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Dell’atletismo ascetico

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Alcuni interrogarono l’abate Macario l’Egiziano: «Perché il tuo corpo è sempre disseccato, sia che tu mangi, sia che tu digiuni?». L’anziano rispose: «Il legno con il quale si voltano e si rivoltano i rovi nel fuoco è sempre consumato: allo stesso modo, se un uomo ha purificato lo spirito nel timore di Dio, questo gli consuma persino le ossa».
[Macario, 12]

L’abate Sisoe disse: «Dominare la lingua, ecco la vera xenìteia».
[Titoe, 2]

Un anziano ha detto: «Se un uomo mangia una volta al giorno, è un monaco; se mangia due volte al giorno, è un uomo carnale, e se mangia tre volte al giorno, è una bestia».
[Eth. Coll., 14, 1]

Così si racconta di un anziano: Quando i suoi pensieri gli dicevano: «Riposati oggi, domani farai penitenza», egli vi si opponeva, dicendo: «No, oggi farò penitenza e domani sia fatta la volontà di Dio».44
[N. 271]

L’abate Longino disse: «Niente è peggiore di una cattiva abitudine, perché senza tempo e fatica è impossibile togliere un’abitudine. Fatica, certo, molti ne fanno, ma quanto al tempo, pochi l’hanno ottenuto, mentre gli altri sono stati colti presto dalla morte, e Dio solo sa quel che farà di loro nel giorno del giudizio».
[N., 563]

«Sappi, figlio mio, che noi, che ci illudiamo di essere monaci, e lo siamo, nondimeno siamo ben lontani dal modo di vivere dei monaci; dobbiamo lamentarci senza tregua. Anche i grandi abati, gli asceti, gli esiliati volontari, gli eremiti e i perfetti devono piangere e lamentarsi. Perché dunque? Ascolta come un saggio: “Dio ha detto che la menzogna viene da Satana.45 E colui che guarda una donna e la desidera è un perfetto adultero.46 E adirarsi contro il proprio fratello è un omicidio.47 E si dovrà rispondere delle parole inutili”.48 Ma chi è colui, e dove troveremo noi, un uomo lontano da tutte le passioni, che non abbia fatto l’esperienza della menzogna, cui la concupiscenza non abbia mai attraversato lo spirito, che non sia mai andato in collera indebitamente contro il proprio fratello, dalla cui bocca nessuna parola inutile sia mai uscita, così che non abbia bisogno di fare penitenza? E sappi questo: chi non crocifigge se stesso perfettamente, e non si dona all’umiltà e al disprezzo e non si espone a tutte le canzonature, così che tutti lo ingiurino e lo prendano in giro, e sopporti in resa di grazie e umiltà verso Dio; e non ricerchi assolutamente niente d’umano, né gloria, né cibo, né bevanda, né vesti, allora potrà diventare un vero monaco. Ma tu applicati a fare il bene, e non temere la tua debolezza».
[Arm., I, 461 (125) B]

Un anziano disse: «Ho visto come l’abate Isidoro di Scete toccò l’occhio di un cieco, che riacquistò la vista». L’anziano disse anche: «Ho tenuto stretto l’abate Isidoro e gli ho detto: “Non ti lascerò sino a che non mi avrai detto come hai toccato gli occhi di un cieco e come egli ha riacquistato la vista”». Isidoro disse all’anziano: «Poiché non mi lasci, ti dirò che dal giorno che ho messo questo abito monastico, non ho mai lasciato la collera salirmi alla testa».
[Eth. Coll, 14, 38]

Un fratello disse: «Interrogai un anziano a proposito del corpo e l’anziano mi disse: “Tutti gli animali selvaggi, le bestie, gli stessi lupi e ogni cosa, se tu li onori, ti onorano; ma il corpo dell’uomo, se lo tratti bene, ti renderà male per bene”».
[Eth. Coll, 14, 8]

Così si racconta di un anziano: Quando i suoi pensieri gli dicevano: «Riposati oggi, domani farai penitenza», egli vi si opponeva, dicendo: «No, oggi farò penitenza e domani sia fatta la volontà di Dio».49
[N. 271]

Un fratello interrogò l’abate Agatone: «Ho un ordine da eseguire, ma in quel luogo so che dovrò lottare molto. Vorrei andarvi per obbedienza, ma temo di misurarmi in quella guerra». L’anziano gli rispose: «Al tuo posto, Agatone eseguirebbe l’ordine e vincerebbe la guerra».
[Agatone, 13 *]

