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Fuge, Tace, Quiesce

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L’abate Pastor diceva: «Quali che siano le tue pene, la vittoria su di esse sta nel silenzio».12
(Poemen, 37)

Un giorno che i fratelli si erano riuniti a Scete, alcuni anziani vollero mettere alla prova l’abate Mosè: si fecero sprezzanti e gli dissero: «Perché questa specie di etiope13 viene tra noi?». L’abate tacque udendo queste parole. Di ritorno dall’assemblea, quelli che lo avevano ingiuriosamente trattato gli dissero: «Non sei turbato?». Egli rispose: «Sono turbato, ma non dico niente».
(Mosè, 3)

Un fratello disse all’abate Pastor: «Se vedo qualche cosa, a tuo parere, posso parlarne?». L’anziano rispose: «Sta scritto: “Chi risponde prima d’aver ascoltato, fa una sciocchezza, per sua confusione”. Parla dunque se ti si interroga; altrimenti, taci».
(Poemen, 45)

Un anziano disse: «La xenìteia abbracciata per Dio è buona se è accompagnata dal silenzio, poiché con la libertà di parola non vi è più xenìteia».
(Pa., 32, 5)

Alcuni fratelli di Scete vollero vedere l’abate Antonio. Salirono su una barca, e lì trovarono un anziano che anche lui voleva andare da Antonio, ma i fratelli non ne sapevano niente. Seduti sulla barca, conversavano sui detti dei padri, sulle Scritture e sui loro lavori manuali. L’anziano invece stava in silenzio. Giunti al porto, si accorsero che anche l’anziano andava dall’abate. Arrivati da Antonio, questi disse: «Avete trovato un buon compagno di strada in questo anziano!». E al vecchio: «E tu ti sei trovato con dei buoni fratelli, Padre!». L’anziano rispose: «Sì, d’accordo, ma la loro casa non ha porte: entra chi vuole nella stalla e slega l’asino!». Parlava così perché i fratelli dicevano tutto quello che passava loro per la testa.
(Antonio, 18)

Quando l’abate Arsenio14 abitava a Canope, una vergine di famiglia senatoriale molto ricca e timorata di Dio venne da Roma per vederlo. Accolta dall’arcivescovo Teofilo, ella gli domandò d’insistere con l’anziano, perché la ricevesse. L’arcivescovo si recò da quest’ultimo e gli disse: «Una dama di famiglia senatoriale viene da Roma e desidera vederti». Ma l’anziano non la volle vedere. Quando seppe la risposta, la dama fece sellare la sua cavalcatura e disse: «Ho fiducia che Dio mi permetterà di vederlo, perché non sono venuta a vedere un uomo: ce ne sono molti nella nostra città. Sono venuta a vedere un profeta». Quando ella arrivò presso la cella dell’anziano, per una divina disposizione egli si trovava sulla soglia. Vedendolo, la donna si gettò ai suoi piedi. Indignato, egli la rialzò e le disse fissandola: «Ebbene! se vuoi vedere il mio volto, guardalo!». Ma ella, confusa, non lo guardò. Il vegliardo aggiunse: «Non hai inteso parlare delle mie opere? Quelle bisogna guardare! Perché hai osato fare una simile traversata? Non sai di essere una donna e che non devi affatto uscire? Ritornerai a Roma adesso, per raccontare che hai visto Arsenio e per fare del mare una via che porterà altre donne?». «Se è volontà di Dio che io ritorni a Roma», ella rispose, «non permetterò a nessuna donna di venir qui. Prega per me e ricordati sempre di me». Ed egli rispose: «Prego Dio di cancellare il tuo ricordo dal mio cuore». A queste parole ella si ritirò turbata. E rientrata a Roma si ammalò di dolore. L’arcivescovo, avvertito, andò a consolarla e s’informò del suo male. «Ah», ella gli disse, «se soltanto non fossi stata là! Ho detto al vegliardo: “Ricordati di me”, ed egli mi ha risposto: “Io prego Dio di cancellare il tuo ricordo dal mio cuore!”. Ne muoio di dolore». «Non sai di essere una donna», gli rispose l’arcivescovo, «e che il nemico combatte i santi per mezzo della donna? Per questo il vegliardo ti ha parlato così. Ma pregherà di continuo per la tua anima». Così guarì il suo cuore, ed ella se ne ritornò a casa con gioia.
(Arsenio, 28)

L’abate Arsenio, quando era ancora a Palazzo, così pregò: «Signore, conducimi verso la salvezza». Udì allora una voce che gli disse: «Arsenio, fuggi gli uomini e sarai salvo». Dopo che fu entrato nella vita monastica,
pregò ancora nello stesso modo, e intese la voce dire: «Arsenio, fuggi, taci e pratica l’hesychìa. Sono queste le radici del non peccare».15
(Arsenio, 1-2)

L’arcivescovo Teofilo, di beata memoria, venne un giorno con un magistrato dall’abate Arsenio. L’arcivescovo lo interrogò per ascoltare la sua parola. L’anziano stette un momento in silenzio, poi disse: «Se vi dico una parola, voi la osserverete?». Lo promisero. L’anziano disse allora: «Se voi sentite dire: là sta Arsenio, non andatevi!».
(Arsenio, 7)

L’abate Arsenio arrivò un giorno presso un canneto agitato dal vento. L’anziano disse ai fratelli: «Che cosa è che si muove così?». «Sono le canne», risposero. «In verità, se qualcuno si mantiene nell’hesychìa e ascolta il grido di un uccello, il suo cuore non possiede più l’hesychìa. Più ancora voi, che siete agitati come queste canne».
(Arsenio, 25)

Un anziano ha detto: «Bisogna fuggire tutti gli artefici d’iniquità senza eccezione, siano amici o parenti, posseggano dignità di sacerdoti o di principi; perché evitare la loro compagnia ci procurerà l’intimità e l’amicizia di Dio».
(P.E., I, 23, 2)

«A che cosa mi serve piacere agli uomini, se irrito il Signore mio Dio? Testimone il divino Apostolo che disse: “Se piacessi ancora a degli uomini, non sarei il servo di Cristo”.16 Preghiamo dunque dinanzi al Signore, dicendo: “Gesù, nostro Dio, guardaci dalle loro lodi e dalle loro critiche”. E non facciamo niente per piacer loro, perché le loro lodi non possono farci entrare nel Regno dei Cieli, né le loro critiche hanno il potere di impedirci d’entrare nella vita eterna, seppure non hanno proprio quello di farci entrare in essa. Sappiate dunque, o prediletti, che noi dovremo rendere conto di ogni parola inutile; fuggiamo dunque, come si fugge davanti a un serpente».
(P.E, III, 44, 1-6)

Disse un anziano: «È la stessa cosa, per un monaco, voler entrare in lite con un avversario o con il diavolo».
(M., 85)

Disse un anziano: «Senza la sorveglianza delle labbra è impossibile all’uomo progredire anche in una sola virtù; poiché la prima delle virtù è la sorveglianza delle labbra».
(M., 96)

Un anziano diceva: «Il silenzio è pieno di ogni vita, ma la morte è nascosta nei copiosi discorsi».
(Bu., II, 459)

L’abate Isaia disse: «Ama tacere piuttosto che parlare, poiché il silenzio tesaurizza, ma il parlare disperde».
(Arm, I, 583 (66) B 52)

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