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Un fratello che abitava alle Solitudini, per istigazione del diavolo cadeva sovente nella lussuria, ma non cessava di farsi violenza per non abbandonare l’abito, e recitando il suo breve Uffizio pregava Dio con gemiti e diceva: «Signore, ch’io lo voglia o non lo voglia, tu salvami, perché io, che non sono che cenere, amo il peccato; ma tu impediscimelo, o possente Iddio. Infatti, che tu abbia pietà dei giusti non è niente di grande, che tu salvi i puri non è niente di mirabile, poiché sono degni di misericordia. In me, Maestro, fa’ risplendere le tue misericordie e in questo mostra il tuo amore per l’uomo, perché a te è abbandonato il povero». Ecco dunque ciò che diceva ogni giorno, fosse caduto o no. Ora, una volta che era caduto, la notte, nell’abituale colpa, si alzò immediatamente e cominciò l’Uffizio. Ma il demone, stupefatto della sua fiducia e della sua audacia, sicuramente buona di fronte a Dio, gli apparve visibilmente e gli disse: «Mentre tu salmeggi perché non arrossisci in alcun modo di stare di fronte a Dio o di pronunciare il suo nome?». Il fratello gli disse: «Questa cella è una fucina, tu dai un colpo di martello e uno ne ricevi. Persevererò dunque sino alla morte a battagliare contro di te, sino a che arriverò all’ultimo giorno. E te lo giuro nel nome di colui che è venuto a salvare i peccatori chiamandoli a penitenza,41 non mi stancherò di pregare Dio contro di te, sino a che tu non avrai cessato di farmi la guerra, e vedremo chi vincerà, tu o Dio». A queste parole il diavolo gli disse: «Di certo ora non ti farò guerra per non procurarti una corona per la tua resistenza». E il demonio da quel giorno lo lasciò. Ecco come è buona la pazienza, essa non si scoraggia mai, anche se ci accade di cadere sovente nelle lotte, nei peccati, nelle tentazioni. Il fratello pervenne dunque alla compunzione e da allora restava seduto a piangere i suoi peccati. Ora, quando il suo pensiero gli diceva: «Bene, piangi», egli rispondeva al suo pensiero: «Anatema a questo bene, perché quale vantaggio vi è per Dio che l’uomo perda la sua anima e poi si segga a piangerla, o anche che egli la salvi o no?».
[N., 582 (P.E., I, 1, 25)]

Un sacerdote delle Celle aveva visioni. Recandosi un giorno in chiesa per celebrare la Sinassi, vide, presso una delle celle dei fratelli, una moltitudine di demoni vestiti da donna che dicevano parole sconvenienti. Alcuni ingiuriavano i giovani monaci, altri danzavano e prendevano vari atteggiamenti. L’anziano disse, gemendo: «Questo fratello vive certamente nella tiepidezza; ecco perché gli spiriti impuri circondano con il loro disordine la sua cella». Al ritorno dalla Sinassi, entrò dal fratello e gli disse: «Sono oppresso dalla tristezza, fratello; ma ho fiducia che, se tu vorrai pregare per me, Dio libererà il mio cuore da questa afflizione». Il fratello si rifiutò, dicendo: «Abba, non sono degno di pregare per te». Ma l’anziano persistè nella sua domanda: «Non me ne andrò», disse, «prima che tu mi abbia promesso di fare ogni notte una preghiera per me». Il fratello si sottomise dunque alla volontà dell’anziano, che cercava di offrirgli l’occasione di pregare la notte. Si alzò di notte e recitò la preghiera per l’anziano. Dopo aver finito, fu toccato dal dolore e si disse: «Anima infelice, tu preghi per l’anziano e non preghi per te stessa!». Recitò dunque una preghiera per sé e continuò tutta la settimana a dire ogni sera due preghiere, una per l’anziano e l’altra per sé. La domenica l’anziano, recandosi in chiesa, vide ancora i demoni starsene presso la cella del fratello, ma erano tristi e comprese che era la preghiera di lui a metterli in quello stato. Pieno di gioia, andò dal fratello e gli disse: «Fammi la carità di aggiungere per me un’altra preghiera ogni notte». Quando il fratello ebbe recitate le due preghiere per l’anziano e la terza per se stesso, fu ancora pieno di dolore e si disse: «O miserabile, aggiungi ancora un’altra preghiera per te». E così, durante tutta la settimana, recitò quattro preghiere ogni notte. Ripassando di nuovo, l’anziano vide i demoni cupi e silenziosi; rese grazie a Dio e, entrando dal fratello, gli chiese di aggiungere un’altra preghiera per lui. Il fratello ne aggiunse ancora una per proprio conto e faceva così, durante la notte, sei preghiere. Quando l’anziano ritornò, i demoni si irritarono contro di lui: la salvezza del fratello li rendeva furiosi. L’anziano lodò Dio, entrò nella sua cella ed esortò il fratello a non deflettere, ma a pregare senza tregua; poi lo lasciò. I demoni, vedendolo perseverare nella preghiera e nella vigilanza, si allontanarono per grazia di Dio.
[N., 66]