Un fratello cedette a una tentazione e, per l’avvilimento, abbandonò la regola monastica. Quando volle riprendere la regolare osservanza, la sua prostrazione glielo impedì: “Quando tornerò ad essere quello di prima?”, si chiedeva. Scoraggiato, non faceva nulla per ricominciare a vivere da monaco. Andò allora da un anziano e gli raccontò la sua storia. L’anziano, informato del suo stato, gli diede questo esempio: «Un uomo aveva una proprietà che per sua negligenza divenne incolta e si riempì di cardi e di spine. Volendo poi coltivarla, disse a suo figlio: “Va’ a dissodare quella terra”. Il figlio vi si recò. Ma nel veder la quantità di cardi e spine che vi erano cresciute, si scoraggiò. “Riuscirò mai a pulire e a dissodare tutto questo?”, si domandava. Si sdraiò allora per terra e s’addormentò. Così fece per molti giorni. Il padre venne a vedere il lavoro e, constatando che il figlio non aveva fatto niente, domandò: “Perché non hai fatto niente in tutto questo tempo?”. “Padre”, rispose il giovane, “quando sono venuto a lavorare la vista di questo rigoglio di cardi e di spine mi ha tolto il piacere di cominciare il lavoro. Nella mia desolazione mi sono sdraiato per terra e ho dormito”. “Figlio mio”, rispose il padre, “lavora dunque ogni giorno il pezzo di terreno che occupi dormendo. Progredirai nel lavoro a poco a poco, senza perderti di coraggio”. Il giovane fece come gli era stato detto e in breve tempo la proprietà fu dissodata. Così tu, fratello mio, fa’ un poco per volta e non ti scoraggerai: Dio ti ristabilirà, per sua grazia, nella condizione di prima». Il fratello se ne andò con queste parole. Con grande pazienza perseverò, come l’anziano gli aveva insegnato. Così trovò la pace, per grazia di Cristo.
[N., 208]

Un fratello interrogò l’abate Teodoro: «Mi permetti, Padre, di non prendere pane per qualche giorno?». L’anziano rispose: «Farai una buona azione; e anch’io farò lo stesso». Il fratello aggiunse: «Vado a portare un po’ di piselli al mulino, per farne della farina». L’abate Teodoro continuò: «Se vai al mulino, allora fa’ del pane! Ma c’è bisogno d’andarci?».
[Teodoro di Ferme, 7]

L’abate Cassiano50 ha raccontato che un fratello andò a trovare l’abate Serapione. Costui lo invitò a recitare la preghiera d’uso; il fratello rifiutò: si riteneva un peccatore, indegno persino di portare l’abito monastico. L’anziano volle lavargli i piedi, egli rifiutò risolutamente anche questo, ripetendo la stessa cosa. Allora l’anziano gli diede da mangiare e gli fece per carità questa osservazione: «Figlio mio, se vuoi fare progressi, resta nella tua cella, veglia su te stesso, applicati al lavoro manuale, perché è meglio per te star fermo che uscire». A queste parole, il fratello s’irritò e mutò in viso, tanto da non poterlo nascondere all’anziano. L’abate Serapione gli disse: «Finora tu dicevi: “Sono un peccatore”, e ti dichiaravi indegno di vivere; ma dal momento che, in ispirito di carità, ti ho avvertito, perché irritarti sino a questo punto? Se vuoi diventare veramente umile, impara a sopportare con coraggio ciò che devi subire dagli altri e non parlare per non dir nulla». Udendo questo, il fratello fece una metanìa dinanzi all’anziano; poi se ne andò con gran profitto.
[Serapione, 4]

Un fratello disse all’abate Antonio [il Grande]: «Prega per me». «Né Dio né io avremo pietà di te», rispose, «se tu non ti preoccupi di te stesso e non chiedi nulla a Dio».
[Antonio, 16]

