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La Vita di San Giuseppe della Serva di Dio Cecilia Baij O.S.B. (versione audio e testo) - audiolibro mp3 online

Libro I – (9) Capitolo IX- Altre virtù che praticò san Giuseppe e suoi progressi nella SAPIENZA

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Libro I – (9) Capitolo IX- Altre virtù che praticò san Giuseppe e suoi progressi nella SAPIENZA

Mentre il nostro Giuseppe cresceva nell’età, cresceva anche mirabilmente
nella pratica delle virtù, e avanzava molto nell’amore verso Dio,
come anche nello studio delle Scritture e specialmente nei Salmi di David,
che imparò quasi tutti a memoria per il continuo replicarli. Il Santo continuò
nel tenore di vita che abbiamo detto per lo spazio di quindici anni, conservando
sempre intatto il suo candore e la sua innocenza, non avendo mai disgustato
il suo Dio, non solo con la colpa grave, ma neppure leggera volontaria.
Poneva tutto il suo studio nel fuggire anche ogni minima ombra di peccato,
standogli sempre a cuore l’avviso dello Spirito Santo, che chi disprezza
le colpe piccole cade nelle gravi.
In questo fu accuratissimo il nostro Giuseppe, e faceva grande conto
delle cose leggere, custodendo con grande rigore tutti i suoi sensi ed in particolare
gli occhi, con i quali mai fissò in faccia alcuno, specialmente di diverso
sesso, sapendo che Davide ed altri erano caduti per essere stati curiosi
nel guardare ciò che si deve fuggire. Quanto più egli si mortificava nei suoi
sensi per essere fedele al suo Dio, tanto più grazia da Dio riceveva, e cresceva
in lui l’amore verso il suo Dio, unico oggetto del suo amore e dei suoi desideri.
Quando a volte gli veniva il desiderio di guardare qualche cosa che
reca piacere alla vista, ma dopo pena al cuore per la colpa nella quale facilmente
si cade, il nostro Giuseppe subito alzava gli occhi al cielo, e qui si dilettava
con la mente a contemplare le bellezze increate del suo Dio, e così
restava tutto consolato. Questo esercizio lo praticava spesso, ora contemplando
un attributo divino ora un altro; per mezzo di questo esercizio perdeva
il desiderio delle cose create e si accendeva in lui sempre più l’amore di
Dio ed il gusto che sentiva nel trattenersi con Lui solo.
Il santo giovane conosceva molto bene che i suoi genitori l’amavano
molto, e perciò spesso se ne lamentava con il suo Dio, perché temeva che
l’amore che portavano a lui diminuisse in loro l’amore per Dio. Non mancava
di dire loro, quando si presentava l’occasione, che stessero attenti, perché
l’amore si doveva tutto a Dio: egli gradiva il loro affetto, ma temeva che, essendo
troppo sensibile, potesse in qualche modo disgustare il suo Dio, il quale
si deve amare sopra tutte le cose e a Lui di deve donare tutto l’amore.
Per queste parole i suoi genitori restavano molto edificati, e procuravano di
diminuire il troppo amore che portavano al figliuolo, e di consacrarlo tutto a
Dio, come il figliuolo diceva loro. Il nostro Giuseppe ne sentiva molta consolazione
e ne rendeva grazie a Dio, il quale si degnava di fargli la grazia
che fossero accolti i consigli che dava ai suoi genitori.
Giuseppe fuggiva poi con accortezza di comparire virtuoso e sapiente,
né mai si pose a disputare con alcuno, quantunque fosse molto dotto nella
legge di Mosè.
Tutti lo stimavano idiota e di poco intendimento; ne godeva, molto
amando di essere disprezzato e non stimato da alcuno. Non voleva mai sentire
ragionare su ciò che si faceva in città. Era nemico de[i commenti su]lle
notizie, e ciò – diceva – gli toglieva l’applicazione che doveva avere, sia per
Dio che anche per lo studio. Perciò in casa sua, quando egli era presente, non
si parlava mai di cose curiose, né di ciò che si faceva nel paese. Infatti viveva
mortificato in tutto, non permettendo mai ai suoi sensi una minima soddisfazione
che potesse renderlo in qualche cosa meno gradito al suo Dio.
Giuseppe praticava queste virtù per la luce che Dio gli comunicava
nella preghiera, facendogli conoscere chiaramente quel tanto che doveva
operare per fargli piacere, ed egli non tralasciò mai di fare tutto quello che
conosceva essere gradito a Dio. Dio l’aveva dotato di una virtù mirabile per
consolare gli afflitti, e in questo egli si esercitava. Quando si incontrava con
qualche persona travagliata ed afflitta, la consolava in modo tale che quella
restava, se non del tutto, almeno molto alleggerita dalla sua afflizione.
