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La Vita di San Giuseppe della Serva di Dio Cecilia Baij O.S.B. (versione audio e testo) - audiolibro mp3 online

Libro I – (4) Capitolo IV – Infanzia di san Giuseppe: come si comportò con Dio e con i suoi GENITORI, FINCHÉ INIZIÒ A PARLARE E CAMMINARE

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Libro I – (4) Capitolo IV – Infanzia di san Giuseppe: come si comportò con Dio e con i suoi GENITORI, FINCHÉ INIZIÒ A PARLARE E CAMMINARE

La madre continuava ad allattare il suo figlio con la solita consolazione,
tutta attenta ad osservarlo. Molto spesso il nostro Giuseppe si faceva
vedere tutto mesto ed afflitto e spargeva lacrime in un profondo silenzio.
Stupiva la madre nel vedere cose tanto insolite nel suo figlio ma, poiché era
prudentissima, taceva, né manifestava ad alcuno le meraviglie che nel figlio
osservava, pensando già che la grazia l’avesse prevenuto.
Quest’atteggiamento in cui si faceva vedere il nostro Giuseppe, apportava
alla madre una grande compunzione, come se vedesse in figura di
penitente l’innocente suo figlio. In questo non errava, perché il nostro Giuseppe,
avendo già l’uso di ragione ed essendo arricchito della grazia santificante,
conosceva più di ogni altro il suo Dio e capiva quanto era offeso e disgustato
dagli uomini. Giuseppe perciò, tutto mesto e dolente, spargeva lacrime
in abbondanza, che poi offriva a Dio, supplicandolo di avere pietà dei
peccatori, di illuminarli e fare conoscere ad essi i loro gravi errori.
Oltre la conoscenza che il nostro Giuseppe aveva, gli era suggerito
spesso dall’Angelo di fare questi atti verso il suo Dio: a Lui sarebbero stati
graditi e egli avrebbe, con questo, usato anche la carità verso il prossimo
colpevole. Il nostro Giuseppe lo faceva con grande desiderio di fare piacere a
Dio e di beneficare il prossimo, perciò, appena nato, si può dire che già
adempiva i due precetti della Legge, di amare il suo Dio sopra ogni cosa, con
tutte le sue potenze e forze, ed il prossimo suo.
Ciò che non poteva fare per sé, perché non aveva colpa, lo faceva
per il suo prossimo, piangendo ed affliggendosi per le colpe altrui. Quanto
fossero gradite a Dio le lacrime dell’innocente Giuseppe, ce lo dimostreranno
le grazie che Dio gli fece, una delle quali fu l’accelerare il tempo della
nascita della madre del divin Verbo, della quale egli fu il custode e fedelissimo
sposo.
Il santo fanciullo si faceva vedere spesso come astratto ed assorto in
Dio, e stava in questo modo giorni interi, senza prendere il solito alimento,
contentandosi di quel cibo soavissimo che tanto riempiva il suo spirito, che
era la divina consolazione.
Quanto questa fosse grande si poteva capire da quello che anche
alPestemo appariva, cioè: un volto tutto angelico, colorito e ridente, con gli
occhi sfavillanti come due stelle.
La madre che lo osservava in tale atteggiamento lo lasciava libero e
non lo importunava; nel guardarlo anche lei si riempiva di una insolita consolazione
e si espandeva tutta in lodi e ringraziamenti a Dio per i doni che si
degnava fare a suo figlio.
Molte volte lo vide il suo genitore, il quale unito con la genitrice
piangeva di consolazione. I genitori del nostro Giuseppe quanto furono consolati
nell’educare il loro fanciullo, e quanto teneramente l’amarono! Ben
più che i genitori di Giuseppe patriarca, che fu poi Viceré dell’Egitto, figura
del nostro Giuseppe.
Quello fu amato dal suo genitore sopra tutti gli altri figlioli, il nostro
Giuseppe fu amato e favorito da Dio sopra ogni altra creatura, destinandolo
padre putativo del divin Verbo Incarnato e sposo della di Lui genitrice.
Quello fu vestito dal padre con veste preziosa, ed il nostro Giuseppe
invece fu vestito ed ornato della grazia santificante.
Quello fu odiato dai suoi fratelli e venduto schiavo: al nostro Giuseppe,
invece, alla morte dei suoi genitori, furono usurpati tutti i beni ed egli
fu costretto ad andare ramingo in Gerusalemme ad imparare l’arte di falegname
per acquistarsi il vitto.