L’abate Macario abitava nel grande deserto. Era il solo anacoreta in quel luogo, ma più in basso vi era un deserto dove abitavano molti fratelli. L’anziano osservò la strada e vide venire Satana sotto le sembianze di un uomo; si dirigeva dalla parte della sua cella. Sembrava portasse una tunica di lino molto usata e molto rada, e da ogni buco pendevano ampolle. Il grande anziano gli disse: «Dove vai?». «Vado a richiamarmi alla memoria dei fratelli». «Perché hai queste ampolle?». «Porto cose dolci ai fratelli». «E ve ne è in ciascuna?». «Sì, se la prima non piace, ne offro un’altra, se la seconda è rifiutata, ne offro una terza, e così di seguito; in ogni caso, una piacerà». Con queste parole si allontanò. E l’anziano restò a osservare la strada sino al suo ritorno. Quando lo vide tornare, Macario gli disse: «Salute!». «Che salute può esserci per me?», rispose Satana. «Perché?». «Sono tutti dei selvaggi, nessuno ha voluto ascoltarmi». «Non hai nessun amico tra di loro?». «Non ne ho che uno, lui solo mi ascolta. Quando mi vede, si volta come una banderuola». L’anziano continuò: «Come si chiama questo fratello?». «Tectisto», rispose Satana; e con queste parole, se ne andò. L’abate Macario si alzò e andò nel deserto più basso. Al vederlo i fratelli colsero palme e gli andarono incontro. Ciascuno aveva preparato la sua cella, non sapendo da chi si sarebbe fermato. L’anziano domandò chi di loro in quel luogo si chiamasse Tectisto, e, quando l’ebbe trovato, entrò nella sua cella. Tectisto lo ricevette gioiosamente. Quando poterono parlare senza testimoni, l’anziano gli disse: «Come stai, fratello mio?». «Bene, grazie alle tue preghiere». «I pensieri non ti molestano?». «Per il momento sto bene», rispose Tectisto, perché si vergognava di parlare. L’anziano disse allora: «Ecco, vivo nell’ascesi in questo luogo da molti anni, tutti mi onorano, e tuttavia, lo spirito d’impurità mi assale malgrado la mia vecchiezza». Tectisto rispose: «Padre, credimi, non è diverso per me». Allora l’anziano finse d’essere tormentato da altri pensieri, così che l’altro potesse tutto confessargli. Poi gli disse: «Sino a quando digiuni?». «Sino a nona». «Digiuna sino a sera, impara i Vangeli a memoria, medita dal fondo dell’anima le altre Scritture, e se un pensiero colpevole ti viene alla mente, non guardare mai in basso, ma verso il cielo: subito il Signore verrà in tuo aiuto». Dopo aver portato questo fratello sulla buona strada, Macario ritornò nella sua solitudine. Si rimise a osservare la strada, vide di nuovo il demone e gli disse: «Dove vai, ancora?». «A richiamarmi alla memoria dei fratelli», e continuò la sua strada. Al suo ritorno, l’anziano gli chiese: «Come stanno i fratelli di laggiù?». «Male», rispose il demonio. «Perché?». «Sono tutti dei selvaggi, e il peggio è che il mio solo amico mi ha fatto voltafaccia e, non so come, non mi ascolta più, è diventato il più selvaggio di tutti. Così ho giurato di non mettere più piede in quel luogo per un bel pezzo». Poi se ne andò, lasciando l’anziano. Il santo vegliardo rientrò nella sua cella, adorando e ringraziando Dio, Nostro Salvatore.
[Macario, 3]