Un anziano aveva passato cinquant’anni senza mangiare pane e senza neppure bere frequentemente acqua; diceva: «Ho vinto l’impurità, l’avarizia e la vanagloria». Venendo a conoscere questi discorsi, l’abate Abraham andò da lui e gli disse: «Hai detto queste parole?». Assentendo l’anziano, l’abate Abraham soggiunse: «Se entri nella tua cella e trovi una donna distesa sulla tua stuoia, puoi non pensare che ella è una donna?». «No», rispose l’altro, «ma lotto contro il mio pensiero per non toccarla». «Tu non hai dunque vinto l’impurità, questa passione vive ancora in te, è soltanto incatenata. D’altra parte, se cammini sulla strada e vedi delle pietre, dei cocci di bottiglia e in mezzo ad essi dell’oro, puoi scambiarlo per pietre?». «No», rispose, «ma resisto al mio pensiero per non raccoglierlo». «Dunque la tua passione vive ancora, ma è incatenata», disse l’abate Abraham, il quale aggiunse: «Se due fratelli, di cui hai inteso dire che l’uno ti ama e parla bene di te e l’altro ti odia e ti calunnia, ti vengono a trovare, li ricevi nello stesso modo?». «No», rispose l’altro, «ma mi faccio violenza per far
del bene sia a colui che mi odia come a colui che mi ama». L’abate Abraham gli disse: «Le passioni restano vive, esse sono soltanto incatenate dai santi».
[Abraham, 1]

Uno dei padri raccontò che vi era alle Celle un anziano vestito di stuoia, che lavorava con molto zelo. Un giorno che si era recato presso l’abate Ammonas, questi, vedendolo rivestito di quella stuoia, gli disse: «Ciò non ti serve a niente». L’anziano gli confidò: «Ho tre pensieri che mi tormentano: il primo mi spinge a ritirarmi in qualche parte del deserto; il secondo a raggiungere paesi stranieri dove nessuno mi conosca; il terzo a rinchiudermi in una cella dove nessuno mi possa vedere e a mangiare solo ogni due giorni». L’abate Ammonas gli rispose: «Nessuna di queste tre cose è conveniente per te; continua piuttosto a vivere nella tua cella, mangia un poco ogni giorno, custodisci sempre nel tuo cuore la parola del pubblicano che si legge nel Vangelo,51 e potrai essere salvo».
[Ammonas, 4]

L’abate Pastor interrogò un giorno l’abate Giuseppe: «Che devo fare all’avvicinarsi delle tentazioni: fermarle, o lasciarle entrare in me?». L’anziano gli rispose: «Lasciale entrare e lotta poi contro di esse». Pastor ritornò a Scete dove abitava. Accadde ora che un monaco della Tebaide venne a Scete; e raccontò ai fratelli come anch’egli avesse interrogato l’abate Giuseppe: «All’avvicinarsi della tentazione», gli aveva domandato, «devo resistere o lasciarla entrare?», e l’abate Giuseppe gli aveva detto: «Non lasciare assolutamente entrare la tentazione, ma scacciala da te senza esitare». Quando Pastor venne a sapere questa risposta data al tebano, ritornò a Panefo a trovare l’abate Giuseppe: «Padre», gli disse, «quando mi apersi con te, tu non mi hai dato la stessa risposta che hai dato al fratello tebano». L’anziano rispose: «Tu sai che ti amo?». «Sì, lo so». «Non mi hai detto di dirti la mia opinione come se fosse per me? Eccola dunque: Se delle tentazioni entrano in te, e tu dai e ricevi colpi nella lotta, sarai allora maggiormente provato. Tuttavia, io ti ho parlato come a me stesso; per altri è pericoloso lasciare avvicinare le passioni: devono respingerle subito».
[Giuseppe, 3]

L’abate Longino venne a consultare l’abate Lucio e gli disse: «Ho tre pensieri: il primo è partire per condurre la vita del pellegrino». «Se non sorvegli la lingua là dove vai», gli rispose l’anziano, «non sarai mai pellegrino; ma se la sorvegli, lo sarai anche qui». L’abate Longino disse ancora: «Ecco il mio secondo pensiero: non rompere il digiuno che ogni due giorni». L’abate Lucio gli rispose: «Il profeta Isaia ha detto: “Curvare la testa sino a terra come un giunco non basterà a rendere il tuo digiuno gradevole a Dio”; custodisci il tuo spirito dai pensieri malvagi».52 «Il mio terzo progetto», continuò l’abate Longino, «è di fuggire lo sguardo degli uomini». «Se non cerchi prima di correggerti vivendo in mezzo a loro», rispose Lucio, «non è abitando solo che potrai correggerti».
[Longino, 1]

