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Della custodia della mente

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L’abate Sisoe diceva: «Rettifica le inclinazioni del tuo corpo e per il cuore non ti sarà richiesto nulla».28
(Eth. Coll., 13, 91 *)

Si domandò un giorno all’abate Agatone: «Che cosa è meglio: l’ascesi corporale o la custodia della mente?». «Gli uomini», rispose, «sono come gli alberi; il lavoro del corpo ne è il fogliame e la custodia della mente ne è il frutto: ora, tutti gli alberi che non danno frutto, sta scritto, saranno tagliati e gettati nel fuoco.29 In vista dei frutti, dunque, bisogna sorvegliare quello che accade in noi, vale a dire, custodire la nostra mente. Abbiamo anche bisogno dell’ombra e della bellezza del fogliame, che rappresentano l’ascesi corporale». Del resto l’abate Agatone era molto accorto e infaticabile nel lavoro; bastava a se stesso in tutto; assiduo al lavoro manuale, si accontentava di poco cibo e di semplici vesti.
(Agatone, 8, 10)

Un anziano disse: «Credete forse che Satana voglia introdurre in voi tutti i pensieri? No, è per mezzo di un pensiero solo che vince l’anima e spera condurla a perdizione. Egli abbandona in essa quell’unico pensiero, non occorre altro. Attenti dunque a non mostrar compiacenza verso un solo cattivo pensiero».30
(Eth. Coll., 13, 31 *)

Disse un anziano: «Compito del monaco è veder giungere fin da lontano i propri pensieri».
(M., 64 *)

Si racconta che vi era alle Celle un anziano di dura ascesi. Un giorno che recitava l’Uffizio, un sant’uomo venne alla sua cella, e dall’esterno lo udì che si adirava contro i propri pensieri. «Fino a quando», diceva, «per una sola parola continuerò a perdere tutto il resto?». Quello che stava fuori immaginò che l’anziano stesse disputando con qualcun altro: bussò, onde entrare e riportare tra di loro l’accordo. Entrando, però, vide che oltre il vecchio non c’era nessuno. E poiché con lui parlava schietto, gli domandò: «Abba, con chi ti accapigliavi?». «Con i miei pensieri», gli fu risposto. «Ecco, ho mandato a memoria quattordici libri, e fuori di qui non ho udito che una sola, povera parola. E quando mi sono ritrovato a compiere l’opera di Dio, tutto avevo dimenticato: solo quell’unica, povera parola era nella mia mente al momento di adempiere all’Uffizio. Ecco perché mi accapigliavo con i miei pensieri».
(N., 227 *)

Un fratello interrogò uno dei padri: «Ci si macchia se si pensano cose riprovevoli?». Dopo aver esaminato la cosa tra loro, alcuni padri dissero: «Sì, certamente ci si macchia». Altri invece dissero: «No, se ci si macchiasse la salvezza diventerebbe impossibile perché noi siamo deboli; al contrario, è possibile salvarsi dal momento che noi non compiamo, corporalmente, ciò che pensiamo». Il fratello che aveva posto la domanda giudicò che queste risposte discordanti dei padri non gli erano sufficienti. Se ne andò da un anziano di maggiore esperienza e lo consultò su questo punto. L’anziano gli rispose: «Si chiedono compiti a ciascuno secondo la sua misura». Il fratello insistette: «Te ne prego nel nome del Signore, spiegami questa parola». Il vegliardo disse: «Supponiamo che si trovi qui un vaso e che non lo si possa vedere senza desiderarlo. Due fratelli entrano; uno ha ottenuto grandi virtù con l’ascesi della vita, l’altro poche. Se lo spirito del monaco perfetto si turba nel vedere questo vaso e se si dice: “Voglio averlo immediatamente”, ma ricaccia il desiderio, non resta macchiato. Quanto a colui che non è ancora giunto a un alto grado di virtù, se brama questo vaso e ne rimugina a lungo il pensiero perché il desiderio ve lo spinge, ma di fatto non lo ruba, neppure lui si macchia».
(N., 216)

Un fratello disse all’abate Sisoe: «Perché le mie passioni non si allontanano?». «Gli strumenti delle passioni sono in te», gli rispose, «ma se renderai loro i loro pegni, se ne andranno».
(Sisoe, 6)