Un anziano diceva: «Tre poteri di Satana precedono tutti i peccati: il primo è l’oblio, il secondo la negligenza, il terzo la cupidigia. Difatti, dall’oblio nasce la negligenza, dalla negligenza la cupidigia, e questa fa cadere l’uomo. Ma se l’anima è abbastanza attenta da scacciare l’oblio, non giungerà alla negligenza, se non è negligente non sentirà la cupidigia, e se non ha la cupidigia mai peccherà, con l’aiuto della grazia di Cristo».
[N., 273]

Un fratello praticava l’hesychìa nella sua cella, e i demoni vollero sedurlo: si presentarono a lui sotto le sembianze d’angeli per invitarlo ad andare alla Sinassi; e gli fecero vedere una luce. Ma il fratello andò da un anziano: «Padre», gli disse, «gli angeli sono venuti a trovarmi con una luce, e volevano convincermi ad andare alla Sinassi». «Non ascoltarli, figlio mio», disse il vegliardo; «sono demoni, e quando verranno a provocarti, di’ loro: “Mi levo quando ne ho voglia e non vi ascolterò”». Il fratello, ricevuto l’ordine dall’anziano, ritornò nella sua cella. La notte seguente i demoni tornarono e lo provocarono come di consueto. Ma egli si comportò come gli era stato detto. Rispose loro: «Mi levo quando ne ho voglia e non vi ascolterò». E loro: «È quel malvagio vegliardo, quel bugiardo che ti ha sedotto; un fratello è venuto a trovarlo per chiedergli in prestito del danaro e lui ha mentito; gli ha detto di non averne e non gli ha dato niente. Vedi bene che è un bugiardo». Alle prime luci del giorno, il fratello si levò, andò dal vegliardo e gli raccontò l’accaduto. «È esatto», gli rispose l’anziano, «avevo del danaro, un fratello è venuto a trovarmi per chiedermelo in prestito e non gli ho dato niente. Sapevo che avrei fatto danno alla sua anima, se l’avessi contentato. Ho preferito fare uno strappo a uno dei comandamenti piuttosto che trasgredirli tutti e dieci: avremmo potuto avere dei fastidi per causa sua, se avesse ricevuto da me un poco di danaro.

Quanto a te, non ascoltare i demoni che vogliono sedurti». Il fratello si sentì molto confortato dalle parole dell’anziano e ritornò nella sua cella.
[N., 224]

Un grande anacoreta, che domandò: «Satana, perché mi combatti così?», udì Satana rispondergli: «Sei tu che fortemente mi combatti».
[N., 35]

Un fratello interrogò l’abate Isidoro, il sacerdote di Scete: «Perché i demoni ti temono tanto?». L’anziano rispose: «Da quando mi sono fatto monaco, mi sono sforzato d’impedire che la collera mi salisse alla testa».
[Isidoro, 2]

Si celebrava un giorno l’Oblazione sulla montagna dell’abate Antonio. Dopo, fu servito un poco di vino. Uno degli anziani ne prese una piccola coppa e la portò all’abate Sisoe. Questi la bevve, ne ricevette una seconda e vuotò anche quella. Ma alla terza: «Ferma, fratello», disse, «non sai che Satana esiste?».
[Sisoe, 8 *]

