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Dell’Orazione

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Non appena ti levi dopo il sonno, subito, in primo luogo, la tua bocca renda gloria a Dio e intoni cantici e salmi poiché la prima preoccupazione alla quale lo spirito si apprende fin dall’aurora, esso continua a macinarla come una mola per tutto il giorno, sia grano, sia zizzania. Perciò sii sempre il primo a gettar grano, prima che il tuo nemico getti zizzania.
(N., 592/43 *)

Accadde un giorno che gli anziani si recassero dall’abate Abraham, il profeta della regione. Lo interrogarono sull’abate Banè, dicendo: «Ci siamo intrattenuti con abba Banè sulla clausura nella quale egli si trova adesso; ci ha detto queste gravi parole: Egli stima tutta l’ascesi e tutte le elemosine che ha fatto nel suo passato come una profanazione». E il santo vegliardo Abraham rispose loro e disse: «Ha parlato rettamente». Gli anziani si rattristarono per via della loro vita che era anch’essa a quel modo.
Ma l’abate Abraham disse loro: «Perché affliggervi? Durante il tempo, in effetti, nel quale abba Banè distribuiva le elemosine, sarà arrivato a nutrire forse un villaggio, una città, una contrada. Ma ora è possibile a Banè levare le sue due mani affinché l’orzo cresca in abbondanza nel mondo intero. Gli è anche possibile, ora, chiedere a Dio di rimettere i peccati di tutta questa generazione». E gli anziani, dopo averlo udito, si rallegrarono che vi fosse un supplice che intercedeva per loro.8
(Ch., 249 *)

Un fratello si recò presso un anziano che abitava al Monte Sinai e gli domandò: «Padre, dimmi come si deve pregare, perché ho molto irritato Iddio». L’anziano gli disse: «Figliuolo, io quando prego parlo così: Signore, accordami di servirti come ho servito Satana e di amarti come ho amato il peccato».
(N., 524 *)

Se sei lento ad alzarti la notte per la liturgia, non dare nutrimento al tuo corpo, perché la Scrittura dice: «Il pigro non mangi neppure». E io ti dico: come nel mondo colui che ruba incorre in una severa condanna, uguale condanna è riservata da Dio a chiunque non si alzi per la sua liturgia, salvo nel caso di malattia o di grande lavoro, benché dal malato come dal lavoratore Dio esiga una liturgia spirituale, perché essa può essere offerta a Dio facendo a meno del corpo.9
(N., 592/18)

L’abate Evagrio diceva: «Se ti vien meno il coraggio, prega. Prega con timore e tremore, con ardore, sobrietà e vigilanza. Così bisogna pregare, soprattutto a motivo dei nostri nemici invisibili che sono malvagi e accurati nel male, perché principalmente su questo punto essi ci porranno ostacoli».
[Rerum Monasticae Rationes, 11 (P.G., 40, 1264b) *]

L’abate Macario, interrogato su come si debba pregare, rispose: «Non è necessario parlare molto nella preghiera, ma stendiamo sovente le mani10 e diciamo: “Signore abbi pietà di noi, come tu vuoi e come tu sai”. Quando la tua anima è in angustie, di’: “Aiutami”. E Dio ci farà misericordia, perché sa quello che a noi conviene».
(Macario, 19)

Gli anziani dicevano: «La preghiera è lo specchio del monaco».
Un fratello andò a visitare uno dei padri della laura di Suca sopra Gerico e gli disse: «Allora, Abba, come stai?». L’anziano rispose: «Male». Il fratello disse: «Perché, Abba?». L’anziano rispose: «Perché sono trent’anni che mi tengo ritto davanti a Dio durante la mia preghiera, e ora maledico me stesso dicendo a Dio: “Non aver pietà di tutti quelli che commettono iniquità”, e “Maledetti quelli che si allontanano dai tuoi comandamenti”. E io che sono un bugiardo dico ogni giorno a Dio: “Danna tutti quelli che mentono”. E io che ho del rancore contro mio fratello, dico a Dio: “Perdonami come anche noi perdoniamo”. Ed io che metto ogni mia preoccupazione nel mangiare, dico: “Ho dimenticato di mangiare il mio pane”. E dormendo sino al mattino, vado salmodiando: “Nel mezzo della notte mi sono svegliato per confessarti”. Non possiedo assolutamente alcuna compunzione e dico: “Ho penato nel mio pianto e le lacrime hanno preso il posto del pane, giorno e notte”. E mentre ho nel cuore pensieri perversi, dico a Dio: “La meditazione del mio cuore è davanti a te sempre”. Ed io che non digiuno assolutamente, dico: “I miei ginocchi si sono indeboliti causa il digiuno”. E pieno d’orgoglio e di godimento della carne mi rendo ridicolo salmodiando: “Guarda la mia umiltà e la mia pena e rimettimi tutti i miei peccati”. E io che non sono ancora pronto dico: “Il mio cuore è pronto, o Dio”. E, in una parola, tutto il mio Uffizio e la mia preghiera tornano a me in rimprovero e in vergogna». Il fratello disse all’anziano: «Penso, Abba, che Davide disse tutto ciò per se stesso». Allora l’anziano disse piangendo: «Che dici, fratello? Di certo, se noi non osserviamo ciò che salmodiamo di fronte a Dio, andiamo in perdizione».
[N., 587 (P.E., IV, 13, 11-15)]

Se fai il tuo lavoro manuale nella cella e viene l’ora della preghiera, non dire: «Finirò i miei ramoscelli e il piccolo cesto e dopo mi alzerò», ma alzati subito e rendi a Dio il debito della preghiera; diversamente prenderai a poco a poco l’abitudine di trascurare la tua preghiera e il tuo Uffizio e la tua anima diventerà deserta di ogni opera spirituale e corporale. Poiché è dall’alba che si mostra la tua volontà.
[N., 592/47 (P.E., II, 10, 4)]

Un anziano diceva: «Non far mai nulla senza pregare e non avrai rimpianti».
(Bu., II, 192 *)

L’abate Epifane diceva: «Conosci te stesso, e non cadrai mai. Procura lavoro alla tua anima, cioè la preghiera continua e l’amore di Dio, prima che un altro non le procuri cattivi pensieri; e prega affinché lo spirito d’errore si allontani da te».
(Bu., II, 439)

Un anziano diceva: «Come una sola bocca non può pronunciare nello stesso momento due parole talché siano riconosciute e capite, così è della preghiera impura che un uomo fa udire davanti a Dio».
(Bu., II, 506)

I fratelli dicono: «Quale è la preghiera pura?». Il vecchio dice: «Quella che è breve in parole e grande in opere. Poiché se le opere non superano la richiesta non sono che parole vuote, semente che non dà frutto. Se non fosse
così, perché ci accadrebbe di chiedere senza ricevere, mentre la grazia sovrabbonda di misericordia? Diverso è, del resto, il modo dei penitenti, diverso il modo degli umili; i penitenti sono mercenari, gli umili, figli».
(Bu., II, 563)

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