L’abate Geronte di Petra disse: «Molti di coloro che sono tentati dalle voluttà del corpo non peccano con il corpo, ma commettono impurità nel
pensiero. E pur conservando la verginità del corpo commettono impurità nella loro anima. Dunque, miei diletti, fate come sta scritto: “Ciascuno custodisca il suo cuore con attenta vigilanza”».
(Geronte, 1)

Un fratello domandò all’abate Arsenio: «Che cosa devo fare, Abba? Un pensiero mi angustia: poiché non riesci né a digiunare né a lavorare, visita almeno gli ammalati. Questo merita ricompensa». L’anziano riconobbe in ciò la semente del diavolo: «Su», gli rispose, «mangia, bevi, dormi; soltanto, non uscire dalla tua cella». Sapeva infatti che la fedeltà alla cella rende il monaco tale quale deve essere. Tre giorni dopo, il fratello fu colto dall’accidia. Trovando poi qualche piccola palma, la spezzò, e il giorno dopo si mise a farne una corda. Quando ebbe fame, si disse: «Ecco qualche altra piccola palma: terminiamole e poi mangerò». Fatto questo, si disse ancora: «Voglio leggere un poco, e poi mangio». E, dopo aver letto: «Recitiamo qualche breve salmo, e dopo mangeremo senza scrupoli». E così, con l’aiuto di Dio, progrediva a poco a poco, sino a diventare ciò che doveva essere, e padroneggiando i suoi cattivi pensieri, ne trionfò.
[N., 195 (Arsenio, 11)]

Un fratello, perseguitato dal pensiero di lasciare il monastero, se ne aperse con il suo abate. Questi rispose: «Rimani in cella, da’ il tuo corpo in pegno ai quattro muri della tua cella. Non preoccuparti di quel pensiero. Che il tuo pensiero vada dove vuole, ma che il tuo corpo non esca dalla cella».31
(N., 205 *)

L’abate Ammon interrogò l’abate Pastor sui pensieri impuri e i vani desideri del cuore umano. L’abate rispose: «Un’ascia può vantarsi di far qualcosa senza colui che se ne serve per tagliare?32 Ebbene tu non coltivare questi pensieri ed essi saranno senza effetto su di te».
(Poemen, 15)

Anche l’abate Giuseppe interrogò l’abate Pastor sui pensieri impuri. L’abate Pastor gli rispose: «Se si chiude un serpente o uno scorpione in un vaso e poi lo si tappa, dopo un certo tempo finirà per soffocare. Lo stesso avviene per i cattivi pensieri che il demonio fa germogliare in noi; a poco a poco sono soffocati dalla pazienza di colui che li ha avuti».
(Poemen, 21)

Un fratello visitò l’abate Pastor e gli disse: «Mi vengono molti pensieri e mi mettono in pericolo». L’anziano lo portò allora all’aria aperta e gli disse: «Distendi il tuo abito e chiudici dentro il vento!». Il fratello gli rispose: «Questo non lo posso fare!». «Dunque», rispose l’anziano, «se non puoi far questo, ancor meno potrai impedire il sorgere di quei pensieri; ma ciò che puoi fare è resistere loro».
(Poemen, 28)

Un fratello interrogò un anziano: «Che fare? Una moltitudine di pensieri mi fa guerra e non so come resistere». Disse l’anziano: «Non lottare mai contro tutti, ma contro uno solo. Poiché tutti i pensieri dei monaci hanno una testa sola.33 Bisogna dunque esaminare quale sia realmente quell’unico pensiero e quale la sua natura, poi lottare contro di esso. Allora tutti gli altri pensieri perderanno la loro forza».
(N., 219 *)

Quando l’abate Pastor si preparava a uscire per l’Uffizio, sedeva dapprima in disparte per circa un’ora onde sbrogliare i propri pensieri. Poi usciva.34
(Poemen, 32 *)

«A ogni pensiero che ti sopravviene», dicevano i vecchi, «tu domanda: “Sei dei nostri o vieni dal nemico?”. E non potrà non confessartelo».
*

