niente di questo cercò il nostro Giuseppe, ma tutto quieto e tranquillo
aspettava le divine promesse, sicurissimo che il suo Dio tutto avrebbe
fatto con somma provvidenza e con infinito amore.
Questo sì che spesso replicava: «Che bella sorte sarà la mia, di trattare
con una creatura la quale da Dio mi sarà data per parlare delle Sue grandezze,
della Sua bontà, dell’infinito Suo amore, delle Sue divine perfezioni!
Questa creatura si degnerà trattare con me né sdegnerà la mia umiltà, la mia
povertà, la mia bassezza, l’indegnità mia! Quanto buono siete Voi, mio Dio!
quanto bene assecondate i desideri di chi si fida di Voi, e tutto in voi si affida!
». Questo diceva il Santo lodando e ringraziando sempre il suo Dio, e ricevendo
tutto il bene dalle sue divine mani riconoscendo che tutto proviene
da Lui. A misura che cresceva in Giuseppe l’amore verso il suo Dio, cresceva
anche l’amore ,verso il suo prossimo. Si struggeva quando sapeva che vi
era qualche povero bisognoso e non lo poteva soccorrere, perciò lo raccomandava
caldamente a Dio perché Lui lo soccorresse.
Molte volte si privava anche del necessario per soccorrere i poveri; e
quando gli era dato il denaro del lavoro che aveva fatto, subito la maggior
parte la dava ai poveri bisognosi. Le persone afflitte, poi, le compativa tanto,
e supplicava Dio per esse con tanta premura perché Lui le consolasse.
Perseverava nell’orazione fin tanto che sapeva che Dio l’aveva esaudite.
Avrebbe voluto provvedere ai bisogni di tutti, sia spirituali sia temporali,
e diceva al suo Dio: «Dio mio, Voi già vedete la mia povertà e la mia insufficienza,
e che non faccio quel bene che io vorrei al mio prossimo.
Perciò soccorrete Voi, ricco di misericordia; Voi, che siete tutta carità
e amore, soccorrete Voi ai bisogni di tutti: consolate gli afflitti, sovvenite i
bisognosi, perché Voi tutto potete. Godo, mio Dio, di essere io povero e insufficiente,
perché voi siete sommamente ricco e tutto potete; perciò vi domando
ciò che non so né posso fare». Godeva molto Dio di queste espressioni
del suo fedele servo, e non tralasciava di esaudirlo nelle sue domande.
Giuseppe si mostrava grato, ringraziando continuamente anche da parte di
quelli che ricevevano il beneficio.
Similmente faceva verso gli infermi, supplicando Dio continuamente
per la loro salute corporale e molto più per la salute spirituale. Li visitava, li
consolava, li animava a soffrire con pazienza l’infermità che Dio inviava loro.
Questo atteggiamento lo teneva con i poveri.
A quelli di riguardo e che possedevano ricchezze, non si accostava,
perché diceva che lui era povero e non si arrischiava a trattare con loro, ma
solo con i poveri suoi pari. Per quelli faceva orazione e li raccomandava caldamente
a Dio, così non tralasciava di beneficarli, benché non ci parlasse,
usando con tutti la sua grandissima carità.
Il nostro Giuseppe continuò in questo tenore di vita per più anni, crescendo
a meraviglia nell’amore verso il suo Dio e del prossimo e nella pratica
di tutte le virtù, in modo che si rendeva mirabile, non solo agli occhi degli
uomini, ma agli Angeli stessi, tanta erano la sua purezza ed innocenza, la sua
umiltà, la sua carità, il disprezzo di tutte le cose caduche e terrene, ed il disprezzo
e basso sentimento che aveva di se stesso.
Si umiliava non solo al cospetto del suo Dio, ma anche di tutte le
creature, le quali, per vili e abiette che fossero, tutte riteneva maggiori di sé e
le guardava con grande carità ed amore. Tutti compativa e per tutti pregava,
desiderando per tutti ogni vero bene, domandandolo a Dio con grand’istanza.
Per le solennità che si celebravano nel Tempio, si vedeva il nostro
Giuseppe, tutto giulivo e con tanta devozione, assistere a tutte le funzioni.
Non si tratteneva a guardare cose curiose come facevano gli altri ma, con gli
occhi fissi in terra ed il cuore a Dio, stava tutto assorto. In questo tempo Dio
si degnava illuminare la sua mente, facendogli capire misteri altissimi; e si
deliziava l’anima sua nel suo Dio e godeva dei divini favori.
Con larga mano Dio con essi rimunerava il suo fedele servo che per
amore suo si privava di tutte le soddisfazioni che in tale circostanza gli altri
si prendevano. Così [Giuseppe] si rendeva sempre più gradito al suo Dio, e
capace dei divini favori.

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Libro I – (15) Capitolo XV – Giuseppe cresceva nell’amore verso Dio e del prossimo, e FAVORI CHE RICEVETTE DA DIO NEL TEMPIO