Home

Dell’umiltà

Salva in Preferiti / Segnalibro
ClosePlease loginn

Non ancora registrato? Fallo ora!

Un fratello interrogò un anziano: «Che devo fare, poiché la vanagloria mi attanaglia?». L’anziano gli rispose: «Hai ragione, perché sei tu che hai fatto il cielo e la terra».17 Il fratello, toccato dalla compunzione, disse: «Perdonami, non ho fatto nulla».
[N. 483 (P.E., III, 29, 24)]

Un fratello domandò all’abate Poemen se era meglio vivere in disparte o con il prossimo. Il vecchio rispose: «Colui che biasima sempre e solo se stesso può vivere in qualsiasi luogo. Ma se glorifica se stesso, allora non reggerà in nessun luogo».
(Pa., 12, 1 *)

Un anziano disse: «Non colui che denigra se stesso è umile, ma colui che riceve con gioia le ingiurie, gli affronti e le critiche del prossimo».
(N., 505 (P.E., II, 2, 19) *)

L’abate Pastor disse: «L’uomo deve respirare incessantemente l’umiltà e il timor di Dio, come il soffio che inala ed espelle attraverso le narici».18
L’arcivescovo Teofilo si recò un giorno al Monte di Nitria e l’abate del Monte gli venne incontro. «Abba», gli chiese l’arcivescovo, «che hai trovato di più vantaggioso in questa via?». L’anziano rispose: «Accusarmi e riprendermi senza tregua». «Non vi è, in effetti, altra via», replicò l’arcivescovo.
(Teofilo, 1 *)

L’abate Antonio disse all’abate Pastor: «La grande opera dell’uomo è di gettare la colpa su se stesso dinanzi a Dio e attendersi la tentazione sino all’ultimo soffio della sua vita».
(Antonio, 4 *)

Un fratello interrogò l’abate Sisoe: «Vedo, esaminandomi, che il ricordo di Dio non mi lascia mai». L’anziano gli disse: «Non è una gran cosa che la tua anima sia con Dio. Sarebbe grande se tu ti accorgessi che sei inferiore a tutte le creature. Questo pensiero unito al lavoro corporale: ecco ciò che corregge e conduce all’umiltà».
(Sisoe, 13)

Un anziano diceva: «Se noi ci applichiamo all’umiltà, non avremo bisogno del castigo. Molti mali ci vengono causa l’orgoglio. Difatti, se l’angelo di Satana è stato dato all’Apostolo per castigarlo, per paura che egli si sollevi,19 a maggior ragione, a noi che viviamo nell’orgoglio, è Satana stesso che sarà dato, per farci calpestare sino a che ci umiliamo».
(P.E., III, 33, 2)

L’abate Antonio scrutava la profondità dei giudizi di Dio; e domandò: «Signore, perché alcuni muoiono dopo breve vita, mentre altri giungono all’estrema vecchiezza? Perché alcuni mancano di tutto, e altri abbondano di ogni bene? Perché i malvagi sono ricchi, e i buoni schiacciati dalla povertà?». Una voce gli rispose: «Antonio, occupati di te stesso: questi sono i giudizi di Dio e non ti è utile capirli».20
(Antonio, 2)

L’abate Evagrio disse: «Il principio della salvezza è condannare se stessi».
[Evagrio-Nilo, Capita Paraen., I (P.G., 79, 1249c)]

L’abate Mosè disse al fratello Zaccaria: «Dimmi che cosa devo fare». A queste parole, l’altro si gettò ai suoi piedi dicendo: «Padre, proprio tu mi interroghi?». L’anziano riprese: «Credi, Zaccaria, figlio mio, ho visto lo Spirito Santo discendere su di te; per questo sono costretto a interrogarti». Si tolse allora Zaccaria il cappuccio, lo mise sotto i piedi, e calpestandolo disse: «Se non si è così calpestati, non si può essere monaci».
(Zaccaria, 3)

Una volta l’abate Teodoro mangiava con i fratelli. Prendevano le coppe con rispetto e senza nulla dire, neanche il consueto «Perdonatemi». Allora l’abate Teodoro disse: «I monaci hanno perduto il loro titolo di nobiltà (eugenìa): la parola “Perdonatemi”».
(Teodoro di Ferme, 6)

