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Libro IV – Capitolo IV (4) – Molti sono i benefici concessi a coloro che si comunicano devotamente

IMITAZIONE DI CRISTO

Parola del discepolo

Signore Dio mio, “con la dolcezza delle tue benedizioni” (Sal 20,4) vieni in soccorso a me, tuo servo, affinché io possa accostarmi degnamente e devotamente al tuo grande sacramento. Muovi il mio cuore verso di te e scuotimi dal mio grande torpore. “Vieni a me con la tua forza salvatrice” (Sal 105,4), cosicché io possa gustare in ispirito la tua dolcezza, insita tutta in questo sacramento, quasi sua fonte. Apri i miei occhi, cosicché io possa intravvedere un così grande mistero; dammi la forza di credere in esso, con fede sicura.

Tutto ciò è infatti opera delle tue mani, non opera dell’uomo; tua sacra istituzione, non invenzione umana. Quindi non v’è alcuno che possa da sé solo comprendere pienamente queste cose, che superano anche l’intelligenza degli angeli. Ed io, indegno peccatore, polvere e cenere, come potrò mai sondare e comprendere, un così profondo e santo mistero? O Signore, nella semplicità del mio cuore, in pienezza e sicurezza di fede e in adesione al tuo comando, mi accosto a te con sentimenti di speranza e di devozione: credo veramente che tu sia presente qui nel Sacramento, Dio e uomo.

Tu vuoi che io ti accolga in me, in unione d’amore. Perciò domando alla tua clemenza ed imploro il dono di questa grazia speciale, di essere totalmente immedesimato in te, in sovrabbondanza d’amore e di non più ricercare altra consolazione. Giacché questo Sacramento, così alto e prezioso, è salvezza dell’anima e del corpo e rimedio ad ogni infermità dello spirito. Per mezzo di questo Sacramento vengono curati i miei vizi; le passioni sono frenate; le tentazioni sono sconfitte o almeno diminuite; viene aumentata la grazia, rafforzata la virtù cui si è posto mano, rinsaldata la fede, rinvigorita la speranza e l’amore fatto più ardente e più grande.

O mio Dio, “tu che innalzi l’anima mia” (Sal 53,6), e ripari all’umana fragilità con il dono di ogni consolazione interiore, tu hai concesso e ancora spesso concedi nel Sacramento grandi benefici ai tuoi diletti che devotamente si comunicano. Tu infondi in essi grande conforto nelle varie tribolazioni, innalzandoli dal fondo della loro prostrazione alla speranza del tuo aiuto; tu li ricrei interiormente e li fai risplendere con una grazia rinnovata. Così, mentre prima della Comunione si sentivano angosciati e privi d’amore, poi, ristorati dal cibo e dalla bevanda celeste, si trovano trasformati e migliori. E questo tu fai generosamente con i tuoi eletti, affinché essi conoscano in verità, ed esperimentino chiaramente, quanto siano deboli per se stessi e quale bontà e grazia ottengano da te. Giacché, per se stessi, sono freddi, duri e mancanti di devozione; invece, per tuo dono, sono fatti degni di essere fervorosi, alacri e pieni di devozione. Chi mai, essendosi accostato umilmente alla fonte stessa della soavità, non riporta anche solo un poco di dolcezza; chi mai, stando accanto a un grande fuoco, non ne risente un po’ di calore? Ora, tu sei la fonte sempre piena, straboccante; tu sei il fuoco sempre vivo, che mai non si estingue.

Perciò, anche se non posso attingere alla pienezza di questa fonte e bere a sazietà, metterò ugualmente la bocca all’orlo della celeste cannella, per prendere almeno una piccola goccia, a saziare la mia sete, onde non inaridire del tutto. Anche se non posso essere ancora nella pienezza della beatitudine celeste, né posso essere ardente come un cherubino o un serafino, mi sforzerò tuttavia di perseverare nella devozione e di predisporre l’anima mia ad impadronirsi di una, sia pur piccola, fiamma del divino incendio, nutrendosi umilmente al sacramento della salvezza. A quello che mi manca, supplisci tu, con benignità e misericordia, o buon Gesù, salvatore santissimo; tu che ti sei degnato di chiamare tutti a te, dicendo: “venite a me voi tutti che siete affaticati ed oppressi, ed io vi ristorerò (Mt 11,28). In verità io mi affatico, e suda il mio volto; il mio cuore è tormentato da sofferenze interiori; sono oppresso dai peccati, legato e schiacciato da molte passioni perverse. “E non c’è nessuno che possa aiutarmi” (Sal 21,12), non c’è nessuno “che possa liberarmi e soccorrermi” (Sal 7,3), all’infuori di te, “Dio mio salvatore” (Sal 24,5), al quale affido me stesso e ogni mia cosa, perché tu mi custodisca e mi conduca alla vita eterna. Accettami a lode e gloria del tuo nome; tu che hai apprestato il tuo corpo e il tuo sangue quale cibo e bevanda. O “Signore Dio, mia salvezza” (Sal 26,9), fa’ che nella dimestichezza del tuo mistero s’accresca lo slancio della mia devozione.

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