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La Vita di San Giuseppe della Serva di Dio Cecilia Baij O.S.B. (versione audio e testo) - audiolibro mp3 online

Libro I – (14) Capitolo XIV – Altre grazie fatte da Dio a san Giuseppe; il sentimento che [egli] aveva delle divine offese e come bramava che tutti gli UOMINI SI SALVASSERO

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Libro I – (14) Capitolo XIV – Altre grazie fatte da Dio a san Giuseppe; il sentimento che [egli] aveva delle divine offese e come bramava che tutti gli UOMINI SI SALVASSERO

Dio si compiaceva molto dell’amore e della fedeltà di Giuseppe, e
non tralasciava di ricolmarlo sempre più di grazie e di meriti. Il Santo così
bene ne approfittava che si rendeva sempre più capace di riceverne dei maggiori,
con la corrispondenza e gratitudine verso il suo Dio.
Spesso perciò era favorito di sublimi estasi, ed in quelle intendeva
altissimi misteri della divina Essenza: in esse molto si dilettava l’anima di
Giuseppe, e restava sempre più infiammato dell’amore del suo Dio.
Capiva la grandezza del merito, che aveva Dio, di essere amato e
servito fedelmente; e si accendeva di un vivo desiderio di ciò e bramava che
tutte le creature L’amassero con tutto il loro cuore.
Dio gli faceva conoscere come la maggior parte degli uomini sì perdeva
nell’amore delle creature e delle cose caduche e transitorie. Per questo
il nostro Giuseppe ne sentiva una pena insoffribile, ed avrebbe voluto supplire
lui alla mancanza di tanti ma, conoscendosi insufficiente, si umiliava e diceva
al suo Dio: «Dio mio, perché ho un solo cuore per amarvi, Bontà infinita?!
Perché non ho io il cuore di tutti gli uomini?
Tutti li consacrerei al vostro amore! Voi siete il nostro Padre, che ci
avete creati con tanto amore, e ci conservate la vita, perché vivendo amiamo
la bontà vostra: e dov’è l’amore che come figli vi dobbiamo? Come possono
scordarsi di Voi le creature, mentre sono fattura delle vostre mani e hanno la
somiglianza vostra? La mia mente non sa intendere perché le creature vivono
dimentiche di Voi, Padre amantissimo!». In questi discorsi che faceva
con il suo Dio, si struggeva d’amore e di desiderio perché non fosse da tutti
amato e servito.
Dio godeva molto di vedere ed udire i desideri del suo fedele servo,
e quanto ciò gli era gradito! Gliene dava spesso la prova facendosi, in tale
occasione, gustare all’anima sua, riempiendola di dolcezza, e facendogli udire
spesso, nel più intimo del cuore, la sua voce, per la quale restava il Santo,
tutto assorto nella dolcezza e amabilità del suo Dio.
Il Santo aveva anche un grande timore di offendere il suo Dio e questo
timore nasceva dall’amore che gli portava, temendo di poterlo disgustare.
Ne porgeva calde suppliche a Dio, perché lo facesse morire piuttosto che dare
un minimo disgusto alla sua infinita bontà.
Una volta, il Santo stava più del solito tormentato da questo timore;
andato al Tempio per raccomandarsi a Dio, fece una lunga orazione supplicandolo
con calde lacrime e infuocati sospiri di non permettere mai che Lo
disgustasse in cosa alcuna, e venisse a perdere la Sua grazia ed amicizia.
Dio consolò il suo servo assicurandogli che lui non avrebbe mai perduto
la Sua grazia e che si sarebbe conservato innocente fino alla morte.
A questo grande favore ed a questa promessa, fu così grande la consolazione
che intese il Santo, che non stava più in se stesso per la gioia; e
non passò giorno della sua vita che non rendesse affettuose grazie al suo Dio
per la sicurezza avuta.
Con tutto ciò non lasciò di stare ben cauto in ogni sua azione, perché
Dio non venisse offeso mai da lui. Stava sempre con timore, ma un timore di
se stesso: non dubitava della grazia che Dio gli aveva promesso, perché ne
era sicurissimo, avendo una grande fede in tutte le cose che il suo Dio gli
prometteva.
Se tanto grande era la pena che il nostro Giuseppe sentiva, perché il
suo Dio non fosse da tutti amato e servito fedelmente; quanto maggiore era il
dolore che sentiva, nel vedere quando Dio era gravemente offeso! Fu tanto il
dolore che di ciò sentiva che più volte ne svenne per il peso; e amaramente
piangeva quando sentiva dire che il suo Dio era stato gravemente offeso.
Una volta l’Angelo parlò nel sonno a Giuseppe, e gli disse che Dio
era molto adirato per le molte e gravi offese che dal mondo continuamente
riceveva; perciò supplicasse Dio di placare il suo sdegno, perché i peccatori
non venissero ad essere severamente castigati come meritavano.
Gli disse anche che la santissima fanciulla Maria faceva questa stessa
preghiera e che per questo si rendeva molto gradita a Dio, e che per le sue
suppliche [Dio] tratteneva i castighi.