Giuseppe non mancava di porgere ferventi suppliche al suo Dio, perché
avesse a consolare il prossimo col quale egli aveva parlato. In paese si
divulgò la fama, che il santo giovanetto aveva maniere tanto soavi per consolare
quelli che si trovavano in angustie. Spesso questi andavano in sua casa
sia per sentirlo parlare e sia per consolarsi, ed il santo giovane li consolava
con le sue dolci maniere e li animava a soffrire bene, dicendo a tutti che si
raccomandassero a Dio, e che da Lui sperassero ogni consolazione ed ogni
bene, perché Egli glielo poteva dare in pienezza.
Poi li esortava a pregare Dio che si degnasse di accelerare il tempo
delle sue misericordie con mandare al mondo il Messia promesso nella Legge,
perché questo sarebbe stato di consolazione a tutti. Quando vi era qualche
persona afflitta per la povertà, la quale non aveva con che vivere, ricorreva
a lui con tutta confidenza, sapendo quanto grande fosse la sua carità; e
Giuseppe, con grande sottomissione, supplicava i suoi genitori a sostenere
quel prossimo bisognoso, ed essi lo facevano prontamente, compiacendo in
tutto il figliuolo. Spesso il suo genitore gli dava dei denari, perché soccorresse
i poveri bisognosi con le proprie mani. Il figliuolo faceva ciò con grande
gioia, godendo di soccorrere il suo prossimo, e diceva loro: «Riconoscete
questo bene da Dio, perché ne faccia parte a voi: così sia voi che io dobbiamo
ringraziare il nostro Dio che ci benefica».
Nel fare la carità fuggiva ogni stima, chiamandosi anche lui povero e
da Dio beneficato, perché beneficasse il suo prossimo. Così procurava che
tutti riconoscessero il bene da Dio, dando a Lui tutta la gloria e i ringraziamenti.
Perciò il nostro Giuseppe era molto amato da quelli che egli beneficava
e lo lodavano anche in città.
Questa fu occasione di invidia da parte di alcuni cattivi, che lo perseguitavano
e sparlavano molto del santo giovanetto, dicendo che faceva tutto
per farsi lodare e stimare. Di questi si serviva il demonio per mettere in
discredito la virtù del santo giovane. Ciò fu riferito a Giuseppe, che godette
molto di essere screditato e che di lui si parlasse male; solo gli dispiacevano
le offese fatte al suo Dio, perciò lo pregava affinché li illuminasse e perché
la sua bontà non fosse da quelli offesa, e li raccomandava caldamente a Dio.
Quando il Santo si incontrava con quelli che lo biasimavano, si mostrava
molto cortese e affabile, e se gli capitava l’occasione di entrare in discorso,
diceva loro: «Non offendete Dio! Se offendete me, poco importa!».
Alcuni suoi malevoli restarono affezionati al Santo per la dolcezza
delle sue parole e per il modo con cui egli li trattava, perché a tutti si umiliava
e sottometteva, riconoscendo tutti più di sé e di maggiore virtù. Parlava
a tutti con grande rispetto e sottomissione in modo che i cuori più duri restavano
inteneriti alle sue parole e dolci maniere. Ben si scorgeva come il Santo
trattasse con Dio nell’orazione e come il suo cuore fosse pieno dello Spirito
di Dio.
Il nostro Giuseppe fu dotato anche di una grande fede, in modo che
mai dubitò delle promesse che Dio gli aveva fatto per mezzo dell’Angelo
che gli parlava nel sonno; e quantunque vedesse prolungare molto le promesse,
non vacillò mai, ma stette sempre saldo nel credere che tutto si sarebbe
avverato perfettamente, imitando così il patriarca Abramo nel credere.
Le parole che gli diceva l’Angelo erano da lui ritenute per certe, aspettando
le promesse che gli aveva fatto, non tralasciando mai di supplicare il suo Dio
perché lo consolasse nel dargli quello che l’Angelo gli aveva promesso.
Il nostro Giuseppe camminava con tanta prosperità nella via dei divini
precetti, sentendo nella sua anima la divina consolazione. Dio volle provare
la sua fedeltà con sottrargli i suoi divini lumi e la consolazione intema,
privandolo anche dell’aiuto speciale che aveva dall’Angelo, non facendoglielo
più sentire. Il santo giovane si trovò in grandi afflizioni ed angustie.
Non tralasciò però i suoi soliti esercizi di pietà, anzi accrebbe le orazioni
e i digiuni con le continue suppliche al suo Dio, temendo molto di
averlo disgustato. Passava le notti intere in orazione supplicando il suo Dio
di degnarsi di manifestargli, per mezzo dell’Angelo, la causa dell’abbandono
che sentiva ed in che cosa l’avesse disgustato, per poterne fare la dovuta penitenza:
infatti egli non era consapevole di cosa alcuna per la quale il suo
Dio si fosse da lui ritirato.