Quello fu interprete dei sogni, il nostro Giuseppe ebbe un Angelo
che nel sonno l’ammaestrava e gli insegnava tutto quello che doveva fare per
piacere al suo Dio e per adempiere la sua volontà.
Quello fu Viceré dell’Egitto ed il nostro Giuseppe fu vice-Dio
nell’Egitto di questo mondo.
Quello restò fedele al suo Principe, lasciando intatta la sua sposa; il
nostro Giuseppe restò fedele allo Spirito Santo, lasciando non solo intatta la
sua divina Sposa, ma fu egli stesso il custode della sua purezza.
Quello conservò il frumento a beneficio di tutto il popolo, il nostro
Giuseppe mise in salvo la vita di Chi era il Frumento degli eletti, il Cibo e
conforto dei fedeli.
Quello fu di consolazione ai suoi parenti e a tutto l ’Egitto ed il nostro
Giuseppe fu di consolazione sia al Verbo Incarnato, alimentandolo con
le sue fatiche e con i suoi sudori, che alla sua Madre, servendole di conforto
nei suoi viaggi; e a tutte le anime fedeli è di consolazione nelle loro necessità
e nelle loro estreme agonie.
Quello fu amato oltremodo dal suo Principe, ed il nostro Giuseppe,
oh! quanto più di lui fu amato e favorito dal suo Dio, tenendo in terra le sue
veci! Perciò non vi è stato in terra alcuno che si sia potuto paragonare al nostro
Giuseppe, tanto favorito e sublimato dal suo Dio. Solo la sua santissima
e purissima Sposa fu sublime in maniera che non si può a lui paragonare,
perché ella era Vergine e Madre del divin Verbo.
Essendo il nostro Giuseppe arricchito di tanti doni, portò non solo
una grande consolazione ai suoi genitori nell’educarlo, ma anch’essi furono
arricchiti di molte grazie per amore del loro figliuolo, che si mostrava loro
grato. Se pregava in quella tenera età per i peccatori, molto più si applicava a
pregare per i suoi genitori.
Dio esaudiva le sue preghiere, e perciò essi crebbero a meraviglia
nelle virtù e nell’amore di Dio e del prossimo.
Quando il nostro Giuseppe era portato dalla sua genitrice nel luogo
dove poteva vedere il cielo, allora si mostrava tanto contento! Fissando gli
occhi al cielo, li teneva immobili a mirarlo, esultando e facendo festa, facendo
con ciò vedere come ivi stava il suo Tesoro e tutto il suo bene.
La madre, che di ciò si avvide, spesso ve lo conduceva, e quando
vedeva il figliuolo afflitto, per sollevarlo, lo portava dove potesse vedere il
cielo, ed allora tutto si rasserenava; e per un pezzo era costretta a tenerlo ivi,
per non privarlo della sua consolazione.

Anch’ella in tali circostanze godeva molto e si rallegrava il suo spirito,
contemplando le grandezze di Dio e le di Lui opere mirabili.
Il nemico infernale vide la luce che splendeva in Giuseppe, e che anche
i suoi genitori facevano grandi progressi nelle virtù; perciò temeva molto
che questo fanciullo gli potesse fare guerra, e che con il suo esempio molti si
applicassero all’esercizio delle virtù. Tentò più volte di togliergli la vita, ma
riuscirono sempre vani i suoi tentativi, perché il nostro Giuseppe era difeso
dal braccio onnipotente di Dio, e custodito dai due angeli che Dio gli aveva
assegnati. Fremeva di rabbia il nemico per non poter effettuare i suoi disegni,
e si appigliò ad altro partito, ingegnandosi di metter guerra e confusione
fra i genitori di Giuseppe. Anche questo gli riuscì vano, perché essendo costoro
ornati di grande virtù e timor di Dio, ben capivano le insidie del comune
nemico, e con le preghiere lo facevano fuggire confuso. Si mise anche
con i servitori della casa, ma anche questo gli riuscì vano, perché il nostro
Giuseppe per tutti pregava e Dio non tardava ad esaudirlo.
Molte volte si asteneva dal prendere il solito alimento per accompagnare
le preghiere con il digiuno, perciò il nemico, trovandosi abbattuto di
forze, resisteva per qualche tempo e si ritirava con il pensiero di fargli nuovamente
guerra. Aspettava l’occasione, ma sempre restò vinto ed abbattuto,
perché le preghiere di Giuseppe avevano una grande forza, ed erano molto
efficaci presso Dio. L’Angelo, destinato a parlargli nel sonno, ammoniva il
nostro Giuseppe di tutto ciò che doveva fare per abbattere il nemico infernale.
Lo avvisava quando il nemico si avvicinava per fargli guerra e mettere
disturbo nella sua casa; allora il nostro Giuseppe non mancava di fare quello
che l’Angelo gli aveva detto nel sonno.
Arrivato il fanciullo ad un’età competente, e crescendo a meraviglia,
la madre gli tolse le fasce e lo vestì. Il nostro Giuseppe mostrò grande gaudio,
ed alzando le mani verso il cielo, pareva che volesse volare dove era il
suo Tesoro. Spesso lo vedevano in tale posizione.
Altre volte la madre lo trovava con le mani incrociate sul petto, molto
strette, in segno di abbracciare il suo Dio, che abitava nell’anima sua per
mezzo della grazia e dimorando nel suo cuore. Altre volte lo trovava con le
mani giunte, in atto di pregare, e tanto astratto che pareva non avesse sentimenti,
perché tutto assorto nella contemplazione. La madre in tali circostanza
lo lasciava stare ed egli vi dimorava i giorni interi trattenendosi nel contemplare
le divine perfezioni. Era istruito e ammaestrato nell’orazione dal
suo Angelo, e molto più dal suo Dio, che con tanta generosità si comunicava
all’anima sua e gli infondeva il suo spirito.
Il nostro Giuseppe cresceva ogni giorno più nell’amore verso il suo
Dio e nella cognizione delle divine perfezioni. Bramava anche lui di arrivare
ad essere perfetto e santo, per potere in qualche modo rassomigliarsi al suo
Dio nella santità, e corrispondere al suo infinito amore. Perciò desiderava
anche di arrivare presto a camminare, per potere impegnarsi anche con il suo
corpo in ossequio del suo Dio, e fargli quelle dimostrazioni di amore e sottomissione
anche all’esterno. Dio gradiva molto i desideri del nostro Giuseppe
e li esaudiva, così che arrivò in breve a camminare.

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Libro I – (4) Capitolo IV – Infanzia di san Giuseppe: come si comportò con Dio e con i suoi GENITORI, FINCHÉ INIZIÒ A PARLARE E CAMMINARE