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Sensi soprannaturali

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Un anziano disse: «Se non curiamo l’esteriore, è impossibile custodire l’interiore».
[N., 272 *]

Se tu non hai l’umiltà spirituale e l’orazione spirituale, acquista almeno quelle corporali e, attraverso le corporali, verranno anche le spirituali; altrimenti ti affatichi per niente.
[N., 592/46 (P.E., IV, 8, 13)]

Disse: «Che la vita del monaco sia a imitazione di quella degli angeli: bruci e consumi i peccati».
[P.G., 79, 9476c]

L’abate Daniele raccontò: «Quando l’abate Arsenio sapeva che vi erano delle frutta mature, se le faceva portare e le assaggiava tutte una sola volta, rendendo grazie a Dio».
[Arsenio, 19]

Un giorno, un anziano che era venuto dall’abate Achille vide che sputava sangue: «Che c’è, Padre?», domandò. «È», rispose, «una parola di un fratello che mi ha rattristato e che mi sono sforzato di custodire in me senza restituirgliela. Ho pregato Dio di togliere da me questa parola, ed essa è diventata sangue nella mia bocca. Ed ecco, ora l’ho sputata: ho ritrovato la pace e dimenticato il dolore».
[Achille, 4]

Un anziano si era recato un giorno sul monte Sinai. Se ne stava andando, quando sulla strada gli venne incontro un fratello che gli disse piangendo: «La siccità ci causa molti fastidi, Abba: non abbiamo avuto pioggia». «Perché non avete pregato per chiederla a Dio?», gli rispose il vegliardo. «Abbiamo pregato e supplicato il Signore con perseveranza, ma la pioggia non è caduta». «Mi accorgo che non avete pregato con la dovuta applicazione», disse l’anziano. «Vuoi constatarlo? Vieni, alziamoci e preghiamo». Distese allora le mani verso il cielo e pregò; subito cadde la pioggia. Al vederla il fratello, sbigottito, si buttò a terra e si prosternò dinanzi a lui. Il vegliardo fuggì via in fretta.
[N., 280]

Un fratello interrogò un anziano: «È utile fare molte metanìe?». L’anziano rispose: «Noi sappiamo che Dio apparve a Giosuè, figlio di Navè, quando era prosternato con la faccia per terra».
[N., 301]

Vi era in una comunità un fratello che prendeva su di sé tutte le colpe commesse dai fratelli, sino ad accusarsi di fornicazione. Alcuni fratelli, non sapendo ciò che faceva in realtà, cominciarono a mormorare contro di lui: «Quanto male commette costui! E non fa proprio mai niente». L’abate, che conosceva le sue opere, disse ai fratelli: «Preferisco la sola stuoia di questo fratello, con la sua umiltà, a tutte le vostre, con il vostro orgoglio». E affinché il giudizio di Dio mostrasse chi era costui, l’abate si fece portare tutto quello che i fratelli avevano fabbricato, e in più la sua stuoia. Poi accese un fuoco e vi gettò dentro tutto. Il lavoro dei fratelli si consumò, ma la stuoia rimase intatta. A questa vista i fratelli furono presi da timore e tremore; fecero una metanìa al fratello e lo considerarono da allora come un padre.
[N., 328]

Uno dei padri raccontò di un certo abate Paolo, originario del Basso Egitto, ma che abitava la Tebaide: «Prendeva con le mani vipere cornute, aspidi, serpenti e scorpioni e li spezzava in due. Alcuni fratelli videro questo, fecero una metanìa e gli domandarono: “Quali opere hai compiute per ottenere una simile grazia?”. “Perdonatemi, fratelli”, rispose; “se uno possiede la purezza, tutte le creature gli sono sottomesse, come erano sottomesse ad Adamo nel paradiso, prima che disobbedisse all’ordine di Dio”».
[Paolo di Tebe]

Un anacoreta vide un demone che ne spingeva un altro perché andasse a svegliare un monaco. Udì l’altro dire: «Non posso farlo, perché una volta l’ho svegliato ed egli si è alzato e mi ha bruciato con i suoi Salmi e le sue preghiere».
[N., 36]

Si raccontava che a Scete, nel momento in cui i chierici offrivano il Sacrificio, scendeva come un’aquila sull’offerta, che solo i chierici vedevano. Un giorno un fratello chiese qualche cosa al diacono e costui rispose: «Non ne ho il tempo, adesso». I fratelli essendo dunque andati al Santo Sacrificio, l’apparizione dell’aquila non avvenne come di consueto. Il sacerdote disse al diacono: «Che cosa è questo? Perché l’aquila non è venuta come di consueto? Sono io che ho mancato oppure tu? Allontanati da me. Se discende, si saprà che sei tu che le impedivi di venire». Il diacono si allontanò e subito apparve l’aquila. Terminata la Sinassi, il sacerdote disse al diacono: «Dimmi che cosa hai fatto». Lo confessò francamente: «Non ho coscienza d’aver peccato, salvo quando un fratello è venuto a chiedermi qualcosa e gli ho risposto che ero occupato». «È dunque per causa tua che non è venuta, perché hai rattristato un fratello». E il diacono andò a chiedere perdono al fratello.
[N., 68]