Questo bastò al Santo per applicarsi a supplicare Dio per i peccatori,
perché non li castigasse con la morte eterna.
A volte passava giorni interi e buona parte della notte a piangere per
le divine offese e supplicava Dio del perdono e di dare luce ai peccatori perché,
ravveduti dei loro errori, ne facessero penitenza.
Quando sapeva che nella città vi era qualche peccatore o trasgressore
della Legge, tanto pregava, tanto si raccomandava a Dio, finché ne seguiva
la conversione.
Molte volte il Santo ottenne queste grazie per le suppliche che porgeva
a Dio e per le lacrime che spargeva, e diceva al suo Dio: «Mio Dio, sono
miserabile, non merito di essere esaudito, ma unisco queste mie suppliche
a quelle che vi porge la fanciulla Maria, perché so che le sue vi sono gradite
ed accette; così le mie suppliche unite alle sue, sono certo che saranno a Voi
gradite, e che vi muoverete a pietà di chi vive lontano da Voi e cammina
verso la perdizione. Dategli luce per conoscere i loro errori, e grazia di convertirsi
a Voi con tutto cuore».
Dio gradiva molto queste suppliche, ed una volta l’assicurò del gusto
che ne aveva. Mentre Giuseppe pregava per la conversione e il ravvedimento
di un ostinato peccatore, dopo molte suppliche intese la voce del suo Dio che
gli disse: «Ti sia concesso quanto domandi». E di fatto il peccatore poi si
convertì, e Giuseppe, ne intese una grande consolazione e ne rese affettuose
grazie a Dio. Egli si diceva pronto a soffrire tutti i mali purché il suo Dio non
fosse da alcuno offeso, e diceva: «Mio Dio, mandate sopra di me i castighi, i
travagli, purché voi non siete offeso e disgustato. Io sono pronto a soffrire
tutto, purché non si trovi alcuno che vi offenda».
Quando sentiva che vi era qualche peccatore moribondo, si struggeva
in lacrime e stava in continua orazione, perché Dio rendesse a quel tale la
salvezza e potesse convertirsi, oppure gli desse un grande dolore delle sue
colpe; e diceva: «Dio mio, non sia mai che si perda nessuna anima che Voi
avete creata a vostra immagine e similitudine!».
Dio spesso lo consolava restituendo la salute al moribondo, e gli dava
il tempo di fare penitenza, ma costavano molto al Santo queste grazie, per
le quali vegliava le notti intere pregando e piangendo; ed aggiungeva anche
delle mortificazioni e penitenze, digiunando più giorni, mangiando solo pane
e bevendo [solo] acqua.
Sentendo poi che vi erano tanti pagani e nazioni che non conoscevano
né adoravano il vero Dio, ma i demoni, si sentiva trapassare l’anima dal
dolore, e piangendo pregava il suo Dio di volersi degnare di mandare presto
il Messia promesso, per fare conoscere a tutti il vero Dio, e insegnare loro la
via della salvezza.

Benché il Santo fosse occupato nel lavoro, non dimenticava tutto
quello che sinora ho detto, ma era continua la sua domanda anche nel tempo
del lavoro e in ogni altro tempo, supplicando continuamente il suo Dio,
che era sempre presente alla sua mente. Aveva imparato a memoria tutte le
suppliche che avevano fatto i Patriarchi e Profeti, perché Dio mandasse presto
al mondo il Messia promesso.
Tutte le aspirazioni che avevano fatto al Messia, perché presto venisse
a redimere il popolo e tutto il mondo, il nostro Giuseppe le ripeteva continuamente
con grande fervore e desiderio; specialmente quando andava al
Tempio le ripeteva e con calde lacrime ed infuocati sospiri supplicava il suo
Dio e diceva: «Beati gli occhi di quelli che vedranno il Messia nella carne!
Beate le orecchie che udranno le sue divine parole! E più beato il cuore che
l’amerà ed a Lui si donerà!»

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Libro I – (14) Capitolo XIV – Altre grazie fatte da Dio a san Giuseppe; il sentimento che [egli] aveva delle divine offese e come bramava che tutti gli UOMINI SI SALVASSERO