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Dell’obbedienza

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Si diceva dell’abate Giovanni, un tempo discepolo dell’abate Paolo, che fosse di una grande obbedienza. Vi era in un certo luogo una tomba dove viveva una ferocissima leonessa. L’anziano, che vedeva del concime di questa leonessa nei dintorni, disse a Giovanni: «Va’, e portami di quel letame». E lui di rimando: «Che fare, Padre, con la leonessa?». L’anziano disse scherzando: «Se avanza verso di te, legala e portamela qui». Il fratello partì dunque verso sera, ed ecco che la leonessa gli si fece incontro. Secondo l’ordine dell’anziano egli si slanciò per catturarla; ma la leonessa prese la fuga, seguita dal monaco che le diceva: «Aspettami, il mio abate mi ha detto di prenderti». Dopo averla presa, la legò. L’anziano lo attendeva da molto tempo e si rodeva d’inquietudine. Sul tardi, ecco arrivare il fratello con la leonessa legata. L’anziano ne fu sbalordito; ma, con il proposito di umiliarlo, lo rimproverò aspramente: «Povero sciocco, mi hai portato uno stupido cane!». Poi slegò subito la bestia e la lasciò tornare alla sua tana.
[Giovanni, discepolo di Paolo]

Si racconta che l’abate Silvano aveva a Scete un discepolo chiamato Marco, di provata obbedienza. Era un calligrafo. L’anziano lo amava per la sua obbedienza; ma gli altri undici suoi discepoli sopportavano male questa preferenza. Alcuni anziani del vicinato vennero a sapere che Silvano amava Marco più degli altri e ne furono contrariati. Un giorno si recarono a visitarlo e lo rimproverarono. L’abate Silvano li prese con sé e, uscendo dalla sua cella, si mise a battere alla porta di ciascuno dei suoi discepoli dicendo: «Vieni, fratello, ho bisogno di te». Ma nessuno lo seguì immediatamente. Arrivato alla cella di Marco, egli bussò, chiamando: «Marco!». Costui, alla voce dell’anziano si presentò all’istante e Silvano lo mandò a fare un lavoro qualsiasi. Poi disse agli anziani: «Padri miei, dove sono dunque gli altri fratelli?». Poi entrò nella cella di Marco ed esaminò il suo quaderno; constatò che aveva cominciato a tracciare la lettera «omega», ma che, alla voce dell’anziano, non aveva neppure girato il calamo per terminare la lettera che stava tracciando. Gli anziani dissero allora: «Veramente, Padre, colui che tu ami noi pure l’amiamo, perché Dio lo ama».
[Marco, 1]

Gli anziani dicevano: «Da chi comincia a convertirsi, Dio non cerca altro che il lavoro dell’obbedienza».
[N., 292]

Un anziano disse: «La vera obbedienza somiglia a una casta sposa che non è attratta a seguire voci straniere; e l’orecchio che si distoglie dalla verità è come una adultera che si distoglie dal proprio marito; e lo spirito che si presta a tutte le dottrine errate è come una prostituta che obbedisce a tutti quelli che la chiamano. Disapproviamo dunque l’uditore dell’errore che è corrotto da voci straniere, che cambia il nome del vero sposo con il nome del successore, perché ha accettato di portare il nome d’uno straniero al posto del nome di Cristo».
[Bu., II, 380]

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