Un fratello, irritato contro un altro, stette in preghiera per chiedere d’essere paziente nei confronti di questo fratello e ottenere che la tentazione passasse senza causargli danno. Subito vide un fumo uscire dalla sua bocca e, come ciò si produsse, cessò d’essere irritato.
[N., 372 (Ch., 18)]

Si racconta, a proposito di un monaco che viveva in uno dei monasteri, che sebbene fosse assiduo alle veglie e all’orazione, trascurava nondimeno la preghiera dell’assemblea. Ed ecco che, una notte, vide una splendida colonna di luce folgorante che dal luogo dove i fratelli erano riuniti si elevava sino al cielo. Vide anche una brillante scintilla volare attorno alla colonna: a volte era luminosa, a volte spenta. Ora, siccome era meravigliato da questa visione, Dio gliela spiegò: «La colonna che vedi», disse, «è la preghiera dei fratelli riuniti, che sale verso Dio ed è a lui gradita. La scintilla è la preghiera di quelli che fanno parte del monastero, ma trascurano le funzioni prescritte. Anche tu, se vuoi essere salvato, compi queste prescrizioni con i tuoi fratelli, e poi, se lo vuoi e lo puoi, potrai pregare in privato». Allora egli raccontò tutto questo alla comunità, e tutti glorificarono Dio.
[Bu., I, 135]

Un anziano portò la cocolla dell’abate Longino a un indemoniato. Quando aperse la porta per entrare, il demone si mise a gridare: «Perché porti qui l’abate Longino per bruciarmi?». E subito il demonio uscì, e se ne fuggì dall’uomo, e l’uomo fu guarito.
[Arm., II, 447 (116) B 197]

Uno dei padri raccontava questo: «Tre cose sono preziose per i monaci e dobbiamo avvicinarle con timore, tremore e gioia spirituale: esse sono la partecipazione ai Divini Misteri, la mensa comune e la lavanda dei piedi». Egli dava questo esempio: «Un giorno, un grande anziano che aveva delle visioni, prese il suo posto fra molti fratelli; e mentre mangiavano, l’anziano che era seduto a tavola vide in un’estasi alcuni fratelli nutrirsi di miele, altri di pane e altri di immondizie. Si meravigliò interiormente e si mise a pregare Dio: “Signore”, disse, “rivelami questo enigma: viene portato in tavola lo stesso nutrimento per tutti, ma durante il pasto pare che si trasformi: alcuni hanno miele, altri pane, altri ancora immondizie”. Una voce scese dall’alto e gli rispose: “Quelli che mangiano miele, sono quelli che a tavola mangiano con rispetto, timore e gioia spirituale; pregano senza intermissione e le loro preghiere salgono sino a Dio come incenso. Ecco perché mangiano miele. Quelli che mangiano pane sono quelli che ricevono i doni di Dio rendendogli grazie. Quelli che mangiano immondizie sono i mormoratori, che dicono: Questo è buono, ma questo è cattivo”. Non si devono avere tali pensieri, ma piuttosto glorificare Dio e offrirgli le nostre lodi al fine di compiere la Scrittura: “Sia che mangiate, sia che beviate, sia che facciate altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio”».82 Un posseduto venne un giorno a Scete e si fece per lui una preghiera in chiesa. Il demonio non lo lasciava, perché era ostinato. I chierici del luogo si dissero: «Che fare, contro questo demonio? Nessuno lo può cacciare, salvo l’abate Bessarione, ma se gliene parliamo, non vorrà venire in chiesa. Ecco che cosa possiamo fare: Bessarione viene in chiesa la mattina prima di tutti; facciamo sedere qui il posseduto e, quando l’anziano entrerà, alziamoci per pregare e diciamogli: “Padre, sveglia questo fratello”». E così fu fatto. La mattina, dopo l’arrivo dell’anziano, i chierici si misero in piedi per la preghiera e dissero a Bessarione: «Padre, sveglialo». Bessarione disse al posseduto: «Alzati e vattene!». Il demonio uscì subito dall’uomo, che fu guarito all’istante.
[Bessarione, 5]

Un giorno l’abate Pambo viaggiava con altri fratelli in Egitto, quando scorse della gente seduta. Disse loro: «Alzatevi, salutate i monaci e venite ad abbracciarli per esserne benedetti: perché essi parlano spesso con Dio e le loro labbra sono consacrate».
[Pambo, 7]