Un anziano ha detto: «L’oblio è la radice di tutti i mali».
(N., 65)

Un fratello assillato dai cattivi pensieri era molto addolorato e, per grande umiltà, diceva: «Io, con tali pensieri, non sono in grado di ottenere salvezza». Se ne andò dunque presso un grande anziano e gli raccomandò di pregare perché questi pensieri gli fossero tolti. L’anziano gli disse: «Questo non ti è utile, figlio mio». Ma lui insisteva con violenza. E come costui ebbe pregato, Dio tolse la lotta al fratello; e subito egli cadde nella presunzione e nell’orgoglio. E se ne andò a pregare l’anziano che gli ritornassero i pensieri e l’umiltà che aveva.
[N., 584 (P.E., IV, 11, 1-4)]

Se tu sei assillato dai pensieri impuri, non nasconderli, ma raccontali subito al tuo padre spirituale e cosi dominali. Poiché, nella misura in cui si nascondono i propri pensieri, essi si moltiplicano e prendono forza. Allo stesso modo di un serpente che esce dalla sua tana e subito fugge correndo, così i pensieri malvagi una volta palesati dileguano subito. E come un verme in un legno, così i cattivi pensieri corrompono il cuore. Chi palesa i propri pensieri è rapidamente guarito; chi li nasconde fa peccato d’orgoglio. Poiché, se non hai abbastanza fiducia in qualcuno per svelargli le tue lotte, questa è la prova che non hai l’umiltà. Poiché a colui che è umile tutti appaiono come santi e buoni, mentre considera se stesso come l’unico peccatore. D’altronde, se qualcuno invoca Dio con tutto il suo cuore e interroga un uomo sui propri pensieri, l’uomo gli risponde o piuttosto è Dio che per la mediazione dell’uomo risponde come si deve, lui che aprì la bocca dell’asina di Balaam, anche se l’interrogato è indegno e peccatore.
[N., 592/50 (P.E., I, 20, 11)]

Un fratello domandò a un anziano: «Che devo fare, Abba, per combattere i pensieri che vengono dalle passioni?». Egli rispose: «Prega il Signore, affinché gli occhi della tua anima vedano gli aiuti che Dio manda all’uomo per fargli da baluardo e proteggerlo».35
(M., 4)

Un fratello domandò a un anziano: «Che devo fare quando i miei pensieri mi turbano?». Egli rispose: «Di’ loro: “Ciò mi riguarda? Che ho da fare con voi?”. E avrai il riposo. Non contarti per niente, butta la tua volontà dietro te, sii senza alcuna preoccupazione, e i pensieri fuggiranno lontano da te».
(M., 40)

Un fratello interrogò un anziano e gli disse: «Che vuoi che faccia di questi cattivi pensieri che penetrano nel mio cuore?». L’anziano gli rispose: «Vedi il vestito che riponi in una cassapanca e dimentichi là, senza toglierlo né sbatterlo: sarà perduto, non sarà più di alcuna utilità a nessuno. Ma se tu sbatti il vestito e lo porti costantemente, non si rovinerà ma durerà. Così è per i cattivi pensieri, se tu parli loro e te ne compiaci, essi spingeranno sempre più la loro radice nel tuo cuore, cresceranno e non se ne andranno più. Se, al contrario, tu non gli parli e se, anziché compiacertene, li hai in odio, periranno e usciranno dal tuo cuore».
(Eth. Coll., 14, 47)

Un anziano parlò intorno ai pensieri impuri: «È per negligenza che noi li tolleriamo; perché se fossimo convinti che Dio abita in noi, mai vi introdurremmo qualcosa di estraneo: il Signore Cristo, che vive in noi e con noi, è testimone della nostra vita. Per questo noi che lo portiamo e lo contempliamo, non dobbiamo trascurarci ma santificarci, poiché egli stesso è santo. Teniamoci sulla Pietra, e il fiume potrà rovesciare contro di noi le sue onde, si sarà senza timore e non si potrà cadere. Canta l’anima tranquilla: “Quelli che hanno fiducia nel Signore, somigliano al monte Sion: mai sarà scosso colui che abita Gerusalemme”».36
(N., 78-79 73)

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