Un fratello, che il demone dell’impurità tormentava, andò a visitare un grande anziano e lo supplicò dicendogli: «Abba, abbi la carità di pregare per me, poiché sono tormentato dall’impurità». L’anziano pregò il Signore, ma il fratello ritornò ancora e ripetè la stessa richiesta. L’anziano non aveva dimenticato di pregare Dio per lui. «Signore», supplicava, «mostrami la causa di questa diabolica azione su questo fratello, perché io ti ho già pregato ed egli non ha ancora ritrovata la pace». Il Signore allora gli mostrò ciò che accadeva: l’anziano vide il fratello seduto presso il demone dell’impurità, che sembrava giocare con lui. L’angelo inviato in suo aiuto era là, e si irritava perché il fratello non si prosternava dinanzi a Dio ma quasi si compiaceva nei suoi pensieri, immergendovisi tutto. L’anziano capì che la colpa era soprattutto del fratello: «Tu accogli i tuoi pensieri». E gli insegnò come resistere a questa sorta di pensieri. Il fratello, calmato dalla preghiera e dall’insegnamento dell’anziano, ritrovò il riposo.
[N., 169]

L’abate Matoe disse: «Satana ignora quale passione sedurrà l’anima; semina la zizzania, senza sapere ciò che darà il raccolto. Sparge a volta a volta sementi d’impurità, di maldicenza e di ogni altra passione, poi contagia l’anima di quella passione alla quale è più propensa. Se conoscesse l’inclinazione delle anime non vi getterebbe varie e diverse sementi».42
[Matoe, 4]

L’abate Pastor diceva: «Sta scritto: “Come il cervo sospira le fonti, così la mia anima sospira te, Dio mio”. Nella solitudine, i cervi mangiano serpenti e poiché il veleno li brucia, hanno fretta d’arrivare alla fonte; l’acqua placa il bruciore del veleno. È lo stesso per i monaci che abitano il deserto. Il veleno degli angeli malvagi li brucia: per questo sospirano il sabato e la domenica, per accostarsi alle fonti, che sono il Corpo e il Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo, ed esser purificati da ogni amarezza degli angeli malvagi».
[Poemen, 30]

[Sincletica] ha detto: «Bisogna essere armati da tutte le parti contro i demoni, perché essi attaccano da fuori e si agitano dentro di noi. E di ciò la nostra anima si risente, come una nave ora spinta all’esterno dalla massa dei flutti, ora trascinata dall’interno verso il fondo dal peso dell’acqua che s’infiltra nella stiva. Così noi siamo a volte perduti dall’esterno, dalle nostre azioni malvagie, a volte rovinati dall’interno, dai nostri stessi pensieri. Sorvegliamo dunque non soltanto l’attacco esterno degli spiriti immondi, ma scacciamo anche dall’interno i pensieri malvagi».
[S., 35]

L’abate Daniele raccontava questa storia: «A Babilonia, la figlia di un uomo di alto rango era posseduta dal demonio. Suo padre aveva molta stima per un monaco. Questo monaco gli disse: “Nessuno potrà guarire tua figlia, salvo gli anacoreti che conosco. Ma se vai a chiederlo a loro, non accetteranno per umiltà. Facciamo dunque così: Quando verranno a vendere gli oggetti che hanno fabbricato, di’ loro che li vuoi acquistare e quando entreranno in casa tua per essere pagati, noi gli domanderemo di pregare e credo che tua figlia sarà salva”. Usciti sulla piazza, trovarono soltanto il discepolo di quegli anziani, che vendeva delle ceste. Lo fecero entrare in casa con loro, come per pagargli il prezzo delle ceste, ma quando entrò sopraggiunse la giovane posseduta che gli diede uno schiaffo. Il monaco si girò e le presentò l’altra guancia, secondo il precetto del Signore. Allora il demone, alla tortura, si mise a urlare: “Mi si è fatta violenza, sono i comandamenti di Cristo che mi scacciano da qui”. E la ragazza fu subito liberata. Quando gli anacoreti arrivarono, si raccontò loro l’accaduto. Essi resero gloria a Dio e dissero: “L’orgoglio del demonio è abitualmente rovesciato dall’umiltà dei comandamenti di Gesù Cristo”».
[Daniele, 3]