L’abate Olimpo di Scete era schiavo. Scendeva ogni anno ad Alessandria a portare il suo guadagno ai padroni. Questi gli venivano incontro per salutarlo, ma l’anziano metteva dell’acqua in una bacinella e la presentava per lavar loro i piedi. «No, Padre, non darti pena!», gli dicevano i suoi padroni. «So di essere vostro schiavo», rispondeva, «e vi ringrazio di lasciarmi libero di servire Dio. In cambio, vi laverò i piedi, e voi riceverete ciò che ho guadagnato». Gli altri insistevano, e poiché non volevano cedere, Olimpo diceva loro: «Credetemi: se non volete prendere il mio danaro, rimango qui a servirvi». Allora i padroni, pieni di deferenza, gli lasciavano fare quello che voleva; e alla sua partenza lo riaccompagnavano con onore e gli donavano il necessario perché distribuisse in vece loro delle elemosine. Tutto questo lo rese celebre a Scete.
(Mios, 2)

L’abate Pastor ha detto: «Prosternarsi davanti a Dio,21 non darsi alcuna importanza, mandare a spasso la propria volontà: ecco gli attrezzi con i quali l’anima può lavorare».
(Poemen, 36)

L’abate Pastor ha detto: «Non darti importanza ma legati a colui che si comporta bene».
(Poemen, 73)

L’abate Pastor disse: «Un fratello domandò all’abate Alonio che cosa fosse il disprezzo di sé. L’anziano rispose: “Consiste nell’abbassarsi al di sotto degli animali, e sapere che essi non saranno condannati”».22
(Poemen, 41)

L’abate Pastor ha detto: «L’umiltà è la terra che il Signore ha richiesto per compiere il sacrificio».23
(N., 656)

Un anziano disse: «Da qualunque prova tu sia colto, non incriminare se non te solo, dicendo: “M’è accaduto per mia colpa, causa i miei peccati”».
(N., 659 *)

Un giorno alcune persone se ne andarono in Tebaide a visitare un anziano. Portavano con loro un uomo tormentato dal demonio, affinché l’anziano lo guarisse. Dopo essersi fatto a lungo pregare l’anziano disse al demonio: «Esci da questa creatura di Dio!». Il demonio rispose: «Me ne vado, ma voglio farti una domanda: “Dimmi: chi sono i capri e chi gli agnelli?”». L’anziano gli rispose: «I capri, sono io; quanto agli agnelli, lo sa Iddio». A queste parole il demonio urlò: «Mi ritiro a causa della tua umiltà!». E subito se ne andò.
(N., 307)

Un anziano ha detto: «Sei giunto a serbare il silenzio? Non credere, tuttavia, di aver compiuto un atto di virtù. Di’ piuttosto: “Sono indegno di parlare”».
(N., 321)

Un anziano ha detto: «Se il mugnaio non copre gli occhi dell’animale che gira la macina, questi si volterà e mangerà il frutto del suo lavoro. Così, per una disposizione divina, noi abbiamo ricevuto un velo che ci impedisce di vedere il bene che facciamo, di beatificare noi stessi e di perdere così la nostra ricompensa. È anche per questo che di tanto in tanto siamo abbandonati ai pensieri impuri e non vediamo più che questi; ci condanniamo così ai nostri stessi occhi, e questi pensieri sono per noi un velo che copre il poco bene che facciamo. In effetti, quando l’uomo si accusa, non perde la sua ricompensa».
(N, 322)

Un fratello domandò a un anziano: «Indicami una sola cosa da custodire, perché io ne viva!». L’anziano gli disse: «Se puoi essere ingiuriato e sopportarlo, è una gran cosa, che supera tutte le virtù».
(N., 324)

Un anziano ha detto: «La terra sulla quale il Signore ha comandato di lavorare è l’umiltà».24
(N., 656)

Un fratello disse a un anziano: «Se un fratello mi rivolge parole profane, mi permetti tu, Abba, di dirgli di non farlo?». L’anziano gli disse: «No». E il fratello disse: «Perché?». L’anziano disse: «Poiché neppur noi siamo
capaci di osservare questo, e c’è da temere che, dicendo al prossimo di non farlo, siamo trovati noi in procinto di farlo». Il fratello disse: «Che si deve dunque fare?». L’anziano gli disse: «Se sappiamo tacere, l’esempio basta al prossimo».25
(N., 657)

Fu domandato a un anziano: «Che cosa è l’umiltà?». Egli disse: «Che, se tuo fratello pecca contro di te, tu lo perdoni prima che egli ti testimoni il suo pentimento».
(N., 658)

Un fratello era assalito da molto tempo dal demone dell’impurità e malgrado molti sforzi non riusciva a sbarazzarsene. Una volta, mentre era alla Sinassi, si sentì come d’abitudine tormentato dalla passione; decise dunque di trionfare sulla macchinazione del demonio e di chiedere ai fratelli di pregare per lui affinché fosse liberato. E, sprezzando ogni vergogna, si mise nudo davanti a tutti i fratelli e mostrò l’azione di Satana: «Pregate per me, padri e fratelli miei», disse, «perché sono quattordici anni che sono così combattuto»; e subito il combattimento si allontanò da lui, grazie all’umiltà che aveva mostrato.
(P.E., I, 20, 21)