Un fratello disse all’abate Pastor: «Non va. Voglio andarmene». «Perché?», domandò l’anziano. «Sono scandalizzato», rispose, «di tutto ciò che sento dire di un fratello». «Che non si tratti solo di calunnie?». «È tutto vero, Padre, il fratello che me lo ha detto è degno di fiducia». «No», rispose l’anziano; «egli non è degno della tua fiducia. Altrimenti non ti avrebbe parlato così. Dio stesso, quando udì le genti di Sodoma, volle scendere prima a constatare ciò che vi accadeva con i suoi occhi». «Ebbene, l’ho visto con i miei occhi». A queste parole, l’anziano guardò per terra, prese un filo di paglia e domandò al fratello che cosa fosse. «Paglia», rispose. «E questo?», disse ancora l’anziano guardando il soffitto. «La trave che sostiene il tetto». L’anziano continuò: «Mettiti in testa che i tuoi peccati sono come questa trave, e quelli del fratello di cui mi parli sono come questo filo di paglia». L’abate Sisoe capì questa risposta ed esclamò con ammirazione: «Come rallegrarmi con te, padre Pastor, preziosa gemma! Le tue parole sono piene di grazia e di luce».
[N., 391]

L’abate Amun venne dall’abate Pastor e gli disse: «Quando vado nella cella del mio vicino o lui viene nella mia per trattare qualche affare, abbiamo tutti e due un gran timore di lasciarci andare a qualche conversazione profana e poco monastica». «Fai bene», gli disse l’anziano, «perché la giovinezza ha bisogno di sorvegliarsi». «E che cosa facevano gli anziani?», domandò Amun. Pastor rispose: «Per quanto concerne gli anziani che avevano progredito e si erano affermati, non veniva loro alle labbra
niente di profano». «E se sono obbligato a intrattenermi con il mio vicino, è meglio parlare delle Sacre Scritture o delle parole e delle sentenze degli anziani? Che ne pensi?». «Se non puoi tacere, è meglio intrattenersi sulle parole degli anziani che non sulle Scritture, perché questo comporta gravi rischi».
[Amun di Nitria, 2]

Dei secolari vennero a visitare un anacoreta che li ricevette gioiosamente. «È il Signore che vi invia per seppellirmi», disse loro, «poiché egli mi chiama a sé. Ma per vostro profitto e di colui che vi ascolterà, vi racconterò la mia vita. Sono vergine di corpo, fratelli miei, ma la mia anima è stata fino ad ora inumanamente tormentata dalla lussuria. Ecco, nel momento stesso in cui vi parlo, vedo gli angeli che attendono per ricevere la mia anima e dall’altra parte Satana che mi sussurra pensieri impuri». A queste parole si distese e morì. I secolari, vestendolo, constatarono che egli era realmente vergine.
[N., 63]

Un fratello diceva: «Ho domandato a un anziano: “Che farò, per la mia negligenza?”. L’anziano mi rispose: “Se non sradichi questa piccola pianta che è la negligenza, diventerà una grande foresta”».
[N., 420]

Un fratello fervente abitava nella sua cella e, ascoltando le virtù dei Santi, si accalorava pensando di praticarle senza grande fatica e lotta. Partì dunque per aprirsene a un grande anziano e l’anziano gli rispose: «Se tu sei deciso, andiamo, sii come un fanciullo che riceve gli insegnamenti da un maestro e li impara a uno a uno. Così anche tu, prendi la risoluzione, quest’anno, di lottare sino a che tu riesca a non riempirti più il ventre. Sforzati poi sino a che tu odii come un nemico la vanagloria. E quando avrai appreso bene queste cose, lotta per sbarazzarti dei beni materiali e confida a Dio la tua preoccupazione. E abbi fiducia, poiché se l’uomo pratica queste tre cose, andrà con gioia al cospetto di Cristo, quando verrà».
[N., 576]

Se il tuo corpo è debole, fai comunque il tuo dovere verso di esso, onde non cada nell’infermità e tu non debba chiedere il tuo cibo ed essere a carico di colui che ti serve.
[N., 592/49 (P.E., II, 18, 10)]