Trascorse alcuni mesi il santo giovane in questo travaglio, soffrendo
con grande fortezza e con speranza, certo che Dio non avrebbe tralasciato di
consolarlo in tanta afflizione. Quanto più si vedeva abbandonato, tanto più
cresceva in lui la fede e la confidenza in Dio, e più a Lui si stringeva con
l’orazione e l’uniformità al suo santo volere. Diceva spesso a Dio che
meritava quella sottrazione per la cattiva corrispondenza che egli faceva [alle sue
grazie] e per le molte offese [che gli arrecava], umiliandosi sempre più e
riconoscendosi peccatore.
Dio permise anche che il demonio in questo tempo tentasse molto il
Santo con varie tentazioni, e specialmente di diffidenza; ma anche allora
stette sempre forte confidando sempre più nella grande bontà del suo Dio.
Il nostro Giuseppe, avendo sofferto con grande pazienza e rassegnazione,
ed avendo superate generosamente tutte le tentazioni ed assalti del
nemico infernale, si mostrò in tutto e per tutto fedelissimo al suo Dio, che si
compiacque di consolarlo e premiare la sua fedeltà.
Una notte mentre pregava più afflitto del solito, [Giuseppe] intese la
voce interna del suo amato Dio che lo confortò, dicendogli che lo amava
molto, e non l’aveva mai abbandonato, ma che era stato sempre il suo aiuto
per mezzo della sua divina grazia. Il Santo restò molto consolato all’udire
questa voce, che fu accompagnata anche da una mirabile dolcezza e soavità.
La sua mente fu illuminata e, colmo di giubilo, pianse di consolazione, e si
impiegò nel lodare e ringraziare il suo Dio che in questo modo si era degnato
consolarlo e restituirlo allo suo stato primitivo.
Passato un po’di tempo in atti di ringraziamento e dolci colloqui con
Dio, prese un poco di riposo. L’Angelo gli parlò nel sonno e l’assicurò che
nel tempo della sua desolazione aveva dato molto gusto a Dio, mostrandosi
fedele nelle tentazioni. Dio gliele aveva fatte sperimentare in prova della sua
fedeltà e del suo amore, e non perché fosse stato da lui disgustato, come temeva.
Il santo giovane, destatosi, si trovò molto contento per le parole
dell’Angelo, e sebbene non lo vedesse, né lo sentisse quando era desto dal
sonno, tuttavia ogni volta che gli parlava [nelle sue preghiere] lo supplicava
di fare i dovuti ringraziamenti a Dio per parte sua, perché si riconosceva insufficiente
a ringraziarlo come doveva, e l’Angelo non mancava di adempire
quello che da Giuseppe gli aveva ordinato.
Il Santo, tornato al primo stato di consolazione e di quiete del suo
spirito, perché era tornata la divina luce neH’anima sua, non si saziava di lodare
e magnificare la bontà del suo Dio, e con chi gli capitava parlava delle
divine grandezze e perfezioni, accendendosi sempre più nel divino amore.
La fiamma, che gli ardeva nel cuore, gli traspariva anche nel volto, che appariva
vermiglio con gli occhi sfavillanti, e recava grande meraviglia a chi lo
guardava e molto più ai suoi genitori, che ne sentivano una grande consolazione
e compunzione insieme. Spesso fra di loro discorrevano della felice
sorte che era toccata loro dandogli Dio un tale figliuolo.
Il giorno che nacque la santissima Vergine Maria, destinata a essere
Madre del divin Verbo e sposa di Giuseppe, il suo Angelo nel sonno parlò al
nostro santo giovane, e gli disse di ringraziare Dio di un beneficio singolarissimo
che aveva fatto a tutto il mondo, e specialmente a lui. Non gli manifesto però
che cosa fosse ed il Santo non andò a investigare, ma subito si destò
e si pose in orazione, ringraziando Dio del beneficio fatto al mondo e in particolare
a lui, come gli aveva detto l’Angelo.
Nel fare questo atto di ringraziamento intese un’insolita dolcezza ed
allegrezza non intesa in passato. Andò in dolcissima estasi nella quale gli furono
rivelati molti misteri riguardo alla venuta del Messia promesso e della
sua divina Madre.
Per questo il Santo restò molto consolato ed acceso sempre più dal
desiderio che aveva della venuta del Messia nel mondo; perciò rinforzò le
suppliche con maggior insistenza, e tutto si struggeva in questi desideri, dando
con questo molto gusto a Dio che voleva essere pregato con grande insistenza
perché mandasse al mondo il Messia promesso dalla Legge. Di solito
Dio richiede dagli uomini molte suppliche per dare grazie molto grandi e sublimi,
ed in ciò il nostro Giuseppe assecondava il divino volere.

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Libro I – (9) Capitolo IX- Altre virtù che praticò san Giuseppe e suoi progressi nella SAPIENZA