Un anziano diceva: «I nostri padri avevano l’abitudine di recarsi alle celle dei novizi che tentavano l’anacoresi. Qualcuno tra loro poteva essere attaccato dai demoni e ricevere qualche ferita dai suoi cattivi pensieri. Se trovavano che un fratello era stato colpito, lo conducevano alla chiesa. Là un bacile pieno d’acqua era posato nel mezzo: si faceva una preghiera per il fratello tentato e tutti i padri si lavavano le mani in quel bacile. Poi si aspergeva con quell’acqua il fratello, che subito se ne trovava purificato».
[N., 351 *]

I padri riportavano dell’abate Marcellino di Tebaide che… quando assisteva alla Sinassi il suo petto era inondato di lacrime. Diceva, infatti: «Durante lo svolgersi del Sacrificio vedo la chiesa come tutta in fuoco, e quando esso è consumato, allora il fuoco si ritrae».
*

Si raccontava di un certo vescovo che era andato, una santa domenica, in campagna e aveva detto ai suoi diaconi: «Cercate il sacerdote del villaggio affinché celebri per noi la santa anafora dei Divini Misteri». Cercarono e trovarono il sacerdote, un uomo del tutto rozzo e, per così dire, senza maniere. Il vescovo l’invitò a offrire il Sacrificio. Mentre il prete si tratteneva alla mensa divina, il vescovo lo vide tutto di fuoco là dentro, senza che si bruciasse. Quando l’anafora fu terminata, il vescovo condusse il sacerdote in quello che si dice il diaconicum e gli disse: «Benedicimi, degno servo di Dio». Ma il sacerdote gli disse: «Come è possibile che un vescovo sia benedetto da un sacerdote che riceve da lui l’ordinazione? Benedicimi tu, Padre». Il vescovo disse: «Non posso benedire qualcuno che sta ritto tutto in fuoco quando offre i Santi Doni a Dio, poiché in ogni caso il minore è benedetto dal più eccellente». E il sacerdote disse: «Io celebro secondo il rito del paese, ma esiste veramente un vescovo o un sacerdote che partecipi ai Santi Misteri senza entrare nel fuoco divino?». E il vescovo, udendo ciò, ammirò molto l’innocenza di quest’uomo e la sua semplicità di vita.
[N, 639 (P.E., IV, 29, 3-7)]

Disse l’anziano del Sinai: «È bene levare alte le mani nella preghiera e nella supplicazione a Dio affinché l’anima, allorché uscirà dal corpo, passi senza turbamento tra coloro che, nell’aria, cercano di ostacolarla».
[N., 525 *]

Si racconta dell’abate Sisoe che, se non abbassava in fretta le mani quando si alzava a pregare, il suo spirito era travolto in alto. Quando gli accadeva di pregare insieme con qualche fratello, si affrettava ad abbassare le mani, temendo che il suo spirito non fosse rapito in alto dall’estasi e non vi rimanesse.
[Titoe, 1 *]

Si dice che l’abate Arsenio, il sabato sera, quando cominciava il giorno del Signore, voltava le spalle al sole, stendeva le mani verso il cielo e pregava così fino a che il sole non si levasse dinanzi a lui, rischiarandogli il viso, il mattino della domenica. Allora andava a sedersi.
[Arsenio, 30 *]

Un fratello si recò alla cella dell’abate Arsenio a Scete. Guardò per la finestra e scorse l’anziano che era tutto una fiamma. Il fratello era degno di vedere un simile spettacolo. Bussò; l’anziano uscì e, notando l’aria del fratello, gli domandò: «È da molto tempo che bussi? Hai notato nulla?». «No», rispose. E dopo averlo trattenuto con sé, l’anziano lo congedò.
[Arsenio, 27]

All’inizio di un colloquio, l’abate Ammoe chiese all’abate Arsenio: «Come mi vedi in questo momento?». Arsenio gli rispose: «Abba, sei come un angelo». Più avanti, gli chiese: «E ora come mi vedi?». «Sei come Satana», rispose Arsenio, «perché, seppur buona la tua conversazione, mi è stata come un colpo di spada».
[Ammoe, 2 *]

Un anziano che fu grande tra i veggenti affermava questo: «La forza dell’Altissimo io l’ho vista sospesa sul battezzato; e parimenti l’ho vista posare sull’abito del monaco al momento della vestizione».
[N., 365 *]

L’abate Lot si recò presso l’abate Giuseppe e gli disse: «Abba, mi sono fatto una piccola regola proporzionata alle mie forze: un piccolo digiuno, una piccola orazione, una piccola meditazione, un breve riposo; e mi applico come meglio posso a liberarmi dei miei pensieri. Che altro debbo fare?». Il vecchio si levò ritto, tese le mani verso il cielo, dalle sue dita scaturirono fiamme. Disse: «Se lo vuoi, puoi divenire tutto intero come fuoco».
[Giuseppe, 7 *]

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