L’abate Atanasio, vescovo di Alessandria, ha detto: «Si dice sovente tra di voi: “Dove è la persecuzione per diventare martiri?”. Sii martire nella coscienza, muori al peccato, mortifica gli organi terrestri e sarai martire d’intenzione. I martiri lottarono contro i re e i magistrati, anche tu hai un avversario, il diavolo, re del peccato, e come magistrati i demoni. Essi avevano davanti a loro la tavola delle vittime e l’altare e, abominazione dell’idolatria, un esecrabile idolo. Tu comprenderai, mettendoti da un punto di vista spirituale, che ancora oggi vi è una tavola, vi sono vittime, un altare e un esecrabile idolo spirituale nell’anima: prima un tavolo di vittime: la ghiottoneria che si lecca i baffi; poi un altare: la cupidigia dei piaceri; un idolo infine; lo spirito di cupidigia. Poiché colui che è schiavo della lussuria e si dedica ai piaceri ha rinnegato Gesù e adora un idolo, poiché vi è in lui la statua di Afrodite, il piacere vergognoso della carne. Allo stesso modo, colui che è vinto dalla collera e dalla passione, e non sopprime la follia di questa passione, ha rinnegato Gesù e ha Ares in se stesso come dio, perché s’è inginocchiato davanti alla collera che è un idolo della follia. Un altro che è amico del danaro e del benessere, che chiude il suo animo al proprio fratello e non fa misericordia al suo prossimo, ha rinnegato Gesù e rende un culto agli idoli, perché porta in se stesso l’idolo di Ermes, e in più rende un culto alla creatura in luogo di renderla al Creatore. Poiché la radice di tutti i vizi è l’avarizia. Così dunque colui che è signore di se stesso e si guarda da queste folli passioni, ha calpestato gli idoli, rinnegato la superstizione; egli è un martire che ha confessato la buona confessione».
[N., 600]

Un anziano ha detto: «L’uomo deve compiere sforzi sino a che non possiede il Cristo. Colui che l’avrà raggiunto una volta, non è più in pericolo. Tuttavia deve ancora sforzarsi perché, al ricordo della fatica causata dallo sforzo, si sorvegli da ogni parte temendo di perdere il frutto di così grande fatica. Ecco perché Dio fece errare i figli d’Israele quarant’anni nel deserto: affinché il ricordo delle difficoltà del viaggio gli impedisse di ritornare indietro».
[Pa., 28, 1]

Un anziano diceva: «Non mangiare finché tu non abbia fame; non coricarti finché tu non abbia sonno e non parlare se non sei interrogato».53
[Bu., I, 312]

Vi era un anziano così austero che non beveva neppure vino. Quando lo vidi, ci sedemmo per mangiare. Vi erano dei datteri ed egli li mangiò; prese anche dell’acqua e bevve. Gli dissi scherzando: «Mi disseccherò dunque causa la tua severità, Abba! Tu hai mangiato datteri e bevuto acqua, perché non berresti vino?». Egli mi rispose: «Se tu prendi un pugno di polvere e la getti su qualcuno, gli farà del male?». Gli dissi: «No». «Se, ancora, prendi un pugno d’acqua e la getti su qualcuno, ne soffrirà?». Io gli dissi: «No». «E se, ancora, getti un pugno di paglia su qualcuno, per caso questo gli farà del male?». Gli dissi: «No». Mi rispose allora: «Ma se tu li mescoli insieme, se li impasti e li fai seccare e poi li getti sul cranio di qualcuno, non gli farai molto male?». Gli risposi: «Sì, Abbai». Mi disse: «I monaci non si astengono da certe cose senza ragione, e non dovete prestare attenzione a quelli che sono nel mondo e dicono: “Perché non mangiare questo e bere quello? È un peccato?”. Questa gente non sa. Noi ci asteniamo dunque da certe cose, non perché queste cose siano cattive in se stesse, ma perché nutrono le passioni, e quando queste sono cresciute ci uccidono».
[Bu., II, 6]

Un anziano disse: «La passione del lavoro manuale è la rovina dell’anima, ma la tranquilla pratica di esso è riposo in Dio».
[Bu., II, 334]

Un fratello interrogò l’abate Teodoro di Ferme: «Come siamo noi ora, padre mio?». L’anziano gli disse: «Noi siamo come una città che ha alle porte un cattivo tiranno e all’interno un re giusto, e tutti gli abitanti della città pregano il re giusto dicendogli: Liberaci da questo cattivo tiranno».54
[Eth. Coll., 13, 15]

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