Un giorno Abraham, il discepolo dell’abate Sisoe, fu tentato dal demonio. L’anziano, vedendolo caduto, si alzò e tese le mani verso Dio: «Dio mio», disse, «che tu lo voglia o no, io non ti lascerò prima che tu l’abbia guarito». E il fratello guarì.
[Sisoe, 12]

Un anziano saliva da Scete a Terenuth e si riposò un poco. Alcune persone, che si erano rese conto della severità del suo digiuno, gli portarono un poco di vino. Altri che avevano saputo del suo arrivo gli condussero un posseduto. Ma questi si mise a maledire l’anziano: «Da questo bevitore di vino mi portate!». L’anziano, per umiltà, si rifiutò di scacciare il demonio; tuttavia, volendo fargli offesa, disse: «Per Cristo, io credo che tu sarai uscito da quest’uomo prima ch’io sia arrivato al fondo del bicchiere!». Quando l’anziano cominciò a bere il demonio urlò: «Tu mi bruci!». E l’anziano non aveva ancora finito il bicchiere che il demonio uscì dall’uomo, per la grazia di Cristo.43
[Xanthias, 2]

Uno dei padri diceva questo: «Un monaco amico del lavoro si sorvegliava, ma commise una piccola negligenza. Tuttavia, si biasimò e disse: “Anima mia, sino a quando trascurerai la tua salvezza? Non temi tu il giudizio di Dio, d’essere sorpresa in questa trascuratezza e d’essere consegnata ai patimenti eterni?”. Dicendosi questo, si spronava all’opera di Dio. Una volta, dunque, mentre faceva la Sinassi, i demoni vennero a disturbarlo. Disse loro: “Sino a quando mi tormenterete? La mia trascuratezza del tempo passato non vi basta?”. I demoni dissero: “Quando tu ti trascuravi, anche noi ti trascuravamo; ma da quando ti sei risvegliato contro di noi, ci siamo risvegliati contro di te”. Udendo questo, egli si infiammava a compiere l’opera di Dio e fece progressi per grazia di Cristo».
[N., 401 (P.E., I, 29, 1)]

Mentre uno dei padri era seduto nella sua cella, venne un demone, entrò nel letto dell’anziano e recitò a memoria il libro dei Numeri. E il demone scoraggiandosi assunse la forma di un povero e si recò dall’anziano zoppicando, con un bastone e un cesto. E l’anziano gli disse: «Sai recitare a memoria?». «Sì», disse, «l’Antico Testamento». «Non sai il Nuovo?», disse l’anziano. Ma quando il demone udì «il Nuovo» disparve.
[N., 632]

Un fratello domandò all’abate Achille: «In che modo i demoni possono qualcosa contro di noi?». Gli rispose: «Grazie alla nostra volontà». Soggiunse: «I cedri del Libano dissero un giorno: “Noi che siamo così alti e forti, un pezzetto di ferro ci abbatte! Ma se non gli diamo nulla di nostro, neppur quello potrà abbatterci. Poiché è per mezzo del legno che gli uomini fabbricarono le asce con le quali abbatterono gli alberi. Gli alberi sono le anime, il ferro dell’ascia è il demonio e il manico è la nostra volontà. È questa che ci fa cadere”».
[Pa., 25, 4 *]

Un anziano disse: «Se sei orgoglioso, sei il diavolo. Se sei triste, sei suo figlio. E se ti preoccupi di mille cose, sei il suo servitore senza riposo».
[Eth. Coll., 14, 51 *]

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