Uno dei padri ha detto: «I padri entravano nell’interiore attraverso l’austerità, e noi, se possiamo, entriamo nel bene attraverso l’umiltà».
(P.E., I, 44, 11)

Un anziano che abitava in Egitto diceva sempre: «Non c’è strada più breve che quella dell’umiltà».
(P.E., III, 38, 44)

L’abate Sisoe ha detto: «Colui che lavora e pensa aver fatto qualche cosa, riceve quaggiù la sua ricompensa».
(Pa., 11, 6)

Disse un anziano: «L’umiltà non è uno dei piatti del festino, ma il condimento che insaporisce tutti i piatti».
(M., 87)

Ho udito riferire di un anziano che diceva: «A chi possiede l’umiltà di spirito, è data una corona sulla propria dimora e un coperchio sulla propria marmitta».
(Eth. Coll., 13, 58)

L’abate Poemen ha detto: «L’anima non è umiliata in niente se tu non le razioni il pane, cioè se tu non la riduci a nutrirsi solamente del necessario».
(P.E., II, 15, 12)

Si raccontava di un anziano che viveva nell’esicasmo nelle parti basse del paese e che aveva al suo servizio un laico cristiano. Accadde che il figlio di costui si ammalò. Il padre supplicò per molto tempo l’anziano d’andare a pregare per suo figlio e l’anziano partì con lui. Correndo avanti, il laico entrò nella sua casa e gridò: «Venite incontro all’anacoreta». Quando l’anziano li vide venire da lontano con le fiaccole, gli venne l’idea di togliersi i vestiti, di tuffarsi nel fiume e di mettersi a lavarli restando nudo. Quando il suo servitore lo vide, pieno di vergogna disse alla gente: «Andatevene, perché l’anziano ha perduto il senno». Poi andò da lui e gli domandò: «Abba, perché hai fatto questo? Tutti dicono: “L’anziano ha il diavolo in corpo”». L’altro rispose: «Ecco precisamente quello che volevo».26
(N., 61)

Un vescovo d’una certa città cadde nella fornicazione per opera del demonio. Un giorno in cui ci si riuniva in chiesa, e nessuno era a conoscenza del suo peccato, egli lo confessò davanti a tutto il popolo e disse: «Ho peccato». Poi depose il suo pallio sull’altare e disse: «Non posso più essere il vostro vescovo». Tutti piansero e gridarono: «Che questo peccato ricada su di noi, ma conserva l’episcopato». Egli rispose: «Voi volete che conservi l’episcopato, fate dunque ciò che vi dico». Fece chiudere le porte della chiesa, poi si distese faccia a terra davanti a una porta laterale e disse: «Colui che passerà senza calpestarmi con i piedi, non parteciperà a Dio». Fecero come lui chiedeva, e quando l’ultimo fu uscito, una voce venne dal cielo e disse: «Per la sua grande umiltà, gli ho rimesso il suo peccato».
(N., 31)

L’abate Giovanni, discepolo dell’abate Giacomo, disse: «Mio fratello Macario mi ha detto, mentre moriva: “Due cose che ho fatto in questo mondo mi tormentano: ho comprato una stuoia per un fratello e ne ho preteso su due piedi il prezzo, e tessendo ho fatto due paia di tovaglioli che ho lasciato inferiori alla misura, perché mancava un po’ di filo”».
(Eth. Coll. 13, 32)

Un fratello interrogò uno dei padri su un pensiero blasfemo: «Abba, la mia anima è oppressa da un pensiero blasfemo, abbi pietà di me e dimmi da dove esso mi viene e ciò che devo fare». L’anziano rispose: «Questo pensiero ci viene perché noi sparliamo, disprezziamo e critichiamo; esso è soprattutto una conseguenza dell’orgoglio, della volontà propria, della negligenza nella preghiera, della collera e del furore, tutte cose che sono, precisamente, i segni dell’orgoglio. Difatti l’orgoglio ci fa entrare nelle passioni che ho enumerato, e da esse nasce il pensiero blasfemo. E se questo pensiero indugia nell’anima, il demone della blasfemia lo consegna al demone dell’impurità. Sovente lo conduce sino allo smarrimento dei sensi, e se l’uomo non li ritrova è perduto».27
(P.E., III, 30, 4-5)

Si domandò ad abba Elia: «Con che cosa saremo salvati in questi tempi?». Egli rispose: «Ci salveremo per il fatto di non aver stima di noi stessi».
(Ch., 271)

Salva in Preferiti / Segnalibro
ClosePlease loginn

Non ancora registrato? Fallo ora!

image_pdfimage_print